Cronaca

Andriese morì nel cantiere del termovalorizzatore di Torino: chiesto il processo

La Redazione
Antonio Carpini cadde da quasi 30 metri di altezza il 3 marzo 2012. Il 19 luglio udienza preliminare
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La Procura di Torino ha chiesto il processo per sei persone coinvolte, a vario titolo, nella morte di Antonio Carpini, il caposquadra andriese di 42 anni caduto, il 3 marzo del 2012, da quasi 30 metri di altezza nel cantiere per la realizzazione del termovalorizzatore di Torino. L’inchiesta dei pm Laura Longo e Alessandro Aghemo della Procura di Torino riguarda anche il decesso di Cosimo Di Muro, operaio 47enne di Canosa di Puglia, che lavorava per la stessa azienda di Carpini e morì il successivo 31 marzo in seguito a una caduta da 40 metri di altezza. Nel suo caso sono quattro le persone per le quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio; altre cinque finiscono alla sbarra per le lesioni colpose, perché nel secondo incidente altri due operai (il fratello di Cosimo Di Muro, Antonio, e Mihai Lupu, di origine rumena) rimasero feriti. Mentre in due devono rispondere di lesioni colpose per un altro incidente, avvenuto il 28 luglio 2012, nel quale rimase ferito Tadeuz Jankowski.

In tutto sono sette le persone che, il 19 luglio, dovranno comparire davanti al Gup di Torino, Silvia Salvadori.

Antonio Carpini morì – secondo quanto emerge dai capi di imputazione allegati alla richiesta di rinvio a giudizio sottoscritta dai pm di Torino, Laura Longo e Alessandro Aghemo, e dal procuratore aggiunto, Vincenzo Pacileo – durante le operazioni di sollevamento di una ‘mensola rampante’ nella zona del muro Nord della fossa rsu, dopo essere precipitato nel vuoto da un’altezza di 27 metri a causa di un’errata manovra effettuata dal gruista “con conseguente rovesciamento della mensola rampante e precipitazione nel vuoto di Carpini, che rovinava al suolo, riportando lo sfondamento della teca cranica che ne causava il decesso immediato”.

Per questo caso la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di sei persone per omicidio colposo: Antonio Zaccagnini (nella vesta di datore di lavoro delegato dalla società Cnim Sa, impresa affidataria dei lavori in forza di un contratto d’appalto stipulato con la Trm per la realizzazione del termovalorizzatore); Raimondo Montanari (datore di lavoro delegato della società CoopSette, capogruppo delle imprese costruttitrici), Carlo Asperges (coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione); Maria Vania Abbinante (coordinatore in fase di progettazione); Furio Saraceno (nella veste di dirigente, responsabile del cantiere ‘Trm realizzazione del termovalorizzatore); Nicola Angona (amministratore della Edil Due, impresa subappaltratice dalla CoopSette, per la quale lavoravano sia Carpini che Di Muro).

Il canosino Cosimo Di Muro morì il 31 marzo 2012, nemmeno un mese dopo, mentre si trovava su una mensola speciale rampante a 40 metri di altezza e “a causa dell’improvviso distacco della piattaforma dal muro, precipitava al suolo, riportando lo sfondamento della teca cranica che ne causava il decesso immediato”. In quattro (Zaccagnini, Asperges, Abbinante e Angona) devono rispondere di omicidio colposo, oltre che di lesioni colpose in relazione al ferimento degli altri due operai, avvenuto nel corso dello stesso incidente.

Per l’incidente del 28 giugno 2012, sono imputati per lesioni colpose Asperges e Gian Mario Brau, amministratore unico della Somit e datore di lavoro del ferito.

Due mesi fa Fabio Carpini, il fratello di Antonio, era tornato a chiedere giustizia, lamentando la “lungaggine giudiziaria” in relazione ai tempi per arrivare al processo dei presunti responsabili della morte del congiunto e anche di Cosimo Di Muro, che aveva assistito ai funerali del collega deceduto soltanto 28 giorni prima.

lunedì 21 Maggio 2018

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