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Distretti rurali: dopo 15 anni nessun regolamento. Andria chiede alla Regione di completare il loro riconoscimento e assetto

La Redazione
«Si ritiene fondamentale completare l'impegno legislativo del 2010, per dare vita ad una forma di riorganizzazione aggregativa e di promozione dei territori locali, alternativa ai distretti agro-alimentari di qualità»
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In una nota a firma del Sindaco, avv. Nicola Giorgino, e del Consigliere Comunale delegato alle Politiche Agricole, Benedetto Miscioscia, il Comune chiede che la regione Puglia affronti il tema dei Distretti Rurali.

«Nonostante la Regione Puglia- si legge nella nota inviata al Governatore Michele Emiliano, all’assessore regionale all’Agricoltura, Leo Di Gioia, e all’assessore alle Attività Produttive, Loredana Capone – sia tra le regioni d’Italia ad alta produttività agricola, rimane purtroppo tra quelle che sino ad oggi ha registrato indifferenza nei confronti dell’attuazione del Decreto legislativo 228/2001 che stabiliva di orientare e modernizzare il settore agricolo, definendo ed individuando i “distretti” di interesse del settore primario, distinti in due tipologie: Distretti Agro-alimentari di Qualità e Distretti Rurali.

Ma mentre per i primi, nel 2009, si è data attuazione in seguito all’approvazione della legge regionale n. 10 del 30/04/2009 in seguito all’introduzione dell’art. 15, per i distretti rurali tutto è rimasto nel dimenticatoio.

In realtà, l’approvazione di un regolamento regionale sui Distretti rurali, così come previsto dal Decreto legislativo 228/2001, potrebbe offrire agli agricoltori pugliesi diverse vantaggi, ad iniziare dal riconoscimento della fiscalità di distretto, grazie alla quale si potrebbe determinare un contenimento consistente di tasse e contributi da parte delle aziende aderenti; la possibilità di negoziazione del credito direttamente con le sedi centrali delle banche, scavalcando gli uffici locali degli istituti di credito; l’opportunità di costituire su scala territoriale multi comunale, uno sportello autorizzatorio, tipo SUAP, ma dalle maggiori capacità e possibilità di rilascio di autorizzazioni preventive; la possibilità di poter partecipare a bandi nazionali ed europei, tenuto conto che la configurazione di distretto viene trattata da Bruxelles come “cluster territoriale locale”, con tutto ciò che ne consegue in termini di accesso a risorse finanziarie che vanno oltre il livello regionale e nazionale.

Questo disinteressamento sta comportando un pregiudizio nei confronti dello sviluppo di una possibile e concreta costituzione di realtà che fa riferimento all’identità storica e territoriale omogenea che si distinguono per la produzione di beni e servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali.

Per questi motivi, si ritiene fondamentale completare l’impegno legislativo del 2010, per dare vita ad una forma di riorganizzazione aggregativa e di promozione dei territori locali, alternativa ai distretti agro-alimentari di qualità, per creare una vera sinergia tra le produzioni agricole, il recupero e la valorizzazione delle tradizioni storiche e socio-culturali, ambientali e paesaggistiche, il turismo rurale, la gestione e tutela del territorio, dell’ambiente e del paesaggio, i servizi alle popolazioni e alle imprese del contesto locale. In definitiva, i Distretti Rurali si costituirebbero come soggetto di “governante” territoriale, ovvero di supporto ai processi di pianificazione, crescita e stabilizzazione di un’economia locale che vede nella valorizzazione multifunzionale del proprio territorio su base vocazionale, la sua principale risorsa, che non va ad interferire, assolutamente, con l’attività dei Distretti agroalimentari di Qualità.

Ma a questa possibile opportunità, si contrappone invece – concludono Giorgino e Miscioscia – la scarsa sensibilità ed attenzione mostrata da quindici anni fino ad oggi dai Governi regionali passati che, di fatto, impedisce la possibilità aggregativa dei distretti rurali, rappresentando un’incomprensibile discriminazione tra operatori rurali pugliese e quelli di altre regioni contermini come la Campania e la Basilicata oltre ad una discriminante ipoteca sulle possibilità di crescita e sviluppo dei nostri territori e delle nostre comunità locali, impossibilitate a mettere in campo le richiamate agevolazioni peculiari per i distretti, come facilmente intuibili, fattori vitali da un punto di vista gestionale ed economico aziendale».

mercoledì 26 Ottobre 2016

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