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Lasciarsi pungere dalle spine vive confitte nella carne di chi soffre…

La Redazione
In esclusiva, le testimonianze lette in Cattedrale
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Ad un anno dal prodigio della Sacra Spina, in Cattedrale si è celebrata la Giornata di preghiera in memoria dei Martiri Missionari, sempre in Cattedrale si è svolta la Via Crucis, durante la quale sono stati ripercorsi alcuni momenti della Passione di Cristo, di cui la Sacra Spina è icona: la comunità si è riunita in preghiera per gli uomini feriti dalle spine, ribadendo così l'impegno ad essere solidale con quanti sono segnati dal dolore. Consapevoli che serve a ben poco avere a cuore il segno della Sacra Spina e non lasciarsi pungere dalle spine vive confitte nella carne di tanti nostri fratelli, durante la Via Crucis, sono state lette le testimonianze di un carcerato, di una donna vittima di violenza, di un malato, di un vigile del fuoco intervenuto nella tragedia ferroviaria del 12 luglio scorso e di due genitori che sebbene segnati dall'esperienza drammatica della morte della propria figlia appena quindicenne, sono animati dalla speranza e dalla luce della risurrezione. 

In esclusiva, le versioni integrali delle testimoniante lette ieri in Cattedrale:

Testimonianza di Riccardo Antolini letta da suo figlio:

“Tanti anni fa, Signore, a Gerusalemme, sul Gòlgota, ti chiesi di avere l’onore di stare con te e condividere la tua croce. Un poco incosciente e spavaldo, forte della mia forza fisica di allora, pensavo di essere in grado di viverla con orgoglio; ti ho chiesto, addirittura, di non farmi più scendere da essa. Tu, allora, mi hai preso sul serio, e mi hai regalato la mia croce personale. Ne sono davvero grato e onorato, Signore, e provo a trasmettere il tuo amore, a tutti con serenità e gioia. Ma io, Signore, sono come la gran parte degli uomini: noi nonsiamo Santi e, per dirla tutta, non siamo neanche sempre buoni; abbiamo solo un’idea confusa di quello che sia il bene, assuefatti alle comodità, ormai lontani dal messaggio originale del tuo Vangelo. Da un po’ di tempo, so che le mie forze, fisiche e mentali, sono molto ridotte rispetto a prima. Combatto contro le mie incoerenze, i miei malumori e le mie intolleranze, contro la mia inadeguatezza e la tentazione di lasciar perdere tutto e di abbandonarmi a una comoda vigliaccheria. Vivo sempre con la paura di venire progressivamente marginalizzato, e il timore per le più frequenti delusioni di essere abbandonato da parte dei miei amici. Signore, nel Getsèmani, tu sei rimasto solo e abbandonato dai tuoi discepoli: eri deluso perché i tuoi amici si erano addormentati in un momento così importante! Hai avuto paura, come capita, molto spesso, anche a me e a tutti noi.

Anche tu, come me, hai avuto la tentazione di rinunciare a tutto: “Padre mio, dicesti allora, non ne vale la pena per essere arrestato, percosso, deriso, ed essere poi ucciso du si una Croce”. Signore, nel Getsèmani, talvolta ci vengo anch’io, e mi trovo spesso disorientato dai tuoi dubbi. “E no, Gesù, non puoi farci questo, protesto dentro di me. Tutto il mondo ha bisogno che tu porti, ogni giorno, la tua croce”.

Nel Getsèmani, per fortuna, quel giorno, è arrivato un Angelo cheti ha fatto ragionare, e da allora, non hai avuto più tentennamenti nel tuo progetto della salvezza per il mondo. Anche oggi, sei arrivato qui mentre ti trascini  sulla via della Passione; ma non ce l’hai fatta più, sei caduto schiacciato dal dolore e dal peso della Croce, mostrando a tutti la tua debolezza, Uomo come noi. Ti capisco, Signore, come capita anche a me e a tutti noi, penso che ti sarebbe più semplice rimanere qui sotto la Croce, senza più forze, senza doverti più alzarti dinuovo, e aspettare soltanto che questa sofferenza umana finisca. Ma quel giorno, invece, due mila anni fa, Tu ti sei rialzato, da solo, ci hai guardato con il volto devastato dalle percosse, e ci hai sorriso. Con questo atto di amore, ci hai ricordato che il Nostro Padre grande ha un progetto personale per ognuno di noi, che noi a volte non riusciamo a comprendere, e dobbiamo affidarci alla Sua Volontà, come hai fatto Tu in quel momento. Quel Tuo sguardo di amore, e il Tuo esempio, Signore, e la forza e la certezza che ci danno il coraggio, e indica il senso, quando proviamo a rialzarci tormentati dal dolore e perché no, dalla disperazione. Ora, Gesù, non farci venir meno questa certezza. Ti prego, fa ancora uno sforzo in nome di tutti noi, alzati e prendi dinuovo la Tua Croce. Sta pur certo, tutti noi resteremo al Tuo fianco, portando,insieme con la Tua, anche tutte le nostre croci personali”.

