É successo sabato mattina: passeggiavo lungo le strade del quartiere chiacchierando al cellulare con una cara amica e ho assistito a una scena scioccante. Una coppia, giovanissimi, percepisco la tensione: lei lo allontana, lui grida «Non mi devi mettere le mani addosso» e le tira quattro manrovesci, uno dopo l'altro. Poi si allontana. Lei impietrita, io impietrita. Non sapevo che fare, ho chiamato la Polizia di stato seguendo a distanza la ragazza, per verificare anche se lui sarebbe tornato e cercare di capire quando eventualmente avvicinarmi e dirle che le ero vicina. Lei ha girato l'angolo e non l'ho più vista, suppongo abiti in zona.
Oggi non si parla di scarpe rosse, non è il 25 novembre, nei giorni scorsi la stampa e i social si sono concentrati su Sanremo, sulle dichiarazioni di Beatrice Venezi "direttore" e non "direttrice", su Achille Lauro e Fiorello e le loro provocazioni, il loro capovolgimento degli stereotipi molto ardimentoso: e io ho continuato a pensare a quella ragazzina, alla violenza dirompente di cui è stata vittima. Alla sensazione di inferiorità che pervade chi subisce una violenza, a tutte le spine che circondano il cuore sanguinante.
La giornata internazionale della donna nasce da atti di violenza, di sopraffazione: quante sono ancora le donne che scontano un atteggiamento di prevaricazione sociale quando si tratta di scegliere della propria vita, privata e lavorativa? La storia ha ricostruito l'episodio che tutti citano, spesso con errori, a proposito della Giornata Internazionale della donna. A New York, il 25 marzo 1911, un incendio scoppiò alle 16.40 all’ottavo piano e si propagò rapidamente nei due piani superiori del palazzo della Triangle Shirtwaist Company: le vittime, di origini italiane ed ebree, perlopiù di età compresa fra i 13 e i 22 anni, morirono bruciate o per le gravi ferite riportate nel tentativo di lanciarsi dal palazzo in fiamme. Secondo la legislazione statunitense, le fabbriche dovevano adottare misure di sicurezza come scale e uscite antincendio, che tuttavia mancavano nel palazzo Asch o erano ingombre o sprangate. I superstiti, le cui testimonianze furono raccolte a 50 anni dalla tragedia da Leon Stein nel libro The Triangle Fire, hanno raccontato di come l’uscita di sicurezza fosse stata completamente invasa dal fuoco e di come sia stato impossibile per gli operai abbandonare l’edificio attraverso l’unica via di fuga praticabile, le scale che si affacciavano su Washington Place, poiché le porte di questa uscita erano chiuse. Essi hanno unanimemente supposto che le porte fossero state deliberatamente bloccate dai proprietari della fabbrica, Max Blanck e Isaac Harris, i quali erano soliti tenerle chiuse a chiave per paura che i lavoratori potessero rubare dei materiali o fare troppe pause.Nel corso di una sola mezz’ora, centinaia di operaie persero la vita inghiottite dalle fiamme che divamparono violentissime o soffocate dal fumo; altre accorsero alle finestre dell’edificio nella speranza di ricevere soccorso dall’esterno per poi scoprire che le scale dei vigili del fuoco erano troppo corte per raggiungere i piani più alti.
É tutto collegato: se le donne continueranno a patire il "peso" della storia, se nelle famiglie si sceglierà di delegare sempre alla donna la rinuncia a obiettivi personali, lavorativi o altro, per farle mantenere il ruolo di angelo del focolare, se le ragazze verranno indirizzate sempre verso studi umanistici "perchè così poi potrai avere una famiglia e non lavorare troppo", se i salari non diventeranno equi, se non impareremo e insegneremo il rispetto… la storia e le storie continueranno a ripetersi.