C’era una volta l’avv. Riccardo Mangione. Faceva la politica per diletto ma conosceva bene i politici. Quando fui eletto per la prima volta in Consiglio comunale (Novembre 71) mi “sequestrò” per una settimana nel suo studio all’ingresso di palazzo Jannuzzi per istruirmi. “Stai attento a quei due” mi disse parlando di Gaetano Scamarcio e Franco Piccolo. E così fu. Franco me lo trovai subito di fronte in quanto tutti e due privilegiavamo ruoli politici: lui capogruppo del PCI e io vice di Peppino Colasanto, capogruppo DC. Poi farò il capogruppo sia ad Andria che alla provincia di Bari.
Dell’avv. Piccolo mi colpì subito il rigore logico delle argomentazioni. Poiché Colasanto, ottimo amministratore, non aveva grande dimestichezza con le parole, capii subito che toccava a me fronteggiare il capo dei comunisti. Cosa non facile perché Franco aveva già la sua bella esperienza e io ero un pulcino implume. Dovetti fare uno sforzo immane sia nell’acquisire la terminologia politica, persino nella parte di equivocità che essa ha nella sua natura, sia nella logica espositiva. Insomma mi misi a studiare Franco Piccolo e fu una buona decisione: interpellai i suoi amici che alla unanimità mi dissero che lui si preparava, studiava gli argomenti, si applicava a inventare soluzioni ad ogni tipo di problema, rinunciando a ogni forma di rigidità. Per fronteggiarlo adeguatamente dovevo diventare bravo come lui. Se ci sono riuscito non ha importanza, sta di fatto che nel consiglio comunale calava il silenzio quando parlava lui o parlavo io. Anche quando parlava Domenico Bolognese, ma questa volta più per l’ironia con cui sapeva contornare le sue argomentazioni. Disse una volta Sabino Fusaro, l’usciere presente a ogni consiglio comunale: "sembrate due gemelli che bisticciano in continuazione".
A volte dovevamo alzare la vis polemica per le circostanze particolari che si venivano a creare ma mai è stato compromesso il rapporto personale. In politica ho avuto più rispetto dagli avversari che dagli amici. Nel consiglio comunale non ci sono maggioranze buone o cattive o minoranze serie e meno serie. La validità dell’una è nella forza dell’altra e viceversa. La maggioranza non governa bene se non ha una agguerrita opposizione che le “conta i peli” giorno per giorno. Noi non ci siamo perdonato nulla. I confronti in consiglio comunale erano veri e molto spesso fossimo maggioranza o opposizione eravamo contenti di cambiare opinione nell’interesse della città. Se i consigli comunali spesso vedevano l’alba era per la passione che tutti ci mettevano specie nelle famose riunioni dei capigruppo dove partecipava anche l’opposizione e il confronto si faceva serrato. Se poi si andava insieme a prendere un pezzo di focaccia non era perché ci eravamo messi d’accordo ma perché si era trovato la sintesi a un livello superiore.
Spesso sia io che Franco dovevamo sopportare le decisioni dei gruppi che magari non condividevamo pienamente, però avemmo tutti e due una breve occasione per dimostrare cosa ci frullava in testa. Quando lui fece l’esperienza sindacale per la prima volta il consiglio comunale fu chiamato a “programmare”: nacque nel novantaquattro il programma di edilizia scolastica e fu una fortuna perché successivamente finanziato dal decreto Falcucci per l’intero fabbisogno nel 1986 e il progetto generale della pubblica illuminazione sia pure diviso in comparti di 500 milioni ciascuno. Io mi trovai poi ad attuare quei due programmi e fui contento di avere lui in quanto capogruppo della opposizione nella commissione a vigilare sulla gara e sull’attuazione. Anche in virtù di questo metodo nacque poi la programmazione di tutte le opere pubbliche realizzate nel quinquennio 1986/91 e dopo.
Perdemmo tutti e due sul piano regolatore: la polemica violenta travolse la proposta presentata dall’amministrazione Sforza nel 1975, l’unanimità occasionale mise me in minoranza nel 1991 quando fu approvato un piano regolatore (stavo per dire truffaldino) che non sarà poi attuato.
Visioni diverse avevamo invece sulla edilizia popolare (la 167 nord): il Pci aveva presentato un mega progetto diviso in tre comparti, la dc aveva invece una visione più graduale. Ciò non impedì però che il piano fosse approvato alla unanimità in una famosa seduta di consiglio comunale tenuta a lume di candela dal sindaco ing. Berardino di Nanni perché la luce non volle assumere impegni e si assentò dal municipio. Ma noi preferimmo la continuità amministrativa.
Non accadde invece la stessa cosa per i piani di insediamenti produttivi e la sistemazione dei comparti edilizi B.3 dei quali solo i primi piani furono approvati dal Coreco, che poi fu indotto a cambiare opinione. Non aver avuto il coraggio allora ci costringe tutt’ora a pagarne le conseguenze.
Franco non ha assistito passivamente al lento evolversi della storia di Andria. È stato protagonista attivo e intelligente. Comunque la si giudichi la sua azione politica, visto lo strabismo dei nostri occhi, egli ha lasciato un’orma indelebile. Soprattutto in me che sono cresciuto politicamente grazie a lui e a Gaetano Scamarcio. Riccardo Mangione aveva visto giusto.
Quello che racconta Vincenzo di franco piccolo e l'intensa e combattuta attivita' in consiglio comunale negli anni '80 con le loro lunghe e articolate aringhe a volte di lana caprina e' tutto vero, in quanto io ero seduto a fianco a franco e di fronte a Vincenzo. Le loro lunghe disquisizione a vole di lana caprina, interessanti ma per me assai lunghe da non reggere tutte, soprattutto quando si andava oltre la mezzanotte. Grazie Vincenzo per l'onesta' intellettuale che il tuo ricordo di franco e della vostra intensa attivita' politica dimostra. Posso solo aggiungere un particolare: spesso quando franco prendeva la parola come capogruppo per smontare l'architettura del tuo ricco e articolato intervento faceva breve pause per bere, ma spesso trovava la bottiglia dell'acqua vuota, perche' io
Seguito
l'avevo bevuta tutta, in quanto in quegli macinavo centinaia di chilometri per preparare le maratone podistiche. Franco mi guardava con tenerezza, e alla fine del suo lungo intervento mi diceva:”Cosimo, devi correre di meno”.
Grazie a Vincenzo D'Avanzo, caro amico e collega, per questa bella testimonianza, autorevole e lucida su un pezzo di storia della città.
Un omaggio, sentito e doveroso, agli uomini migliori della Prima repubblica, alla politica come passione civile, dedizione, dovere e responsabilità.
Il modo più efficace per celebrare questa giornata.
“Quando il 2 giugno 1946 nacque la Repubblica, tutti avemmo la consapevolezza che conservare integri nel tempo gli ideali cui essa si ispirava, avrebbe comportato momenti di duro impegno ed anche grandi sacrifici.”
GIOVANNI LEONE