Cultura

Alla cannariut pioic allattè, alla maggabbond pioic cresc l figgh

La Redazione
Ninetta faceva la fame, tranne durante il periodo dell'allattamento perché il marito cercava di farla mangiare per "mettere il latte" che per Ninetta era sempre abbondante
scrivi un commento 20644

U staccoit è uno di quei nomi che la diffusione della lingua italiana avrebbe dovuto mandare in disuso ma che in realtà resiste ancora. Quello che oggi dovremmo chiamare largo torneo (sede peraltro della villa comunale) in realtà nell’immaginario popolare resta u staccoit, cioè una vasta area pianeggiante chiusa in ogni lato da una palizzata (steccato) che serviva a tenere in un recinto le pecore di qualche pastore andriese. Invero la sua funzione primaria era quella di raccogliere le greggi più numerose che i pastori abruzzesi portavano a svernare in Puglia. Andria infatti si trovava lungo la via della transumanza che collegava l’Abruzzo con Foggia e il Salento. Quindi la permanenza delle greggi era temporanea. Le greggi partivano dall’Abruzzo il 29 settembre (festa di san Michele) e rientravano in Abruzzo intorno all’otto maggio, mese interamente dedicato a san Michele: lo ricordano bene i nostri nonni che durante il mese di Maggio si recavano con traini o biciclette a Monte sant’Angelo. Lo testimoniavano le penne colorate con le quali guarnivano appunto i modesti mezzi di trasporto e il venerdì santo anche le grandi croci che i giovani andriesi portavano in processione. La confidenza con i pastori alimentò anche lo scambio mercantile: da essi gli andriesi impararono l’arte della trasformazione del latte (certamente non a livello industriale come oggi) e l’uso della lana sia per creare capi di abbigliamento e soprattutto per riempire i materassi, quelli che se lo potevano permettere ovviamente, gli altri si accontentavano degli scarti. Noi Andriesi facemmo fortuna vendendo a loro “la tela di Andria” molto usata in Abruzzo ancora fino a qualche tempo fa per il corredo delle giovani spose.

Quando finì la transumanza a piedi (perché i pastori cominciarono a usare i camion per trasportare le pecore e da noi i pastori si ritirarono sulla murgia), u staccoit rimase “disoccupato”, del che approfittò l’aristocrazia andriese che lo strutturò per le corse dei cavalli o, spesso degli asini. Nacque allora un’altra esigenza: la fiera del bestiame che fu accorpata ai primi giorni della fiera Andriese. A questa fiera fu destinata la zona attualmente occupata dalla pineta fino a piazza Maraldo. Infatti lo stadio realizzato a metà degli anni Trenta delimitò la grande area che formava u staccoit. Proprio nella zona dell’attuale via Davilla c’era una specie di masseria dove si allevavano un po' di animali di varia natura. Il prodotto più venduto erano le uova, quasi sempre calde appena espulse dalle galline: erano molto richieste queste uova perché venivano date crude ai figli debolucci che dovevano sostenere un esame o anche al marito se si prevedeva una giornata faticosa. Fatti due piccoli buchi alle estremità l’uovo veniva succhiato e il beneficiario acquistava le forze. Come colazione poteva anche bastare.

Siccome la caratteristica era quella di essere calde (quindi fresche) capitava, a volte, che l’uovo si trovasse sodo. Infatti le uova invendute venivano immerse nell’acqua calda. Se la signora le trascurava un po' ecco che le stesse si cucinavano. Le proteste non servivano a niente perché uova in giro non ce n’erano e quindi lì dovevi tornare.

La signora si chiamava Ninetta e faceva una vita sacrificata, fatta di lavoro e povertà. Tranne la sera che aveva modo di intrattenersi con il marito dando vita a sette figli, che erano la gioia della famiglia ma restringevano le porzioni di pasta e di pane. Ninetta faceva insomma la fame, tranne durante il periodo dell’allattamento perché il marito cercava di farla mangiare per “mettere il latte” che per Ninetta era sempre abbondante. Quando la sorella seppe di questa abbondanza, lei che nonostante avesse da mangiare non riusciva a produrre il latte per i figli, decise di rivolgersi a Ninetta perché “allattasse” anche i figli suoi. Preoccupazione anche della sorella era quella di farla mangiare bene e in abbondanza perché potesse soddisfare le esigenze alimentari del figlio di due bambini. Ninetta si viziò diventando “cannariut”: voleva sempre mangiare. Tanto che quando si diffuse la voce che Ninetta produceva molto latte furono diverse le donne che al momento opportuno la contattavano per allattare i loro figli. Ninetta capì che poteva essere una fonte di guadagno e così scelse l’allattamento come mestiere. Era nata la figura della “mamma di latte” molto diffusa in Andria dopo la guerra.

Girando per le case Ninetta non solo mangiava nelle case ospitanti ma si faceva anche pagare con prodotti che portava a casa per alimentare i propri figli. Le donne che la ospitavano non la chiamavano per nome o come “mamma di latte” ma molto più sbrigativamente la Cannariut. Una delle sue clienti  era una certa Sabina: una giovane mamma al terzo figlio. Il marito era barbiere e aveva orari contingentati per la pausa pranzo dovendo subito rientrare in bottega. Sabina si lamentava sempre con Ninetta che i figli le davano fastidio, non le consentivano di sbrigare le faccende di casa e fare trovare tutto pronto per il pranzo. Un giorno Ninetta, che abitava poco distante, disse: “se vuoi gli altri due me li porto a casa dopo aver dato la poppata al terzo: tanto io ho un bel giardino chiuso e i bambini possono stare a giocare tra loro. A mezzogiorno te li riporto indietro così il padre li trova qui”. “Nanziamè, rispose Sabina, i figli sono i miei e me li devo custodire io”. “Brava, disse Ninetta, fossero tutte come te le mamme, i figli crescerebbero molto bene”. La vicenda sembrò chiusa. Ma le donne molto spesso non sanno contenere i movimenti della lingua e siccome a Sabina piaceva passare il tempo a chiacchierare con le vicine e spesso anche con le passanti, le scappò di confidarsi con un’amica chiacchierona come lei. L’amica un giorno interruppe bruscamente la conversazione per scappare a cucinare al marito. Sabina subito le confidò il suo trucco: quando vedeva rientrare il marito le bastava dare un pizzicotto al culetto di un figlio che questi si metteva a piangere. Appena entrava il marito lei dava in esclamazioni: “froit muie, è da stamatoin ca ste semb a chiang”. Così non solo giustificava il suo ritardo in cucina ma veniva anche cmbiatiut  (compatita) dal marito che, sia pure stanco, l’aiutava a preparare la tavola. La farsa finì quando la figlioletta di tre anni al ritorno del padre gli disse: “Papà, perché mamma quando torni da sempre i pizzicotti?” E così venne la fest du scmmuggh con il marito che tavlscè bella bell la mgghier.

Di qui il detto alla cannariut pioic allattè, alla maggabbond pioic cresc l figgh.

domenica 11 Aprile 2021

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti