Cultura

Tonio l’ammulafurce

Vincenzo D'Avanzo
La seconda parte del racconto
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Riassunto prima parte: dopo le peripezie per conseguire la licenza media aiutato dal parroco don Moccia, Tonio si mette in proprio facendo l’ammulafurce fino a quando entra in una merceria. Qui si innamora della figlia della proprietaria tanto che cominciarono quindi a pensare al matrimonio quando una nuvola nera si affacciò all’orizzonte:

per Tonio era giunto il momento del servizio militare. Scadenza che poteva sconvolgere la vita della nascente famiglia. Il ragazzo era sempre più ansioso e nervoso tanto che la ragazza se ne accorse e gli chiese spiegazione. Tonio fu costretto a raccontare il motivo della sua preoccupazione. La ragazza scoppia a piangere: a nulla valsero le assicurazioni di Tonio che le sarebbe rimasto fedele. La ragazza aveva paura di perderlo ma anche di un possibile dissesto del negozio. La sua assenza per un anno e mezzo poteva risultare fatale per l’attività commerciale. Ma il pianto si dice che faccia bene. Infatti mentre piangeva si ricordò della moglie di un maresciallo dei carabinieri che andava spesso a fare la spesa al negozio. Lei l’aveva sempre trattata bene anche per rispetto al marito. Senza dire nulla la domenica successiva va a Messa alle 11 sapendo che lì avrebbe trovato anche questa sua cliente. E così fu: solo che la sua cliente era con il marito e lei si vergognava di parlare con il militare. All’uscita dalla chiesa li seguì per un tratto di strada. Appena vide che il maresciallo si era fermato a parlare con alcuni uomini prese il coraggio a due mani e si avvicinò alla signora chiedendole se poteva approfittare della circostanza per un favore. La signora immediatamente aderì avvisando il marito che si allontanava un momento. La ragazza in fretta e furia racconta il problema. La moglie del maresciallo le rispose che il servizio militare era obbligatorio e che il marito poco avrebbe potuto fare. La ragazza si aggrappò a quel poco: “Signò, dill ca c’rr picc u facess bunn”. La moglie del maresciallo rimase colpita dalla insistenza della ragazza e le promise che ne avrebbe parlato. “mttess u cour” disse la ragazza allontanandosi. Il maresciallo riprese sottobraccio la moglie per la passeggiata e per prima cosa le chiese chi fosse quella ragazza e cosa volesse. La signora raccontò il fatto cercando le parole più persuasive, ma il marito reagì con nervosismo. Ne parlarono durante tutta la passeggiata con la moglie a decantare la bontà dei due ragazzi. Ma il marito fu deciso: “chiamala e dille che non si può fare niente” disse alla fine. “Vabbene, la chiamo domani”. Quando una donna prende tempo vuol dire che ha altre cartucce da sparare. In effetti la sua perorazione continuò per l’intera giornata fino a quando il marito si chiuse nel silenzio. Quando il marito non risponde più alla moglie vuol dire che ha deciso di obbedire. Non si dice che le donne ne sanno una più del diavolo? La storia che la moglie gli aveva raccontato aveva colpito la sua sensibilità. Durante la notte gli apparve la soluzione: il giorno dopo fece chiamare il ragazzo e gli disse di farsi fare dal medico un certificato anche generico di problemi respiratori e di portarlo al distretto militare quando sarebbe andato per la visita. Il buon maresciallo si fece premura di far arrivare una parolina al medico che lo avrebbe dovuto visitare, suo grande amico. Alla visita risultò che “una macchia si intravedeva al polmone sinistro” pertanto il ragazzo non era idoneo al servizio militare. Tonio alla notizia fu felice e corse a dirlo alla fidanzata. Il giorno dopo insieme andarono dal maresciallo per ringraziare e chiedergli cosa potesse fare per disobbligarsi. Il maresciallo rispose: non voglio niente perché altrimenti la gioia di averti fatto un piacere svanisce, ma ti devo anche dire di fare attenzione: la macchia ai polmoni c’è veramente, fatti curare. Una macchia al polmone! Tonio e la ragazza pensarono subito al peggio. Tonio andò dal medico della Mutua che gli diede una cura (?): proviamo, disse. Al ragazzo quel “proviamo” non piacque affatto e strappò la ricetta. La ragazza andò dalla dottoressa di famiglia la quale appena sentito il fatto le disse che era meglio non sposarsi perché, ammesso che sopravviveva il fidanzato, le conseguenze potevano essere gravi anche su eventuali figli. Stordita dalla notizia infausta la ragazza cominciò a raccontare il fatto ai medici che incontrava e ai parenti per chiedere consiglio. Lei non voleva staccarsi da Tonio ma aveva l’inferno dentro e più ne parlava più si attizzava il fuoco.

