Attualità

I miracoli invisibili

Vincenzo D'Avanzo
Il quadro della Madonna dell'Altomare, ricco di storia ma che in una casa moderna non trovava posto
scrivi un commento 70198

Il quadro era uno scrigno di ricordi, non era bellissimo dal punto di vista artistico, ma raccontava una storia fatta di cuore e di fede. Quando don Antonio se lo vide arrivare quella mattina rimase perplesso e il suo atteggiamento bonario si irrigidì.

Ma sicuro che te ne vuoi liberare? chiese alla giovane signora che lo aveva portato. Usò proprio la parola “liberare” che era il retropensiero che subito lo assalì.

La signora, che pure si chiamava Altomare, rispose imbarazzata: “padre, a casa ho i mobili moderni e questa immagine non si addice, anziché buttarla nel secco, ho preferito portarlo a lei che potrà utilizzarlo come meglio crede”.

Don Antonio si sedette e invitò la signora a fare altrettanto, voleva capire il motivo vero e magari convincerla a riportarselo indietro. Ma la signora imbarazzatissima tagliò corto: “padre ho da fare, magari un altro giorno…”. Salutò e andò via. Il sacerdote lasciò il quadro nella sua stanza e fece una capatina in chiesa per una preghiera per quella donna: aveva capito che si trattava di un quadro ricco di storia e non voleva accettare che in una casa moderna non ci fosse posto per un quadro della Madonna dell’Altomare, tanto popolare in città e nel circondario. Peraltro la stessa mamma di don Antonio sin da piccolo aveva affidato la sua vocazione alla Vergine miracolosa di cui è rimasto devoto, cogliendo peraltro la possibilità di esserne custode del culto per un certo tratto della sua vita. Il fatto poi che anche la signora si chiamasse Altomare gli fece pensare che anche la nonna e magari la bisnonna portassero lo stesso nome. Quindi doveva essere una devozione antica, tramandata di generazione in generazione.

Tornato nella sua stanza si mise a osservare il quadro. La prima cosa che notò fu che la tela aveva una doppia cornice, una antica, l’originale, e una moderna che sembrava realizzata a protezione dell’antica, segno che ci tenevano a quel quadro. L’immagine della Vergine, realizzata secondo lo schema più tradizionale, era deturpata da una vistosa ghirlanda di fiori corallini, a testimonianza ulteriore della fede popolare. La seconda sorpresa fu che tra tutte quelle infiorescenze si notavano una collana d’oro, un anello, degli orecchini preziosi. Il fatto che la signora non li avesse tolti convinse il sacerdote del travaglio umano che aveva portato a quella decisione.

Conoscendo la sorella di Altomare non appena la vide in chiesa la convocò in sacrestia. Con delicatezza le chiese:

– Ho visto il quadro della Madonna che tiene tua sorella, sai che l’ho trovato molto bello?

– Si è molto bello, è un quadro al quale mamma ci teneva tantissimo: quante volte ci siamo riuniti lì davanti per una preghiera o un Rosario. Alla sua morte decidemmo di spartirci tutto a sorte e alla piccola andò proprio quel quadro e io fui contenta perché lei portava il nome della Madonna.

– E l’oro che stava nel quadro non lo vedeste? Non pensaste a dividerlo tra di voi?

– Don Antò, i cià tneiv la cuscienz d lvè d’aur alla Madonn?

– E tua sorella fu contenta di averlo quel quadro?

– Certo che fu contenta. Lei per la verità ci chiese se volevamo dividere l’oro perchè faceva parte du cungirt bunn di mia madre, ma tutti fummo d’accordo che rimanesse addosso alla Madonna. Vale più la sua protezione che tutto l’oro del mondo.

E la signora riferì che la mamma spesso raccontava che il nonno durante la guerra fu fatto prigioniero e relegato in un campo di concentramento. Una notte il campo subì un forte e prolungato bombardamento. Il nonno aveva al collo una medaglietta della Madonna dell’altomare e ogni tanto se la baciava non potendo fare altro. La mamma diceva che ci fu una carneficina quel giorno perché nel campo non c’erano ripari e quindi erano esposti alle bombe senza difesa. Tuttavia il nonno fu tra i pochi che si salvarono. Da allora il quadro ebbe una lampada ad olio sempre accesa e ogni anno egli partecipava alla processione con un grosso cero acceso. Don Antonio, che di racconti simili ne aveva sentiti tanti durante la sua permanenza nel santuario, rimase attonito. Non disse che il quadro era da lui per non compromettere il rapporto tra le sorelle. Salutò la signora e se ne tornò nel suo studiolo. Qui tirò fuori la Madonna dall’armadio in cui il quadro era conservato e la guardò ben bene. Poi gli venne l’idea di far esaminare il quadro da un esperto.

