Cultura

L’uomo che la Provvidenza…

Vincenzo D'Avanzo
Io non so se Federico abbia veramente amato Andria, ma per una di quelle capriole della Storia egli ha lasciato in eredità alla città non solo un monumento impareggiabile ma anche una nuova cultura umanistica
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Al sindaco piaceva il popolo e quando lo convocava preferiva starci in mezzo. Quel mezzogiorno del 13 settembre 1987 c’era un sole spettacolare sulla collina del Castello, eppure un brivido percorse la sua schiena. Come al solito prima di ogni evento egli faceva il sopralluogo di verifica. Quel giorno chiese un passaggio all’arch. Italo Moggioli; da tempo, infatti, egli non usava più la macchina del comune per molte ragioni. Appena arrivati sul castello gli va incontro l’assessore alla cultura: una tragedia, disse, i vigili del fuoco non ci vogliono dare il nulla osta di stabilità della grande piazza costruita lungo la collina del castello. La Relco, che stava curando l’organizzazione, aveva realizzato il palco per la manifestazione davanti all’ingresso principale del castello in modo da avere una scenografia spettacolare per le riprese televisive: “la piazza per il popolo” lungo il pendio della collina con ardite palafitte in legno raggiungeva la strada. La piazza doveva contenere 5 mila persone: tanti erano i biglietti venduti per l’Ottagono d’argento in tutta la Puglia e la Basilicata: c’era una delegazione con il sindaco di Aquisgrana e di Iesi, una delegazione da Milano, Oria e Troia (città federiciane), il cardinale Ursi, il giudice costituzionale Dell’Andro, il direttore di Rai tre, una delegazione di emigranti in Germania ecc. Il sindaco si sentì crollare il mondo addosso: non c’era modo per porvi rimedio a poche ore dall’inizio dello spettacolo. Con passo incerto si avvicinò ai vigili del fuoco per chiedere spiegazioni e perorare la causa. Ma essi furono irremovibili: nulla da fare, dissero. Noi non autorizziamo lo spettacolo e lei faccia quello che crede. Quando la burocrazia è titubante. Il sindaco, che pure comprendeva le ragioni dei vigili del fuoco, non aveva alternativa. Incombeva una enorme catastrofe economica e di immagine. Ecco, invece, entrare in scena (non l’uomo della Providenza) la persona che non ti aspetti. Entra in scena, infatti, l’arch. Moggioli con la sua competenza professionale. Con la macchina eravamo arrivati vicino all’ingresso del Castello. Chiese a tutti di fare largo, disse ai vigili di posizionarsi ai quattro angoli della piazza e con la macchina prese la rincorsa, accelerò al massimo e appena al centro della “piazza” frenò bruscamente. Scese dalla macchina e chiese ai vigili se avessero notato qualcosa. No, risposero all’unisono. Bene, la manifestazione si può fare, me ne assumo io la responsabilità, disse lo spaccone. I vigili si informarono delle sue conoscenze tecniche e Moggioli diede tutte le spiegazioni. Alla fine i vigili del fuoco diedero l’approvazione, però, scrissero a verbale, per mille posti, non uno di più: voi fate quello che volete, chiosò il capo. Italo capì che la loro era solo prudenza. Dopo che erano andati via disse: sindaco, mettili tutti però raccomanda che non facciano movimenti di massa. A chi lo raccomando, chiese il sindaco. Se faccio un avviso pubblico si scatena il panico e nessuno vorrà sedersi: salta la manifestazione. Moggioli si consultò con i tecnici della Relco che diedero ampie garanzie. Era il momento del coraggio. Il sindaco e l’assessore decisero di non parlarne e di andare avanti. Nel tardo pomeriggio tutti i possessori di biglietti presero posto e si mossero pure, immaginate quando apparve dalla Taverna Sforza il corteo federiciano con cavalieri, dame e armigeri. Nessuno sa però che durante tutta la manifestazione Italo Moggioli e i tecnici della Relco stettero sempre sotto la “piazza” per ascoltare ogni minimo scricchiolio. Il popolo fu di una disciplina e compostezza straordinari, attenti a quello che succedeva sul palco e il sindaco tirò un respiro di sollievo quando tutto finì dopo quattro ore di spettacolo “spettacolare”, scappando ad abbracciare Italo.