Una sera la mamma dopo cena si mette a parlare con la figlia: “uagnè, crrò si dciss?” Chiese perentoria con la sensibilità dell’elefante. Nessuna sorpresa, era la maniera con cui le mamme di una volta trattavano i figli. Era il modo rude per manifestare l’affetto. La figlia scoppia a piangere. Alla fine disse: io me lo sposo lo stesso. La mamma a questo punto si alzò in piedi e, mettendo una mano sulla testa della figlia a mò di benedizione disse: c l vù bbein va bbein, poue saupa a niue stè u Padrtern ca vait i pruvvait. Il giorno dopo la ragazza comunica la decisione al fidanzato il quale per tutta risposta si rivolse alla suocera e chiese: l pozz dè nu vois? Al che la suocera rispose: vò, so allassoit la tianedd saup au fugh, e scappò via. Dopo la valanga di baci Tonio disse: so cntent ca m spus, però voggh ca a da stè tranquill. E le raccontò che aveva saputo che saup a la chiazza nouv stava il dispensario dove lavorava un medico molto bravo, andiamo insieme a parlare.

Il direttore del dispensario era il dott. Marano il quale li ricevette con il bocchino e la sigaretta accesa. Il medico sentì il loro racconto poi visitò per bene il ragazzo e alla fine sentenziò: non ci sono grossi problemi l’importante è che non fumi: la macchia è il residuo di una pleurite non curata. Dorme, basta non svegliarla. E il medico posò il bocchino sul posacenere per cambiare la sigaretta. La ragazza lo guardò stranita poi disse al fidanzato: ehi! Tramindm ind a d’occhr: tiue sì mè fmoit? No, rispose Tonio. Poi si rivolse al medico: dottò è oveir cherr ca si ditt? Marano allontanò dalla bocca il bocchino e stava per rispondere si ma la ragazza lo precedette: dottò, a r sigarett penz ioie. La differenza tra un uomo e un grande uomo è che il secondo coscientemente sfida la sorte. Il dott. Marano prende la ragazza in disparte e le chiede: siete innamorata del ragazzo? Alla risposta affermativa la riconsegnò a Tonio e disse: “voi sposatevi e io, per dimostrarvi la validità di quello che ho detto, vengo a fare da testimone, tu però mi devi giurare che non devi mai fumare”. Parole autentiche. Nel salutarsi la ragazza fu abbracciata dal medico e poi subito disse: dottò, nan si abbrazzann a Tonio, angocch u fium d Sgnrei vè ind al plmiun! Al sorriso di Marano aggiunse: ca sgnrei p chess sigarett! Facendo un gesto di disappunto. Marano non trovò una risposta pronta prima che i due lasciassero la stanza. Così fu: i due ragazzi si sposarono, Marano andò a fare da testimone e ancora oggi vivono felici con la sua ragazza diventata moglie e i figli che hanno completato la famiglia. Quando un medico esercita con serietà la sua professione spesso ha ragione e a volte cambia la vita.

Tonio ampliò l’attività di famiglia facendo il doppio lavoro: il negoziante e l’ammulafurc fino a quando non furono costretti a vendere l’attività. I tre figli si erano laureati ma furono costretti ad andare lontani per trovare lavoro. Il narratore osserva che è una brutta società quella che per consentire il lavoro deve smembrare la famiglia, unico capitale non cedibile. Per potersi godere i figli e soprattutto i nipoti Tonio e la moglie furono costretti anche loro a migrare da uno all’altro. Tuttavia la madre di Tonio su una cosa era stata irremovibile: a san Riccardo dovevano stare tutti in Andria sia per la festa che per la vendemmia.

Il marito si divertiva a fare il cantastorie. Era tradizione infatti che alla vigilia della festa di san Riccardo i più anziani salivano su una sedia ai crocicchi delle strade e raccontavano la storia del santo Patrono. Chi lo faceva in italiano, chi in dialetto, l’importante era che tutti ricordassero la storia del loro santo.

Vinm ad aitè, spirt Paracleit – datm la sapienz i u fioit- fatm la grazie c ptoit. Ioie parl i viue m capscioit – d chessa grazie ca v so crcoit – ca la menda maie nan s sbaglie:- d sand Rccard vò parlè – ca iaie u nost protettour, ca venn la città d Iandre a salvè.

Il padre di Tonio ci aveva preso gusto e quando si riunivano in famiglia o partecipava a un matrimonio a lui toccava raccontare qualche storiella presa dai racconti dei paladini di Francia che magari aveva visto agli spettacoli delle marionette. Nel frattempo il padre aveva venduto tutti i terreni, ma si era lasciato un piccolo appezzamento coltivato a vigneto e quindi si approfittava della presenza di tutti per andare a vendemmiare e fare il vino per tutta la famiglia.

Tonio per devozione verso il padre cominciò anche lui a raccontare le storie di Andria prima nelle case dei figli. Poi la voce si diffuse e i meridionali che erano andati a lavorare lontano dalla loro città cominciarono a riunirsi per sentire Tonio raccontare di san Riccardo e man mano anche gli altri delle tradizioni dei loro paesi di origine. Il narratore si domanda spesso: perché si deve essere lontani per apprezzare le cose di casa?

Uno dei figli era a Torino e Tonio aveva saputo che don Ciro Moccia si era trasferito a Torino. Incaricò il figlio di rintracciarlo perché gli sarebbe piaciuto salutarlo. Il figlio andò in curia, poi al comune. Alla fine seppe che quello che era stato sacedote era morto. Tonio volle andare al cimitero a portargli un mazzo di fiori. Quando fu sulla sua tomba gli venne da piangere. La moglie gli chiese perché tanta emozione e Tonio guardando il figlio disse: ci sono uomini che senza saperlo ti cambiano la vita. A questi uomini dovete gratitudine eterna.

domenica 15 Ottobre 2017

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