L’esperto cercò di fare una ricostruzione storica delle immagini dedicate alla Madonna dell’Altomare (ne aveva raccolte tante il parroco), partendo da quella del miracolo del salvataggio della bambina nel pozzo, una immagine che richiamava in realtà santa Sofia che aveva lo scettro in mano. Siccome la storia in questi casi la fa la devozione popolare fu facile attribuire alla Madonna quella figura femminile e con il passare del tempo in virtù dei tanti restauri lo scettro della regina Sofia fu sostituito dalla croce. La successione dei miracoli attribuiti a questa immagine ha sviluppato l’uso di rappresentarla nelle edicole cittadine fino a quando molti fedeli ne vollero una nelle proprie case. Coloro che erano chiamati a dipingere l’immagine erano artigiani più che artisti e ognuno diede una impronta personale all’insieme sia nella scelta dei volti, sia nei colori del vestito, sia negli ornamenti degli stessi vestiti o del quadro. Molti poi illuminavano il quadro con una serie di lampadine sistemate in modo che, accese, dessero l’impressione di una cornice luminosa. Queste immagini sparse dappertutto diventarono una specie di spot pubblicitario: la devozione si espandeva anche fuori città, la gente accorreva da tutte le parti (lo fa ancora) soprattutto il martedì che è da sempre il giorno dedicato proprio alla Madonna dell’Altomare, devozione che dura ancora oggi, rimanendo uno dei fenomeni di devozione popolare più importanti del popolo andriese. Basti pensare che tra il 1875 e 1877 in soli due anni fu costruita l’attuale chiesa. I muratori erano pressati dalla urgenze dei fedeli di poter venerare la loro Madonna. Fare in ginocchio la scalinata e arrivare sempre in ginocchio davanti al quadro della Vergine era la risposta popolare all’invito di Cristo: chiedete e vi sarà dato. Chiederlo in ginocchio è la confessione della propria debolezza, chiederlo per mezzo di Maria è il riconoscimento della sua santità: Maria a Cana che dice ai servitori: fate quello che vi dirà. Questi concetti i fedeli non sanno esprimerli con le parole, ma a loro bastano i gesti.

L’esperto proclamò che la tela era della fine dell’ottocento e quindi ne aveva di fatti da raccontare della famiglia a cui il quadro apparteneva. Don Antonio lo ripose nell’armadio, diversamente dagli altri che teneva in un locale adiacente. Intuiva che la storia di quel quadro non era finita.

Intanto a casa Altomare cominciò ad avere nostalgia del quadro. Ogni volta che entrava nel salotto indirizzava lo sguardo verso il punto dove c’era il quadro della Madonna e incrociava una tela geometrica di nessun valore sentiva sobbalzare il cuore. Ricordava la camera da letto della nonna: sul comò aveva al centro la Madonna e poi tutta una serie di fotografie dei genitori suoi e dei nonni , fratelli, parenti: se la trovavi di buzzo buono qualche volta intratteneva i nipoti per molto tempo a raccontare storie dei tempi passati. Altomare fu colta dallo scrupolo: aveva obbedito al marito senza opporre resistenza. Un giorno poi che la sorella non vide esposto il quadro nella casa di Altomare le chiese spiegazione la giovane signora mentì: Il legno era stato attaccato dal tarlo e l’aveva portato a restaurare. La sorella le credette, però lasciò cadere una richiesta: quando torna qui dobbiamo riunirci tutti come voleva mamma per un rosario recitato insieme. Certo, rispose Altomare, ancora mentendo.

Riunirci tutti? Come erano belli quei rosari recitati anche con i vicini, con i taralli fatti in casa che creavano comunità. Una sera disse al marito: senti, io sto sempre a pensare al quadro, ho come la sensazione che la Madonna mi chiami. Vado a vedere se don Antonio ce l’ha ancora? Ma dove lo mettiamo, disse il marito, non ci va con i nostri mobili. Fatti dare una immagine più piccola, la mettiamo in una cornice d’argento e la mettiamo sul comò. Ma Altomare alzò il tono della voce: è quello che voglio. Se mi vuoi bene andiamo a prenderlo insieme e gli stampò un bacio sulla guancia. “C trouv nolt’ommn cha m doic ch’alla cois cmmann u masque l’accioit”, sibilò il marito. E decisero per la domenica successiva.

Dopo la prima messa si presentarono in sacrestia: “don Antò, nan ià cha u quadr u tinn angour”, disse il marito, mentre la moglie gli scuoteva il braccio dicendo: parla in Italiano. Don Antonio sorrise: certo che ce l’ho, ogni giorno ho aperto l’armadio e dicendo un’Ave Maria per te, ero sicuro che saresti tornata. Se facciamo entrare la Madonna nel cuore Lei non se ne esce più, nemmeno quando facciamo i capricci è lì che aspetta.

Il marito prese in consegna il quadro e dopo averlo guardato disse alla moglie: “vò, cangioim la crnoic d deffour i la mttoim ieun du stess claur d lo mobbl”. Altomare si rivolse al sacerdote: “don Antò, scusatl, marittm ià d l’alfabbeit”. E la risata sciolse la tensione. Don Antonio diede la benedizione al quadro e alla coppia, invitandosi alla casa per il primo rosario con i familiari. E il marito concluse: “don Antò, T facioim assaprè l taradd: mgghierm lo soip fè bunn”.

domenica 31 Maggio 2020

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Annalisa Frisardi
Annalisa Frisardi
3 anni fa

Un racconto bellissimo!

Giovanna Melillo
Giovanna Melillo
3 anni fa

Semplicemente straordinario!!!