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Bambini che conoscono solo la guerra in Sud Sudan

Geremia Acri
Occupiamoci di questo esercito di poveri, preoccupandoci concretamente, conciliando con il dialogo soluzioni politiche e governative che possano salvare l'umanità
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Esiste un detto, tipicamente nostro, che recita: “mondo è stato, mondo è e mondo sarà”. È un detto di una naturalezza e tragicità talmente forte da lasciare disarmati. Se così fosse i crimini perpetrati dall’umanità, nel corso della storia, dovrebbero essere ripetuti nel futuro per sempre? Non vale la regola che dagli errori si impara? Probabilmente no, e quasi sicuramente ancora oggi l’umanità continua a ripetere antiche atrocità. Come se i tragici racconti di Primo Levi, Anna Frank, e Sholmo Venezia siano solo narrativa storica per ragazzi.

In questi giorni, allora, sentire le storie di torture e abomini provenienti da qualsiasi parte del mondo (Libia, Sud Sudan, Yemen, Siria, Palestina, Ciad, ecc…) ci riporta alla mente le storie dei tanti deportati e torturati dalla macchina di sterminio nazista: gli Ebrei; lo sterminio pianificato di Rom e Sinti; gli omosessuali, utilizzati come cavie umane; i Testimoni di Geova e i Pentecostali; l’eliminazione dei disabili e dei malati di mente; la sterilizzazione dei cosiddetti “bastardi della Renania”</strong>; i tantissimi e tantissime non considerati di razza ariana che hanno tanto subito a causa delle scelte naziste.

In un comunicato, l’Unicef ha descritto il dramma di oltre 2 milioni e mezzo di bambini sud sudanesi che dall’indipendenza del 2011 a oggi hanno conosciuto solo abusi, guerre e malnutrizione.

Dei 3,4 milioni di bambini nati da quando lo Stato africano, 7 anni fa, è diventato il Paese più giovane del mondo, circa 2,6 milioni sono nati in guerra. Un numero abnorme di piccoli che non ha conosciuto altro che paura, sangue e drammi. Sebbene dall’inizio dell’anno siano stati rilasciati 800 bambini da gruppi armati, si stima che 19 mila bambini continuino ad essere utilizzati come combattenti, cuochi e messaggeri e a subire abusi sessuali, rispetto ai 500 bambini utilizzati quando è scoppiato il conflitto nel 2013.

E se nel 2014 in 35 su 100 non sapevano da dove sarebbe arrivato il cibo successivo, la percentuale è salita adesso al 60, con alcune aree del Paese a un passo dalla carestia, soprattutto durante la stagione secca. I tassi di malnutrizione sono a livelli critici. Più di 1 milione di bambini sono malnutriti, 300 mila dei quali sono gravemente malnutriti e a rischio di morte. Ovviamente una nazione in guerra si mangia sempre il futuro dei suoi figli.

Il conflitto ha anche spinto centinaia di migliaia di bambini fuori dalla scuola: una scuola su tre danneggiata, distrutta, occupata o chiusa dal 2013. In altre parole, più di 2 milioni di bambini – o più del 70% di coloro che dovrebbero frequentare le lezioni – non ricevono un’istruzione.

«Mentre il Sud Sudan compie sette anni, una guerra apparentemente senza fine continua a devastare la vita di milioni di bambini» ha dichiarato Henrietta H. Fore, Direttore generale dell’Unicef, in visita a Juba, Ganiyel e Bentiu. «La firma di un cessate il fuoco permanente tra le due principali parti in conflitto a Khartoum il mese scorso, è stato un passo positivo in quello che è stato un processo di pace vacillante. Ora contiamo sulla leadership e sui comandanti per rispettarlo, garantendo al contempo che gli operatori umanitari abbiano accesso illimitato a coloro che ne hanno bisogno». (cf news Unicef).

Giorgio La Pira, padre costituente, uno dei sognatori dell’Europa e del mondo unito e pacifico faceva, delle “attese della povera gente”, il suo pungolo per una giustizia sociale. Tutti sappiamo che il continente più ricco del mondo è l’Africa, sfruttata dall’Occidente e depredata dalle sue materie prime. Per cui invece di urlare frasi senza senso, per puro consenso elettorale, prendiamoci le responsabilità di questa guerra perenne, che si consuma nel continente africano, consentendo il traffico di esseri umani, sfruttamenti e fiorente commercio di armi.

Occupiamoci di questo esercito di poveri, preoccupandoci concretamente, conciliando con il dialogo soluzioni politiche e governative che possano salvare ancora vite, ancora persone, ancora l’umanità.

mercoledì 18 Luglio 2018

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