Attualità

San Domenico Savio ia’ piur u nust

Vincenzo D'Avanzo
Una festa della pentolaccia particolare
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Sinell era una signora anziana ma ancora piena di vigore fisico e mentale. Aveva sei figli tutti sposati che le avevano dato una nidiata di nipoti. Solo la piccola delle femmine era fidanzata. Ma mentre erano incorso i preparativi per i matrimonio, cadendo dall’albero mentre era intento a potare, il fidanzato era stato colpito dalla sua stessa accetta e, data la lontananza e la scarsità e lentezza dei mezzi di trasporto, era morto dissanguato. La fidanzata, Carolina, che era legatissima al suo amore, volle un funerale solenne: ava iess cumm a u matrmonie ca stemm a prparè. Era lo stesso desiderio della mamma del morto e le due donne presero in mano la situazione. Vollero le orfanelle a pregare intorno alla bara in casa e poi appresso al corteo, l cacciamurt assè (nouv vann: 9 rappresentanze di congreghe vestiti con abiti adatti alla circostanza) il capitolo della cattedrale e quello di san Nicola. Siccome abitava a via Annunziata vollero che il funerale si svolgesse in cattedrale e poi corone e cuscini di fiori. I fratelli misero la banda per rendere struggente quel momento. Quel giorno si paralizzò la città nei tratti attraversati dal corteo funebre. La gente gremiva i marciapiedi e tutti a chiedersi: ci ià ia murt? E altri a raccontare: né, nanzì sindiut du pavridd c’ha murte cadenn da l’arv. Ci bell uagnaun ioiv.

E poi altri: cià ioive la zuit?

Né, la voit cumm chiang? Stevn a prparè r robb ca s’avevna spusè. E così fino alla fine della mesta cerimonia. Tutta la città era coinvolta nell’evento.

Passavano gli anni e Carolina era rimasta vacanduie: non è che le mancassero i pretendenti, anche lei era una bella ragazza. Purtroppo nessuno rassomigliava nel carattere, nei portamenti al fidanzato scomparso. Un giorno che la mamma, Sinell, la supplicò di acconsentire a un bel partito lei rispose molto duramente: c u Padrtern m vloiv spusoit m facioiv spusè a Cccill, u zuit mouie. E così cadde il sipario, tranne che per un dettaglio: la mamma d Ciccil a ogni carnevale si materializzava con una busta di confetti. Singolare il rapporto tra nuora e suocera. Per tutte le suocere la nuora è quella che ha rubato il figlio, il che ingenera la preoccupazione che non lo sappia trattare bene. Se la nuora non capisce che questa non è cattiveria ma un atteggiamento di protezione, cominciano i fraintendimenti. In questo caso quella che doveva essere la suocera aveva capito che il figlio sarebbe stato in buone mani perché Carolina lo amava veramente.

Carolina continuò a vivere con la mamma (per la quale fu una fortuna incombendo la vecchiaia e fortuna fu anche per le sorelle che si sentivano alleggerite dall’assolvimento di un probabile “dovere”) mentre nelle ore libere si dedicava alla chiesa insegnando il catechismo e partecipando alle varie iniziative di carattere religioso e sociale.

Passato qualche anno si giunse al 1957: il martedì di carnevale, come da tradizione per tutte le feste, la famiglia si riunisce alla casa di Sinell: la casa era grande ma far mangiare una ventina di persone tra figli e nipoti era sempre una impresa e tuttavia era un piacere vivere insieme le feste. Ovviamente a Carolina toccava l’organizzazione generale (preparare i tavoli, uscire il servizio buono di tovaglie e posate ecc.), le altre signore avrebbero provveduto a quello che si doveva mettere nei piatti. E ovviamente quando si ricorre a u mitt i mang non si sa mai cosa può succedere. Sta di fatto che quel martedi avanzò molta roba. Che ne facciamo? Il giorno dopo cominciava la quaresima e la carne non si poteva mangiare. Buttarla non era il caso. Ecco allora l’idea d Sinell: bgghioim na bella pgnoita grann, mttoim la carn i la stpoim abbasc (la casa aveva una specie di pozzo dalla bocca larga: era asciutto, dotato di una scala di legno e lì si conservavano le derrate per l’inverno: il frigorifero non c’era). Dmench mangioim arreit nzimb. E tutti furono contenti. Il figlio grande suggerì di rompere la pignatta la sera dopo aver mangiato. Ognuno si impegnò a portare qualcosa di asciutto da mettere nella pignatta: taralli, salsicce, confetti, noci, fichi secchi ecc. ecc.

