Cultura

​Lo scherzo di mba’ Giuann

Vincenzo D'Avanzo
Non c'è matrimonio dove non si piange, non c'è funerale dove non si ride
scrivi un commento 17294

Mbà Giuann i cumà Sppodd erano sposati da sette anni. Mbà Gioann andava in campagna e diverse volte vi rimaneva per l’intera settimana. “Ogino Knaus” era personaggio sconosciuto a quei tempi, anche perché impronunciabile e in ogni caso non sarebbe servito a nulla perché dopo una settimana di “digiuno” al ritorno in famiglia mbà Giuann non poteva sentire ragioni n’è c’era tempo per precauzioni. Questo spiega perché le famiglie erano numerose. I mbà Giuann n’avev arrngoit gè quatt figgh i piure masqul.

Proprio quando era nato il quarto (tutti maschi) la moglie gli disse: uagnà, calmt nu picc ca ioie nan la fazz gè p quatt. Il marito rispose a tono: Vabbein, ma nan t si lamndann c poue sbagl litt. Al che la moglie non seppe cosa rispondere e si predispose all’irreparabile. Dopo un paio di mesi la donna comunicò al marito che il ciclo era saltato. Il marito la prese in braccio contento: p sett mois n ptoim dvertuie. Contento lui, preoccupata lei che doveva riprendere il calvario della gestazione con la suocera che dava consigli perentori mentre la mamma faceva sempre più fatica ad aiutarla. Ogni problema determinava un consulto tra le comari del vicinato ognuna delle quali dava consigli sulla scorta della propria esperienza. Di medici inutile parlarne. Tott ievn mammoir. Per sapere il sesso del nascituro si guardava la rotondità della pancia. E manco su quello riuscivano a mettersi d’accordo. Un giorno cumà Sppodd venne a sapere che una comara doveva andare da Maria di Ortanova per una consulenza all’ombra della incolpevole Madonna dell’Altomare. La poveretta voleva sapere se il nascituro sarebbe stato femmina nella speranza che il marito, avendo avuto finalmente la figlia femmina, potesse calmarsi. Di nascosto riuscì a racimolare cento lire, le diede alla comara e disse: dall p mmaie a la Madonn i addmann c ià femmn. La comara eseguì la richiesta ma Maria d’Ortanova, incassata l’offerta, vaticinò: al 50% è femmina. Cumà Sppodd quando ebbe la notizia fu contenta. Nella sua ingenuità per lei era una buona notizia avendo avuto prima 4 maschi e lo disse al marito: chessa fess, cià t rà ditt? Lei non poteva dire la fonte e disse al marito che l’aveva sognato. E il marito sarcastico: Nan avè crait a sunn. U ptiv addmannè a maie. Pcchè piur tiue r sapiv? Chiese la moglie. E il marito, infierendo: ma alla scoul si sciut? Soin, scibb ad ambarè cumà s rcoim. E il marito chiuse il discorso per non umiliarla. In realtà la poverina a scuola non c’era mai andata e il ricamo l’aveva imparato dalla signora di vicino. Quella signora che insieme al ricamo insegnava alle ragazze pillole di vita: mi raccomando, diceva, ai mariti si deve sempre obbedire. Il che p Sppodd non era un grosso problema essendo il marito assente quasi tutte le settimane.

La poverina, tuttavia, con il passare dei mesi arrancava a tenere a bada i quattro figli più quello che nella pancia cominciava a scalciare. Un giorno si permise di chiedere aiuto alla suocera che ogni settimana andava a informarsi sull’andamento delle cose. La suocera replicò secca: tocc a mamt aitart, ioie sond alla vann du mascque. Comunque quann s ste incind r servezie fann bunn pcchè t tein prparoit p quann à da sgravè. In pratica disse alla nuora: il lavoro fa bene perché tiene sciolti i muscoli e al momento del parto tutto diventa più facile. La signora del ricamo non aveva detto di obbedire anche alle suocere, ma Sppodd l’aveva capito da sola e alla suocera non chiese più nulla. Continuò a fare i lavori in casa, accudiva ai figli, lavava i panni con la strcataur e andava persino a riempire l’acqua alla fontana con la pancia che ormai le faceva strada. La maledetta suocera aveva ragione: fu mentre stava lavando i panni sul marciapiede di casa che ebbe le doglie. E fu una fortuna perché le donne che stavano vicino chiacchierando immediatamente la soccorsero e appena adagiata sul letto lei partorì una bella bambina che le donne immediatamente pulirono, fasciarono su indicazione di Sppodd e la adagiarono a fianco nel letto. Nemmeno la mammoir fu necessaria. D’altra parte le donne avevano più di un parto nella loro storia e quindi l’esperienza aiutò molto.