 

Testimonianza di Giuseppe Lomuscio papà della piccola Giorgia scomparsa prematuramente e presidente dell’ass. “Tutto per Amore”:

“La vita, il compiersi misterioso della promessa d’amore che sembra contenere; un figlio è il punto in cui questa promessa si compie. Grazie è quello che abbiamo imparato da Giorgia, perché grazie è quello che Giorgia con una serenità disarmante ripeteva a  medici e infermieri sempre. I modi di questo cammino della Croce grande li ha dettati Giorgia, con la sua forza, con la sua fede, con la preghiera, umilmente, con la sua voglia di vivere, con la sua speranza pura dei suoi anni e il suo sorriso. Il nostro cammino è un continuare e  non un  ricominciare, quando tocchi la sua sofferenza, il dolore nel profondo di te stesso e negli altri, nasce la comprensione e quindi scopri l’amore, l’agire dal cuore, perché il nostro è il Dio dell’amore e della vita. Allora cosa fare? Ricordare, celebrare e confidare; avere fiducia di non essere soli, perché Gesù è con noi,la fiducia è un dono che serve a produrre frutti di bene, serve all’apertura verso l’altro, serve e realizzare un cammino di condivisione tutti i giorni, un cammino di luce. Matteo 6,22 “ La lampada del corpo è l’occhio perciò se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso”.

Testimonianza di Mariella, madre di Rebecca.

“Sono Mariella madre di quattro bellissimi figli. La nostra terza bambina, Rebecca, è affetta da una grave mal formazione cerebrale. Abbiamo saputo di lei già durante la morfologica. Ricordo ancora quel momento di silenzio quando il mio ginecologo mi comunicò che c’erano problemi. Cominciò tutto un iter per i vari controlli ma da tutte le parti nessuna speranza, solo il peggio. Rebecca sarebbe stata solo un vegetale. Sembrava che il mondo ci stesse  crollando addosso. La sensazione era proprio di soffocamento, di impotenza, mi sembrava di perdere tutte le mie certezze. Da più parti mi dicevano che la cosa più giusta per tutti sarebbe stata non farla nascere ma il mio cuore era inquieto, non trovava pace. E non trovava pace non per il fatto che una madre non può rinunciare ad un figlio, perché accade anche questo! Non trovava pace perché avevo la percezione che mi stavo sottraendo al progetto di un Altro su di me. Mi stavo illudendo di poter risolvere io tutto. Allora mi sono detta ma quante volte nella mia vita potrò risolvere io tutto? E’ cominciato così tutto un dialogo con Dio e mi sono fidata di Lui. Abbiamo vissuto tutto: il dolore, la paura, la rabbia, la stanchezza, ma in un rapporto con Lui ed accompagnati da amici che ci hanno permesso di vivere un Dio presente, tutto è stato più semplice da portare. Siamo stati di fronte a Rebecca guardandola per ciò che è, per il grande valore che porta con sé. Sono passati 12 anni ed è vero…. Rebecca non parla, non cammina ma sicuramente non vegeta. E’ molto presente e a modo suo comunica. Oggi posso dire che un dolore se vissuto nel rapporto certo e carnale con Cristo può diventare una grande opportunità perché ti spalanca il cuore e lo sguardo e ciò che apparentemente ti viene tolto ti viene restituito in una forma da te inaspettata. Rebecca è la vita, è il punto di riferimento per i suoi fratelli che hanno imparato ad amarla senza vergognarsi di lei. E’ il punto di riferimento per tutta la nostra famiglia e per tutti quelli che entrano in rapporto con lei. La mia vita da quel momento è stata caratterizzata da una dipendenza da Cristo che non mi toglie nulla, lascia tutto di me e abbraccia tutto come fa la madre con un figlio, un padre con un figlio. Sono grata a Dio per questo e il mio più grande desiderio è non perdere mai questa strada e poter vivere tutta la mia esperienza fino in fondo. Grazie.”

