Spalla

La carezza del Papa per Biagio: «Un secondo battesimo, un gesto indelebile»

Pasquale Caputi
Biagio ha 23 anni, è affetto da una malattia rara. Il padre descrive il momento dell'abbraccio. "Il Santo Padre ha chiesto che pregasse per lui"
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Papa Francesco a Molfetta, nel nome di don Tonino. E quindi per amore dei sofferenti, degli ultimi, di chi ha bisogno di una mano e di una preghiera. Quelli come Biagio.

Biagio ha 23 anni, è affetto da una malattia rara. Quasi unica. Trenta casi in tutta Italia. Mosche bianche. Faceva la terza media quando cominciarono a palesarsi difficoltà che progressivamente sono diventate sempre più grandi. Ma ha continuato a lottare con lo spirito di un leone. Anche se le cose non sono semplici. Anche se nell’ultimo anno e mezzo la malattia ha subìto un’accelerazione sotto il profilo cognitivo e motorio.

Biagio venerdì scorso è stato accarezzato dal Papa. Da boy scout qual è, avrebbe voluto essere un volontario, fornire lui un contributo alla riuscita dell’evento. Invece no. Non ha potuto. Ma ha vinto la sua sfida. Dalle 8 alle 14, sotto il sole, in uniforme scout, ha resistito. E ha vissuto con il Papa un momento breve e profondissimo, intimo e speciale. Per lui e per gli altri ragazzi, il Santo Padre ha abbattuto i rigori del cerimoniale. Ha voluto respirare e far respirare l’aria santa della giornata a chi, più di tutti, la chiedeva.

“Papa Francesco si è avvicinato – racconta Leo, papà di Biagio – Ha preso la mano e mi ha chiesto come stesse mio figlio. Gli ho detto che è affetto da una malattia rara, sebbene la rarità sia molto più diffusa di quanto si possa pensare. Sono quelle malattie che non lasciano grandi speranze alle famiglie, difficili per i medici, per i sanitari, per i ricercatori. Gli ho chiesto una preghiera”.

Bergoglio l’ha guardato negli occhi, gli ha detto che avrebbe pregato e poi ha fatto lui una richiesta. È stato un gesto spiazzante, inatteso, stupefacente. Lo stupore di lì a poco è diventato emozione. Pelle d’oca. Cuore che batte. “Alla mia domanda su cosa potesse fare per lui – prosegue Leo – mi ha risposto che Biagio stava già facendo qualcosa. Pregava per il Papa e doveva continuare a farlo”. Un filo sottile eppur resistente. La forza enorme dei deboli a sostegno di gente di sensibilità superiore. Poi ha abbracciato Biagio, l’ha segnato con la croce e si è allontanato.

“È stato un incontro straordinario e inaspettato – dice ancora Leo – coerente con il senso profondo della venuta del Papa in questa città a 25 anni dalla morte di don Tonino. Nel 1993 ero sotto il palco, per il suo funerale, accanto a Guglielmo Minervini. I miei amici allora, pur non avendolo io richiesto, mi hanno fatto un regalo. Mi hanno permesso di assistere alla messa nei pressi del palco e ho sentito il bisogno di dire a Papa Francesco. C’è stata grande sintonia”.

E Biagio come ha risposto? Come ha vissuto quel momento? L’ha interiorizzato o le difficoltà cognitive l’hanno tenuto lontano dalle carezze di Bergoglio? “Sono convinto che abbia vissuto quel momento – conclude Leo – E dirò di più: domenica siamo stati in campagna. C’erano tutti i suoi cugini e stava particolarmente bene. Ha cominciato a riconoscerli e a un certo punto ha nominato il Papa. L’ha citato, come se avesse captato la sua presenza. Quella mano gli rimarrà dentro come secondo battesimo, segno indelebile nella sua vita, da un altare scomodo, pieno di dolore ma anche di gioia”.

martedì 24 Aprile 2018

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