Il Cielo fu ancora d’aiuto regalando alla manifestazione un tramonto d’incanto. Ce lo descrisse Isabel Russinova, la presentatrice insieme a Riccardo Cucciola: Cucciolla la chiamò ed ella usci in tutto il suo splendore dal castello e attraversò la passerella collegata al palco tra due ali di figuranti del corteo storico: quando fu al centro della scena stette per un minuto pieno a guardarsi intorno con gli occhi sgranati senza profferire parola e quando Cucciolla la svegliò disse: Mio Dio, che meraviglia! In effetti fu un momento magico: il sole rosso al tramonto, i soldati in costumi medioevali tutti intorno, la nitidezza del panorama, la maestosità del castello, i panorami di Andria e le città costiere, persino il Gargano si fece vivo in lontananza. Terminati gli applausi Cucciolla riprese: grazie per essere venuta, e lei: sono io che ringrazio voi, non mi è mai capitata una scenografia del genere. Rai tre mandò in onda l’intera manifestazione.

“Uno spettacolo vario e di prim’ordine, culminato con la straordinaria partecipazione di Amii Stewart in quel momento al culmine del successo. Il cast, definito dal corrispondente di Puglia di “alta classe”: il recital del soprano Wilma Vernocchi, reduce dalla Scala e dai successi di una tournée americana, un saggio di musica leggera con il famoso trio dei Passengers, la musica classica di Nicola Frisardi, il corpo di ballo (15 elementi) della Ivir Danza con le coreografìe di Renato Greco e il jazz affidato all’orchestra di Ninni Maina “la taverna del gufo” già apprezzata dalla stampa e dal pubblico e composta da 18 elementi”(Puglia, 16.9.87). Quando tutto finì un altro colpo d’occhio: il cielo e la terra formavano un unicum: le stelle in cielo e i tanti punti luminosi delle ville, di Andria e delle città vicine fino al Gargano.

Fu un grande settembre quello del 1987, iniziato già a carnevale con il corteo federiciano della scuola Rosmini e il 12 settembre con l’imponente corteo storico che mobilitò l’intera città: il suo successo fu il frutto di una partecipazione corale dell’intera città tra figuranti, sarti (tutti i costumi furono realizzati in Andria), fabbri, falegnami, vigili e forze dell’ordine. Il comune spese pochi spiccioli perché la manifestazione di autofinanziò. Alla fine l’impegno con i sindaci di Aquisgrana e Iesi perché alla fiera del 1988 ci fosse la compartecipazione dei tre comuni federiciani. Il sindaco lanciò un appello ai suoi concittadini a credere in se stessi e nelle grandi risorse della città: una grande Andria è possibile”. Quando l’anno successivo il sindaco di Aquisgrana scrisse al comune per avere informazioni la nuova amministrazione non rispose. Un sogno si era infranto!

Perché questo ricordo? Ho visto mercoledì scorso il documentario di Alberto Angela su Matera che l’anno prossimo sarà la Capitale europea della cultura e mi ha preso una grande nostalgia. Sarà una occasione imperdibile per l’intero meridione. Quelli che da tutta Europa e non solo verranno a Matera non possiamo immaginare che vadano via senza aver visto Castel del Monte. E sicuramente verranno. Il problema è capire se verranno per un’ora (visitare il Castello, mangiare un gelato – se lo trovano- e andare via) o se riusciremo a farli fermare per qualche tempo per raggiungere Andria e godere delle nostre bellezze artistiche, visitare le nostre chiese rupestri e assaggiare la nostra produzione agroalimentare. La scelta dipenderà da noi, da quello che riusciremo a realizzare per rendere appetibile il nostro territorio, da quello che riusciremo a predisporre per l’accoglienza, dalle manifestazioni che riusciremo a organizzare per rendere piacevole il soggiorno. Io non so se Federico abbia veramente amato Andria. Ma per una di quelle capriole della Storia egli ha lasciato in eredità alla città non solo un monumento impareggiabile ma anche una nuova cultura umanistica tanto che qualcuno oggi sostiene che l’Italiano è nato con Federico e non con Dante. Questo patrimonio siamo chiamati a valorizzare anche perché di quell’umanesimo oggi abbiamo ancora bisogno, si pensi a Federico che parte per fare guerra al sultano e invece realizza la pace.

Siamo sicuramente in ritardo, ma possiamo farcela. Occorre mobilitare tutte le energie disponibili: imprenditori, professionisti, aziende, associazioni, giovani ecc. Tutti possono collaborare, tutti possono dare una mano. Saremo capaci di provarci? L’amministrazione comunale e in particolare il sindaco (che conosce bene l’importanza che può avere il maniero federiciano per la città) possono dare slancio alla seconda parte del loro mandato. Un comitato organizzatore con il meglio della cultura, dell’impresa, dell’associazionismo vario e soprattutto rappresentativo dei giovani può formarsi in breve tempo e mettersi subito all’opera. Gli andriesi, sono sicuro, risponderanno con generosità.

domenica 21 Gennaio 2018

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