 

Testimonianza di Vincenzo Sgarra

Mi chiamo Vincenzo Sgarra e anch’io sono stato crocifisso. Certo, io non sono innocente come lo era Gesù. Io ho sbagliato. Io ho ucciso. Sono 35 anni che pago la mia pena: l’ergastolo. E ancora adesso non trovo il perdono. Forse non mi sono ancora perdonato nemmeno io. Sento ancora vive in me le parole del giudice: “FINE PENA MAI”. Detta pena scadrà MAI. Ha fatto male. E continua a fare male. Io riconosco il male che ho commesso e ho pagato e sto pagando. Ma fino a quando? Ci sarà mai un termine per questo? Avrò mai diritto a vivere davvero? O sarò sempre solo l’ombra di me stesso? Questo è il vero ergastolo. Non essere davvero me stesso. Ma quando ho conosciuto il Signore nulla è più riuscito a farmi commettere un gesto di violenza: in questi anni Gesù, con il suo perdono, è entrato nel mio cuore! Da circa 8 anni svolgo attività di volontariato nell’Oratorio “Sant’Annibale Maria Di Francia”. E’ stata una rinascita per me! In questo luogo non mi sono mai sentito giudicato o emarginato. Qui, tramite gli incontri educativi e formativi, la Santa Messa, l’Adorazione Eucaristica, ho davvero conosciuto il significato della parola Accoglienza. Mi sono rispecchiato tante volte in Giuda: additato da tutti come il colpevole per aver venduto il Signore!

Lui non è stato accolto da nessuno, e, scartato da tutti, si toglie la vita! Il più grande dei peccati, non è quello di vendere Cristo, è quello di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro, e poi lo ha guardato e s’è messo a piangere. E il Signore lo ha ricollocato al suo posto; il vicario! Tutti gli apostoli hanno abbandonato il Signore, e son tornati. E il Cristo ha perdonato loro, e li ha ripresi con la stessa fiducia. Credete che non ci sarebbe stato posto anche per Giuda? La misericordia sarebbe arrivata anche per lui. Perdonatemi se questa sera vi ho portato delle considerazioni così dolorose. Ma io voglio bene anche a Giuda: è mio fratello. Pregherò per lui anche questa sera, perché non lo giudico, io non condanno. Altrimenti dovrei condannare me. Ed ora vorrei leggervi una breve preghiera scritta da un anonimo:

Ammonimento a te che sei libero

Se tu conoscessi il mistero immenso della detenzione, dove ora io mi trovo. Se potessi vedere e sentire quello che io vivo tra queste buie mura. Soffocato, umiliato, annientato. Rifletteresti prima di sbagliare. Io non ho riflettuto e sto pagando. E amaramente penso ai miei cari che ingiustamente soffrono a causa mia. E poi, nel Vangelo Gesù è chiaro:

“Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso”. Ed invece come ci piace giudicare gli altri, sparlare di loro! Un’ultima cosa vorrei dirvi. Nella nostra Diocesi, sono ancora poche quelle parrocchie aperte all’accoglienza verso i carcerati. E allora permettetemi questo invito: parlate con i vostri parroci ed esortateli ad aprire le porte delle vostre parrocchie e oratori a chi ha sbagliato! E se vi trovate di fronte a qualcuno che ha commesso errori, non giudicatelo!

Sara legge la testimonianza  di una delle donne vittime di tratta: “Mi chiamo Grace sono scappata dal mio villaggio in Nigeria perché la mia famiglia voleva sposarmi con un uomo molto più grande di me e io non volevo. Arrivata in città volevo imparare a lavorare come fashion designer, ma a Edo City e’ difficile trovare lavoro. Ho incontrato per strada un uomo che ha detto che poteva aiutarmi a trovare lavoro in Europa.Non sapevo cosa volesse dire ma l’ho seguito perché non avevo alternative. Mi ha chiesto di fare un rito voodoo per promettere che avrei restituito i soldi che mi anticipava per il viaggio. Se non restiuirò i soldi faranno del male a me e alla mia famiglia. Il viaggio è stato difficile, abbiamo attraversato il deserto e poi siamo arrivati in Libia. La, come accade a molte altre donne come me, ho subito violenze sessuali e psicologiche, le mie giornate le vivevo nel pieno terrore, dopo molti mesi mi hanno consegnato ad un altro uomo che ha pagato per portarmi in un campo. Mi hanno detto di aspettare prima di attraversare il mare e nel frattempo mi hanno detto che in Italia avrei dovuto lavorare come prostituta per restituire i soldi. Io non voglio farlo ma loro vogliono i soldi, per questo ho chiesto aiuto. Ho paura per me  e la mia famiglia”.

domenica 26 Marzo 2017

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