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Giovani andriesi: tra l’ordinario e l’impossibile

La Redazione
Dubbio amletico: ma se ci fossero più luoghi di aggregazione, anche per il gusto di provare il "nuovo", non si pensa che una buona percentuale di giovani potrebbe distaccarsi dall'ordinario?
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Si è tanto parlato, nei mesi scorsi, del disagio dei giovani andriesi, puntando il dito su cattive abitudini, mancanza di regole di base e di educazione, problemi nella gestione del tempo libero, abuso di alcool e droghe e tanto altro. Ma essere giovani ad Andria significa anche tanto altro.

Per questo vogliamo dare la parola a loro, direttamente a loro, per evitare il solito scontro generazionale che ponga due schieramenti arroccati nelle loro posizioni. Ecco ciò che scrive una liceale andriese.

La normale amministrazione ammette la parola di chiunque e di quest’ultima si è sempre fatto un cattivo uso. Dell’esistenza dello spirito critico in ognuno di noi ero già a conoscenza da tempo, ma mi chiedo, com’è possibile infangarsi con i propri stessi pensieri? O con le proprie stesse parole? Capita di sentire interminabili e rognose lamentele provenienti da gente adulta del mio paese con l’intento di mettere in cattiva luce qualsivoglia generazione successiva alla loro, millantando la loro diversità. La medesima situazione viene riproposta dalle persone all’interno della mia generazione quando, aprendo la bocca, fanno fuoriuscire cattiverie o manipolazioni contro se stessi e i loro coetanei, senza rendersi conto che, come burattini, compiono le stesse ed identiche azioni.

Le amare vicende andriesi sono note ed ormai non sono più concepite come qualcosa di anomalo, bensì il contrario: è normale uscire di casa per far circolare più alcool che sangue nell’organismo, è abituale vomitare spudoratamente davanti a tutti o, se vogliamo essere romantici, sotto il cielo stellato, è consueto fare ciò che la legge non ritiene ammissibile ed è indiscutibile frequentare il luogo maledetto ovvero la “Terrazza”, il posto odiato circa da quasi tutta la componente giovanile ma praticamente irresistibile dal non salirci almeno una volta al giorno. Si ama di Lei tutto ciò che fa male come ad esempio la sua instabilità, la valle di bottiglie di vetro che si percorre inevitabilmente per raggiungere i propri amici, l’immobilità nella quale bisogna restare quasi tutto il tempo perché non c’è abbastanza spazio per muoversi e per accogliere tutti o le inedite recite di chi vuole attirare l’attenzione e ci riesce perché è l’unica cosa di diverso a cui assistere.

Quando qualcosa di non identificabile ci spia dall’alto e dice che siamo tutti uguali, ahimè, devo affermare che ragione non ha. Si vive in un paese in cui la pigrizia fisica ed emotiva regna sovrana poiché oltre al rifiuto di impegnarsi in qualcosa di concreto per cambiare le cose, si ritiene faticoso pensare diversamente da chi ci circonda.

Dubbio amletico: ma se ci fossero più luoghi di aggregazione, anche per il gusto di provare il “nuovo”, non si pensa che una buona percentuale di giovani potrebbe distaccarsi dall’ordinario? Lo sfogo di parecchi sfocia in malsani modi di divertirsi forse perché non si ha altra scelta. La rabbia è tanta per innumerevoli ragioni; la mancanza di eventi che possano interessare alla componente giovanile si sente, rari sono i luoghi o le circostanze che permettono ai ragazzi di esibirsi condividendo le proprie passioni, l’Officina San Domenico viene frequentata maggiormente durante le ore notturne come una vera e propria discoteca piuttosto che durante il giorno quando le sue finalità culturali e sociali vengono messe a disposizione, il Teatro Astra è un corpo senza anima da circa dieci anni ed anche le strutture degli ambienti scolastici sono un tasto dolente. Le proposte dei ragazzi vengono continuamente silenziate e le nostre esigenze sono concepite come futili piccolezze solo perché l’egoismo di chi comanda oscura la realtà. La morale della favola è che Andria preferisce non decollare e rimanere radicata a queste perverse vicissitudini e se il futuro è nelle mani dei ragazzi abituati a questo probabilmente si rifiuterà anch’esso di arrivare.

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Articolo scritto da Martina Loconte del Liceo Classico “C. Troya”

mercoledì 14 Marzo 2018

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Massimo Calza
Massimo Calza
6 anni fa

Dobbiamo fare squadra ed ognuno DEVE fare il proprio DOVERE: La famiglia DEVE educare, la scuola DEVE formare, la politica deve progettare ed indirizzare la crescita culturale-sociale-economica, le forze dell'ordine DEVONO vigilare e tutelare i cittadini. Abbiamo molto da FARE…..senza parlare dello sport (tranne il calcio) che in questa città non attecchisce. RIMBOCCHIAMOCI LE MANICHE, NON PIANGIAMOCI ADDOSSO E LAVORIAMO TUTTI INSIEME SENZA IPOCRISIA.