La sera di quel martedì uscirono tutti insieme per vedere i gruppi mascherati, ma soprattutto per andare all’oratorio salesiano per la pesca. I bimbi si divertirono a prendere i bigliettini per il sorteggio dei tanti premi esposti. Quando finirono di pescare furono costretti a passare dal cortile interno per uscire. Era per la verità un trucco inventato dal direttore dell’Oratorio per costringere le persone a passare davanti alla statua di san Domenico Savio. Era successo che l’oratorio con le offerte aveva comprato la statua ma non era stata ancora sistemata nel cortile. Una signora benefattrice si era impegnata a realizzare a sue spese il basamento di marmo dove allocare la statua, visibile da tutti i ragazzi che andavano a giocare. Ma tra un oggi e un domani passava il tempo fino a quando la signora morì e gli eredi non ne vollero sapere di adempiere all’impegno assunto. Il direttore si vide costretto a fare un appello pubblico per trovare un altro benefattore. I figli di Sinell, saputo il fatto, decisero di raccogliere delle offerte tra coloro che avrebbero partecipato alla rottura della pignatta. I soldi raccolti sarebbero andati all’oratorio per san Domenico Savio. Per raccogliere più denaro decisero di allargare gli inviti a quelli del vicinato. Arrivata la domenica Carolina si alzò presto per preparare di nuovo i tavoli e poi se ne andò a messa. Ma al ritorno dalla chiesa un violento acquazzone la colse di sorpresa: per fortuna la casa non era lontana e quindi si bagnò soltanto un po’. La pioggia continuava violenta e all’ora di pranzo nessuno dei figli si era presentato alla casa, tranne uno che abitava poco distante. Tuttavia le cibarie erano tante e non era pensabile conservarle ancora. Allora Sinell disse alla figlia di avvisare le amiche del vicinato che, se avevano piacere, potevano aggiungersi alla tavolata. Allora i vicini erano più confidenti degli stessi parenti: c’era tra di loro una quotidianità di rapporti, si parlavano frequente, si scambiavano gli odori quando servivano e qualche volta i “sapori”: né, ninè, so fatt la fcazz vù assaprè? Per la verità dicevano u c c l, ma non so scriverlo, e così via, in un intreccio di rapporti che noi non riusciamo a immaginare, abituati come siamo a vivere nelle gabbie condominiali senza nemmeno salutarci.

Fatto fuori il contenuto della pignatta e quant’altro i vicini avevano portato, considerato che aveva finito di piovere, si tolsero via i tavoli, si aggiunsero le sedie dei vicini, si riempì la pignatta con cibarie secche e si attese il tardo pomeriggio. In effetti cominciarono uno alla volta ad arrivare gli altri figli e quando furono tutti presenti si cominciò a ballare con il grammofono che cummà Mariett aveva portato. Le feste in casa erano propizie per cementare rapporti, per creare fidanzamenti, per scherzare.

Tutto uno scherzo fu in effetti “l’abbattimento della pignatta”: gli uomini bendati di volta in volta scimmiottavano ma evitavano di romperla per far durare il gioco, i ragazzi invece menavano fendenti nel tentativo di colpire la pignatta e mangiare il contenuto. Quella sera furono raccolte quasi mille lire che la domenica dopo furono portate all’oratorio dagli uomini. Infatti era abitudine per gli uomini andare alla messa ogni domenica nella cappella dell’oratorio. Man mano che i nipoti maschi crescevano Sinell e Carolina li mandavano all’oratorio dicendo di andare a salutare san Domenico Savio pcchè ià piur u nust.

domenica 18 Febbraio 2018

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