Attualità

Ciacc’dd. Personaggio o uomo?

Vincenzo D'Avanzo
Gli uomini nascono uguali, sono essi poi che assumono una maschera che è quella che noi chiamiamo individuo, quello che farebbe la differenza tra gli uomini. Una volta si diceva che i veri pazzi non erano nel manicomio ma fuori
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Erano avanti negli anni ma non ancora vecchi. Vivevano la loro vita tranquilla: una vita agiata grazie alla pensione di insegnanti, qualche piccolo terreno solo per i bisogni familiari, la salute non faceva pesare gli anni e le mogli comprensive purché si togliessero “dai piedi” durante la mattinata quando le stesse erano impegnate nelle faccende domestiche e le chiacchiere con le amiche.

Dopo aver dedicato un po' di tempo alla lettura, i maestri Giuseppe e Antonio verso le 11 uscivano di casa per un buon caffè: il solito bar in via sant’Andrea, occasione soprattutto per leggere e commentare insieme le notizie della Gazzetta e spigolare qualche notizia di cronaca tra gli avventori. Il bar aveva (ha) un nome altisonante: fu aperto ai tempi della uccisione di Kennedy e il proprietario, evidentemente uomo di grande sensibilità, pensò bene di dedicarlo al grande presidente americano, che, con la nuova frontiera, aveva indicato un sogno a tutta l’umanità.

Mentre stavano entrando nel bar passò il parroco delle Croci e i due lo invitarono a gustare il caffè. Don Riccardo li ringraziò per l’invito ma disse che aveva premura di rientrare in chiesa perché doveva recarsi velocemente alla casa della famiglia di un moribondo. Infatti, quella famiglia, preoccupata per il deteriorarsi della salute del nonno, aveva mandato il nipote a chiamarlo dalla Curia, dove il prete si era recato. Saputo il nome del moribondo, conosciuto nella zona e amico dei due,  gli insegnanti si prestarono ad accompagnare l’amico sacerdote. Camminando a passo veloce uno dei due disse: “così facciamo la prova per quando toccherà a noi”. Allora l’estrema unzione (poi chiamato sacramento degli infermi) era un rito corale al quale il malato partecipava attivamente se era nelle condizioni di farlo e tutte le famiglie ci tenevano a questo Sacramento nella speranza che il moribondo potesse presentarsi preparato al tribunale di Dio. Non a caso  l’altro insegnante rispose che per quelle cose non c’era bisogno della prova mentre il sacerdote annuiva, sottolineando però che quel Sacramento avrebbe avuto maggior valore se preparato da una vita sana e timorata di Dio. Espletata la funzione i due insegnanti tornarono al bar: chiaramente questa volta furono loro a portare la notizia di cronaca e di questo si parlò per tutta la mattinata in quel bar.

Era passato da poco mezzogiorno quando dalla vicina porta di sant’Andrea si sentì un trambusto e un fischio di treno: siccome di lì non c’era la ferrovia unanime fu l’esclamazione di tutti gli avventori: “ne, Ciacc’dd”. E tutti si affacciarono sulla soglia e riconobbero subito l’uomo che volgarmente veniva chiamato Ciacc’dd. Il suo nome vero era Riccardo, il cognome nessuno lo ricorda.

Non era alto ma risultava ugualmente simpatico per quel viso gioviale e pacioso che metteva in evidenza. La gente probabilmente lo considerava “scemo” se non addirittura “allabbunn” tanto che lo canzonava chiedendogli di ripetere all’infinito quel fischio di treno che lui sapeva imitare tanto bene. E lui aderiva alla richiesta con piacere, quasi fosse una sua specialità e riteneva l’apprezzamento del pubblico sincero. Il vostro narratore si è chiesto tante volte, pensando a lui, che ha conosciuto quando era piccolo, se scemo o allabbunn era Ciacc’dd o quanti pensavano di divertirsi alle sue spalle. Probabilmente Ciacc’dd era uomo secondo la sua natura, mentre gli altri erano semplicemente persone.

Ciacc’dd era nato povero e povero era rimasto, ma aveva fatto di questa povertà un punto di forza, lo dimostrava la naturalezza con la quale la esibiva: pantaloni ricoperti di un antico strato di unto, tenuti su con qualche corda se non addirittura un fil di ferro, una camicia sgualcita e sporca. Così si presentava in giro per la città con un carretto sgangherato che a malapena si teneva in piedi: gli serviva per raccogliere cartoni abbandonati o pezzi di ferro vecchio che gli artigiani facevano trovare sulla soglia della loro bottega e lui per segnalare la sua presenza imitava appunto il treno mentre caricava quello scarto. Le persone subito si riunivano attorno a lui e gli chiedevano di rifare quel fischio d la ciculateir, mentre i genitori spiegavano ai piccoli che quello era il fischio del treno. Molti bambini, infatti, non sapevano nemmeno cosa fosse il treno. E lui si sentiva importante. Con quei cartoni e quel poco di ferraglia si procurava da mangiare.

