Cronaca

Addio a Carmine Fontana, il pittore e il protagonista di «Mt 25,40»

La Redazione
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Vite in Ballo - Mt 25
In un'intervista per la rubrica "Vite in Ballo" dichiarava: «Bisogna guardare ai propri limiti, saperli riconoscere. I limiti degli altri devono essere solo un metro di misura dei nostri, un mezzo con il quale poterci migliorare»
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È stato ritrovato senza vita questo pomeriggio nella sua abitazione in via Gelso, nel centro storico di Andria, dove da qualche anno viveva solo, dopo esser stato accolto dagli “amici” di Casa accoglienza Santa Maria Goretti a seguito di alcune sventure che, negli anni precedenti, hanno segnato profondamente la sua esistenza.

«Provengo da una famiglia molto in vista di Molfetta, una famiglia nobile. Mio padre è stato un noto medico, fondatore dell’ospedale di Molfetta e direttore della ONMI (opera nazionale maternità e infanzia). Ho sempre vissuto in un ambiente agiato, ero rispettato ed onorato. Ho studiato all’Università di Lettere a Bari e sono stato professore di italiano, latino, storia e filosofia nei licei di Cagliari, Bergamo e Molfetta».

Iniziava così il racconto di Carmine, scritto da Filippo Galentino per la rubrica “Vite in Ballo”, 70enne, pittore e scultore di Molfetta che ad Andria aveva trovato una nuova “dimensione”.

Quel racconto, oggi, lo riproponiamo in memoria di Carmine:

«Insegnavo quando ancora frequentavo l’università, allora era possibile se nel primo triennio si era in regola con gli esami, e nel frattempo coltivavo l’hobby della pittura. Quando tenni la mia prima mostra, a Barletta, un ingegnere si interessò ad alcune mie tele. Non mi ero mai posto il problema della vendita dei miei quadri ma arrivai a vendere un solo quadro al prezzo di un milione e ottocentomila lire, ovvero quel che potevo guadagnare in quasi un anno di insegnamento. Iniziai così a dedicarmi sempre di più alla pittura, fino al punto di lasciare l’insegnamento. Avevo circa 26 anni e scelsi la “libertà”, sapendo di poter contare anche sulla forza economica della mia famiglia.

Mi sposai all’età di 31 anni ed ebbi due figlie.

Vivevo a Molfetta, in quella che dal 1709 era la casa della mia famiglia, un palazzo nobile in cui c’era anche una cappella privata. La carriera di pittore andava bene, iniziai a frequentare i mercati esteri con molte soddisfazioni e discrete entrate economiche.

Il matrimonio è andato in crisi dopo 19 anni al punto da arrivare alla separazione e alla mia decisione di abbandonare Molfetta e trasferirmi a Bari.

A Bari ho vissuto dal 1998 al 2010 prendendo in affitto un locale che per me era casa e studio allo stesso tempo. All’inizio avevo ancora disponibilità economiche che mi permettevano di vivere in maniera agiata, poi, dopo circa tre anni e per alterne vicende, iniziò il declino.

Caddi in una forte depressione, dovuta principalmente alla solitudine e alla mancanza delle persone a me più care. Persi tutti i miei averi e le mie proprietà al punto da non avere più i soldi per pagare l’affitto di casa né per procurarmi da mangiare.

La depressione mi portò per tre volte a rifugiarmi nei fumi dell’alcol, arrivando a bere anche un’intera bottiglia di whisky in una sola sera. Ogni volta però, toccato il fondo, riuscivo a riprendermi, a dominarmi, e a superare queste “cadute”, smettendo totalmente di bere per interi mesi.

Il punto più basso della mia depressione fu nel maggio 2010. Non potevo continuare a sopravvivere in quel modo e decisi di farla finita e togliermi la vita.

Da solo, in casa, ingerii barbiturici e alcol in quantità spropositate.

Alcuni conoscenti, avendo visto la saracinesca del mio locale sempre chiusa, lanciarono l’allarme: fui ritrovato per terra, nudo, in coma, tre giorni dopo il mio tentativo di suicidio.

Fui trasportato all’ospedale Mater Dei di Bari dove dopo 25 giorni ripresi conoscenza e dove restai ricoverato per un mese e mezzo.

Una volta dimesso tornai nella casa/bottega dove abitavo, qualche amico voleva aiutarmi ma mi resi conto che non era più possibile andare avanti così.

A dicembre 2010 lasciai la casa non potendo più pagare l’affitto.

Dopo qualche giorno passato per strada a Bari, ebbi notizia della Casa Accoglienza di Andria e dell’operato di don Geremia, delle suore e dei volontari.

Mi “raccolsero” alla stazione di Andria, intorno alla mezzanotte del 2 dicembre 2010, e mi accompagnarono in una casa, il centro notturno di prima accoglienza “Casa Onesti”.

Ero in condizioni fisiche molto critiche e loro si presero cura di me in varie occasioni, anche a febbraio, quando subii un’operazione per estirpare un cancro intestinale.

Suor Giuliana, Giuseppe, Daniela, Alba, don Geremia erano i miei angeli custodi. Da allora la mia vita è cambiata: ho sentito Dio vicino a me e ora so che non mi abbandona mai.

Sono rimasto a “Casa Onesti” fino a maggio 2012 quando ho deciso di prendere un piccolo locale in affitto, adibito a casa/bottega, dove ora vivo. Riesco ad essere autonomo in tutto, anche grazie all’aiuto di tanta gente che in questi anni ad Andria mi ha conosciuto e accolto».

Carmine continuava a fare il pittore e di tanto in tanto riusciva a vendere anche qualche quadro, unico sostentamento oltre alla pensione sociale.

Carmine è stato anche il protagonista di “Mt 25,40”, il cortometraggio di auguri di Natale dell’associazione Vite in Ballo. Nel filmato hai interpretato allo stesso tempo il ruolo di se stesso e quello di Dio fattosi uomo. Di quell’esperienza raccontava: «Il protagonismo è l’ultima cosa a cui penso. Ho interpretato un personaggio vero, il mio ruolo, quello che mi è capitato nella vita. Il mio senso cristiano mi ha imposto di dare questo contributo, essere utile a diffondere un messaggio, che è già una grandissima cosa. Il Signore dice “non dovete solo pregare, dovete anche agire” e questo è stato un modo per agire, il mio modo per agire, per aiutare magari qualcuno più sfortunato di me.

Il messaggio che vorrei fosse capito da tutti è quello di saper leggere la religione, perché in molti casi il messaggio cristiano non è stato trasmesso in maniera profonda. A catechismo abbiamo imparato dei comandamenti, dei precetti, ma Dio ci chiede di capire quei messaggi non di mandarli a memoria e basta.

Bisogna guardare ai propri limiti, saperli riconoscere. I limiti degli altri devono essere solo un metro di misura dei nostri, un mezzo con il quale poterci migliorare. Solo così si riesce ad avere fede e capire l’operato di Dio, accettandolo come qualcosa di importante e di necessario.

Conoscere i propri limiti e quelli dell’umanità, solo così si riesce a crescere, solo così si riesce a perdonare. È questo il grande insegnamento di Gesù».

Grazie Carmine, le tue opere e le tue parole hanno segnato e segneranno l’esistenza di quanti ti “incontreranno”.

venerdì 25 Agosto 2017

(modifica il 3 Agosto 2022, 20:25)

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Nanny
Nanny
6 anni fa

Questo signore mi sembra di averlo visto almeno Duomo la domenica a messa.Chissà se è /era lui…

Annese emilio
Annese emilio
6 anni fa

Il più grande e sincero amico di giochi