«I ragazzi qui studiano e pensano, ma anche io studio e penso con loro. […] normalmente arriviamo alla verità insieme.
Quando rimane qualche divergenza, il bene che ci vogliamo ci aiuta a risolverla e a convivere senza tragedie. Perché questo bene è fatto di rispetto reciproco». (Don L. Milani Lettera ad un amico, Natale 1965).
In Palestina quasi tutti i bambini fra i 6 e i 9 anni frequentano la scuola, ma a 15 anni circa il 25% dei ragazzi e il 7% delle ragazze abbandona gli studi, divenendo, così facile preda di abusi, sfruttamento, schiavitù e reclutamento coatto in un territorio perennemente dilaniato dal conflitto armato.
A svelare, questa triste realtà è il rapporto “State of Palestine: Country Report on Out-of-School Children” –Palestina: Rapporto sui bambini che non vanno a scuola-, realizzato dall’UNICEF Palestina e dall’Istituto di Statistica dell’UNESCO, in collaborazione con il Ministero per l’Istruzione.
I dati preoccupano l’agenzia dell’Onu per l’infanzia che evidenzia anche l’alto tasso di disoccupazione giovanile, pari al 60%, come conseguenza principale dell’abbandono scolastico, fenomeno che riguarda il 18,3% dei giovani in Cisgiordania e il 14,7% nella Striscia di Gaza.
I motivi dell’abbandono
Il motivo per cui gli adolescenti abbandonano anticipatamente la scuola dell’obbligo – sottolinea Andrea Jacomini, portavoce di Unicef-Italia – «…include un’istruzione di scarsa qualità, che spesso è vista come un fattore non rilevante nelle loro vite, violenza fisica ed emotiva a scuola, sia da parte degli insegnanti che dei coetanei, e inevitabilmente il conflitto armato. Andare a scuola può anche rappresentare una sfida per gli adolescenti maschi, in Palestina, spesso costretti ad attraversare diversi checkpoint, blocchi stradali e ad aggirare gli insediamenti israeliani solo per raggiungere l’aula. È inaccettabile! Pensiamo se nostro figlio, mentre cammina, venisse fermato, interrogato, violentato psicologica in maniera non indifferente. E come se non bastasse, durante le lezioni ci sono incursioni dei militari nelle classi».
Un altro dato che emerge dal rapporto è il sovraffollamento nelle classi. «Nella Striscia di Gaza – prosegue il portavoce di Unicef-Italia – le aule sono sovraffollate, con in media 37 alunni per classe. Fra coloro che sono iscritti dal primo al decimo anno scolastico, circa il 90% frequenta scuole organizzate su due turni. Ciò riduce le ore per l’apprendimento e la capacità degli insegnanti di supportare adeguatamente i bambini, soprattutto quelli che hanno difficoltà di apprendimento o comportamentali».
Abusi, sfruttamento, violenze
«I bambini rimasti indietro a scuola hanno maggiori probabilità di abbandono scolastico e quindi incorrono in un rischio maggiore di abusi e sfruttamento fuori dalla scuola – sottolinea – Genevieve Boutin, Rappresentante Speciale dell’Unicef in Palestina -. Essere a scuola non aiuta solo i bambini palestinesi a imparare e svilupparsi, ma fornisce inoltre una stabilità e delle abilità utili per la vita che sono di particolare importanza in questi ambienti». Il rapporto evidenzia, inoltre, che le violenze colpiscono l’istruzione in diversi modi. Oltre due terzi dei bambini che frequentano dal primo al decimo anno scolastico sono esposti a violenze emotive e fisiche nelle loro scuole e, a causa dei conflitti, per oltre 29.000 bambini nel 2017 il loro percorso scolastico è stato interrotto a causa di 170 attacchi e minacce di attacchi su scuole, studenti o insegnanti, che colpiscono ulteriormente la frequenza scolastica».
L’Unicef lancia delle proposte
Per realizzare il diritto all’istruzione di ogni bambino in Palestina, l’Unicef chiede di migliorare la qualità dell’istruzione nelle scuole che hanno basso rendimento; aumentare l’accesso a servizi per l’istruzione su misura, fuori e dentro la scuola, migliorare la formazione e il supporto tecnico agli insegnanti per un’istruzione che sia inclusiva; migliorare e ampliare i programmi di prevenzione alla violenza, ma soprattutto proteggere le scuole dalla violenza legata al conflitto. «Non andare a scuola – conclude Jacomini – vuol dire farsi sfruttare da quell’odio che in quella terra provoca e genera conflitti senza fine».
Concludo, ricordando e citando, ancora, don Milani: la scuola in ogni luogo e Stato “ha un problema solo: i ragazzi che perde”.
Il Rapporto:
Palestina: Rapporto sui bambini che non vanno a scuola
IL sistema esiste.
Hamas non vuole alcun accordo con Israele e finquando periste non ci sara' pace quindi scuole e vero lavoro. Ma ad Hamas conviene questo stato di cose. Non spende i soldi che gli arrivano per il popolo ma per le armi