“Ci personagg”, disse un avventore del bar entrando per il caffè. Al che replicò il maestro Giuseppe: “il personaggio non è lui… Forse siamo noi”. L’avventore non capì la battura e non conoscendo l’interlocutore disse, rivolto al barista: “sind a cuss’olt”. L’altro maestro cercò di reagire, ma il primo lo fermò: “costui è un personaggio non quell’uomo dal sorriso facile, dall’anima semplice e dal cuore spontaneo”. Ed entrambi si addentrarono in una dotta discussione sulla distinzione tra persona e uomo. Entrambi alla fine convennero che Ciacc’dd era un uomo in quanto esprimeva senza mistificazioni la sua natura, mentre l’avventore, gonfio di tracotanza, era un banale personaggio che esprimeva un carattere artefatto violentando la sua stessa umanità. Entrambi infatti si ricordarono del comando di Dio agli uomini: date un nome alle cose. E gli antichi etruschi chiamavano phersu (la maschera) gli attori delle loro rappresentazioni teatrali. La maschera è il personaggio che noi interpretiamo non l’uomo che lo interpreta. Se la maschera diventa continuativa e si sovrappone all’uomo abbiamo il personaggio. Dal che si deduce che noi siamo uomini nella intimità ma quando appariamo in pubblico spesso ci mettiamo una maschera di circostanza. Secondo i maestri, quindi, Ciacc’dd era un uomo perché si presentava così come la natura lo aveva fatto, l’avventore era invece un personaggio che aveva dimenticato la sua umanità per mettersi la maschera dell’arrogante, del boss. Chi era felice dei due? Certamente Ciacc’dd che esprimeva se stesso e per questo si sentiva appagato.

Gli uomini nascono uguali, sono essi poi che assumono una maschera che è quella che noi chiamiamo individuo, quello che farebbe la differenza tra gli uomini. Una volta si diceva che i veri pazzi non erano nel manicomio ma fuori. Forse si faceva riferimento proprio a questo.

Il problema è che spesso i personaggi violentano gli uomini. Penso alla economia: anche il concetto di ricco e povero allude a delle maschere. Gli uomini nascono uguali.  Che la presenza delle maschere stravolga la natura umana è avvalorato dal principio base di una economia umana: il superfluo dei ricchi è sufficiente per sfamare i poveri, ma nessuno lo fa, mentre il necessario dei poveri viene utilizzato per il superfluo dei ricchi. 

E così Ciacc’dd oggi ci interpella ancora in questa strana quaresima: vogliamo essere persone o uomini? Egli forse aveva capito molto più di noi, infatti era felice quando emetteva quel fischio: era forse l’unica cosa che sapeva fare bene e lo faceva volentieri per accontentare gli altri. Sta a vedere che aveva studiato san Tommaso: “l’uomo di sua natura è un animale sociale, fatto per esistere con gli altri”. Ciacc’dd dava agli altri tutto quello che aveva: il sorriso e il fischio del treno. Scemo? Alabbunn? No, semplicemente uomo.

domenica 7 Marzo 2021

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Un Andriese
Un Andriese
3 anni fa

Bellissimo racconto,io ciacc’dd l’ho conosciuto quando io ero bambino ,vi posso assicurare che era un grande uomo e come dice il narratore donava quello che aveva”un sorriso” e vi sembra poco.Ciao Riccardo ovunque tu sia.

Giuseppe Merafina
Giuseppe Merafina
3 anni fa

L'ho conosciuto anch'io Ciaccdd, non solo lui, ho conosciuto anche altri Uomini simili, ma gli adulti insegnavano noi ragazzini inconsapevoli a sfotterli in quanto scemi o allabbunn. Grazie Vincenzo per aver riabilitato un “Uomo”a gli occhi di un “personaggio”

Felice Laros
Felice Laros
3 anni fa

Anche io l'ho conosciuto da bambino e vi posso assicurare che il sorriso con cui omaggiava le persone e il suo vivere umile non erano cosa da poco o niente…dovrebbe essere di esempio a tutti noi. Spero che abbia sempre lo stesso sorriso anche dove si trova ora.

sabino cannone
sabino cannone
3 anni fa

L'ho conosciuto anch'io, non solo ma, ci parlavo nelle occasioni che lo incontravo: molto genuino. Spesso durante il ritorno dai mercati comunali delle città limitrofe il mio titolare gli chiedeva se voleva un passaggio per Andria, mentre portava sulle spalle un mucchio di cartoni, ma lui molto dignitosamente rifiutava perchè era il suo modus di vivere. Un'icona che andrebbe rivalutata.

Lorenzo Iacovone
Lorenzo Iacovone
3 anni fa

… vorrei complimentarmi con l'autore dello scritto per questo e per tutti i racconti, aneddoti, storie di vita vissuta che ci regala ogni domenica
naturalmente anch'io (data l'età) ho conosciuto Riccardo da bambino il cui soprannome completo era appunto Ciacc'dd d l carteun; lo vedevo frequentemente quando stavo da mio padre che aveva una attività all'ingrosso giù in via Eritrea e da cui veniva per prendere i cartoni appunto che mettevamo da parte (non dico apposta ma insomma) per lui

un saluto ed un ringraziamento all'autore per queste “perle” che ci regala settimanalmente