Festa grande quando tornò il marito tre giorni dopo. Sppodd stava spazzando il marciapiede. Appena lo vide gli andò incontro ma lentamente. Il marito subito la redarguì: uagnè, attenzioun a u vend! E lei finalmente sorrise: nan s vait ca ste vacand? E subito portò il marito a vedere la bambina adagiata in una specie di tinozza rettangolare di legno che fungeva da culla. Si vist ca u sunn moie ieva giust, iai na bella mnenn. Il marito non volle replicare intento com’era a sbaciucchiarsi la figlia.

La sera di quel sabato approfittando della presenza del marito si presenta alla casa di Sppodd la bizzoca della parrocchia per chiedere se dovevano fare subito il battesimo. Il marito disse che avevano bisogno di un po’ di tempo perché volevano fare una bella festa. Allora la bizzoca disse: ho portato un po’ di acqua santa, stasera la battezziamo in casa e poi dopo fate il battesimo in chiesa, nanziamè nu krr krr s trouve batscioit. Non era un cattivo augurio. Si usava spesso allora, lo faceva a volte la stessa mammoir, recitare la formula essenziale del battesimo ai bambini appena nati essendo molto alta la possibilità di morte nelle prime settimane di vita. Senza battesimo in caso di morte non poteva diventare angelo. Marito e moglie avvertirono la bizzoca che loro non sapevano leggere e quindi doveva essere lei a recitare le parole, cosa che la bizzoca fece volentieri. Taralli e vino per festeggiare subito.

La mamma non poteva permettersi la babysitter (allora proprio non esistevano), di conseguenza se era costretta ad allontanarsi da casa si rivolgeva Su in alto. I figli erano piccoli e quindi inaffidabili. Un giorno doveva andare al mulino a prendere la farina, si rivolse alla figura di san Nicola che aveva nella cornice con i nonni morti: sanda Ncoule moie, tinnamill nzoin quand vaik i veng da u mloine. E quando doveva andare alla chiazz ecco ancora la preghiera a san Nicola: sanda Ncoule moie, tinnamill mbrazz fing ca vaik i veng da la chiazz.

Un giorno, forse perché presa dalla fretta aveva dimenticato di avvisare san Nicola, in sua assenza i figli piccoli andarono a giocare con la sorellina, la fecero cadere e la poverina battendo la testa morì. Potete immaginare i pianti della mamma al ritorno per il dispiacere della morte della figlia (anche se non era una tragedia avendo già altri quattro figli ed essendo in età per metterne in cantiere altri) ma soprattutto perché doveva dirlo al marito, che proprio quel giorno tornava, motivo per il quale era uscita a fare la spesa. La poveretta andava avanti e dietro nella stanza e quando passava davanti alla immagine di san Nicola esclamava: ca tiue! Quasi a scusarsi per la raccomandazione non fatta e rimproverarlo per non aver vigilato lo stesso. Alla fine trovò la scusa che le stava a fare il bagnetto, per non stare abbassata aveva messo la tinozza sul tavolo e a causa del sapone le era sfuggita di mano e cadendo aveva battuto la testa ed era morta. In questo modo avrebbe evitato di coinvolgere anche i figli. Avvisò la comara di vicino di tenersi pronta per la eventuale testimonianza ma non ce ne fu bisogno perché il marito stanco per la settimana in campagna le credette subito esclamando nella Fede antica: moue tnoim n’ang’licch ca n tramend da u paravois. Il narratore non sa dirvi se pensasse anche a future “corrispondenze di amorosi sensi”. Ma la Fede era sincera.

Il marito dopo aver aiutato la moglie a vestirla con il pagliaccetto nuovo e a metterla a letto coprendola con il migliore lenzuolo merlettato, mandò il figlio più grande ad avvisare il parroco per la benedizione della salma; poi diede disposizione alla moglie di preparare la cena per festeggiare la nascita dell’angelo mentre lui inforcata la bicicletta andò ad avvisare i parenti più stretti per la veglia e tutti quelli che incontrava per i funerali. Quando tornò disse alla moglie di preparare per nove perché si era limitato a invitare per la sera la sorella di lei con il marito, i due fratelli suoi con le relative mogli e uno avrebbe portato il figlio. Di ritorno aveva comprato un po’ di frutta secca da una bancarella. Pregò la moglie di mettere subito a dormire gli altri figli per non fare chiasso. La moglie organizzò subito la tavolata con fichi secchi, mandorle, noci, salatidd, una bella frittata di verdura e al momento il marito avrebbe cucinato spaghetti al pomodoro per tutti. La moglie doveva stare vicino al letto a vegliare. La sera prima arrivò la bizzoca per il rosario, poi arrivò il sacerdote che diede la benedizione e disse qualche parola per consolarli. Appena andati via il prete e la bizzoca cominciano i preparativi per la tavolata e, come preventivato si misero a cucinare gli spaghetti. Al momento di scodellare la pasta ecco entrare cinque persone del vicinato che si erano affacciati per esprimere la loro partecipazione al dolore. La moglie offre la ospitalità e siccome la tavola era a vista pregò i nuovi arrivati di fermarsi con loro, sicura che questi avrebbero rifiutato. Panico generale quando questi invece si accomodarono. Gli uomini andarono subito in cucina ad avvertire il marito che stava scodellando gli spaghetti: crrò facioime, amma couc l’olta past? No disse il padre, chess s scouce i l’amma sc’ttè. Mò penz ioie. Mise tutti gli spaghetti nel piatto d ferrofus di portata, ci versò il pomodoro e lo portò fumante al centro tavola. Ci addaur, dissero tutti in coro avvicinandosi alla tavola. Il padre della bambina disse di aspettare perché doveva tornare in cucina a prendere il forchettone: qui ruppe un uovo, mise tra le dita l’albume e tornò sul piatto e facendo finta di soffiarsi il naso con le dita lasciò cadere l’albume nel piatto. Ovviamente le donne fecero la faccia delle schifate e si allontanarono dalla tavola, gli uomini, che conoscevano il trucco dissero in coro: ià pccoit a sc’ttè la past. Si riempirono il piatto e mangiarono tutto con appetito.

Finito il lauto pasto qualche bocca maschile non riuscì a restare chiusa e si scatenò una bagarre tra maschi e femmine. Non c’è matrimonio dove non si piange, non c’è funerale dove non si ride. La notte passò veloce fino a quando diventarono seri per dare dignitosa sepoltura alla bambina. Dopo tre mesi la pancia d Sppodd cominciò a ingrossarsi di nuovo. Per fortuna dopo cominciarono a diffondersi le macchine per andare e tornare dalla campagna in giornata e i televisori p sbambè u timb.

domenica 22 Ottobre 2017

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Riccardo Musaico
Riccardo Musaico
6 anni fa

bravo Vincenzo! ci hai regalato un sorriso e rinfrescato la memoria.Buona domenica.

Nicola Di Gennaro
Nicola Di Gennaro
6 anni fa

Ho cominciato a leggere per curiosità, m'immedesimavo nei tempi e nelle parole, ho riso tanto….. frasi nostre, in vernacolo andriese…… “Nu krr krr!” Che bello! Grazie Vincenzo!

Lino
Lino
6 anni fa

La parola più bella di questo racconto, che avevo dimenticato “sgrave'”