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La storia: tra sacro e profano

Vincenzo D'Avanzo
Il Castel del Monte è un grande dono che la storia ci ha regalato, ma non è l'unico. C'è tanta altra ricchezza nella città di Andria in superficie, nei sotterranei e nei dintorni
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Quando scoppiò la guerra la signora Rosa viveva con il marito e i figli in una modesta abitazione nei pressi del santuario della Madonna dei Miracoli, proprio nel vicoletto senza uscita che lo affianca. Era un pezzo di terreno che si affacciava direttamente sulla “valle orrida incolta e spaventosa” come si legge nella lapide dedicata a Leonardo Cusmai che ancora ne fa memoria, antenato della signora Rosa che mantiene lo stesso cognome. Leonardo viene ricordato perché con il suo ingegno e la sua ricchezza bonificò quella lama che nascondeva la ricchezza della vita vissuta, povera se volete, ma fa memoria dei sacrifici e della genialità degli andriesi di un tempo.

Quando nel 1576 in sogno Tucchio ebbe notizia che in quella valle c’era un tesoro egli, con il Palombin,o pensarono subito alla refurtiva dei briganti. Poi capirono che il tesoro era un altro e furono contenti che si trattasse di un affresco della Madonna, almeno non dovevano temere la reazione dei proprietari di un eventuale tesoro materiale. Tuttavia ci vorrà del tempo per comprendere che in quella valle c’era un altro tesoro ed era quello naturalistico: quella valle raccontava di miseri insediamenti umani che si adattavano a vivere in grotte che l’acqua alluvionale aveva creato e che gli uomini avevano adattato alle proprie esigenze. Insomma quella valle raccontava la storia del nostro territorio, per questo il Cusmai dedicò la sua vita e i suoi averi per far emergere tanta ricchezza, che egli aveva conosciuto attraverso le poche notizie tramandate più oralmente che per iscritto. Infatti quando la grotta contenente il “tesoro” più grande che Andria potesse avere cominciò a far parlare di sé anche per i miracoli che spesso nel nome della Vergine si compivano, i primi pellegrini si accampavano proprio in quelle grotte scavate dall’acqua e dall’uomo. Era zona malfamata già quando fu scoperta l’immagine, ma la presenza, soprattutto nel mese di maggio, di tanti pellegrini attutì questo fenomeno che poi riprese quando la valle fu abbandonata al suo destino perché, sopraelevando la chiesa fuori dalla cripta, l’attenzione si concentrò in superficie. Di fronte a tanto abbandono reagì il Cusmai, richiamando l’attenzione delle autorità con il suo lavoro certosino, elencando le varietà delle piante (abbiamo notizia di un maestoso carrubo, i cui frutti, l pstazz, venivano mangiati anche dopo la guerra e oggi raramente si vedono al mercato, mentre allora macinati venivano utilizzati anche in cucina, i capperi, l’ailanto mentre nelle grotte dominavano i pipistrelli a testa in giù).

Oggi grazie al presepio vivente e altre manifestazioni abbiamo imparato a conoscere appena appena quella “lama”, intitolata a santa Margherita, che ha fatto parte integrante anche della storia del nostro santuario maggiore. Infatti i pochi abitanti del borgo riprendevano vita nel mese di maggio o nel periodo in cui ospitavano “in ferie” la Madonna a settembre o durante la fiera che movimentava l’economia. Era il momento in cui quei pochi abitanti si sentivano al centro del mondo. Sin dalla notte dei tempi il sacro si mescola con il profano: il profano supporta il sacro che a sua volta alimenta il profano. Ha ragione don Acri quando sostiene che la parte religiosa è più importante nelle festività, ma forse non è vero che il torrone, u mizz pizz, l’appccioit alimentano la tradizione e ricordano i santi Patroni? Il giusto equilibrio tra le due esigenze è il segreto perché un campo (il commerciale) non travalichi l’altro (il religioso).

 

All’inizio della guerra fu consigliato a Rosa di spostare il domicilio in città, ma i ricordi familiari, l’ambiente sereno lontano dalle beghe cittadine, la protezione della Madonna che appariva evidente e soprattutto quel suono di campane che periodicamente annunciava il cambio della giornata (mattino, mezzogiorno e sera) e induceva la gente a elevare il pensiero al cielo a memoria che nulla si può senza l’aiuto divino, consigliarono Rosa e il marito a rimanere in campagna. Nemmeno quando il marito Giacomo fu costretto a partire per la guerra distolsero Rosa da quella situazione, anche se era più difficile e rischioso andare e venire dalla città sia per avere notizia dei parenti in guerra sia per fare un minimo di approvvigionamenti, anche perché intanto la famiglia cresceva.

Fu verso la fine della guerra che la signora Rosa corse un serio pericolo. Di notte sentiva strani rumori nella valle, fruscio di rami e foglie, movimenti di erbacce. Lei e gli altri pochi abitanti avevano imparato a conoscere le grotte e i cunicoli perché lì si rifugiavano quando suonava l’allarme. Segnalò la cosa ai monaci per chiedere protezione, ma questi più che invitare a pregare altro non potevano fare. Invece un bel giorno si presentarono sulla porta di casa tre soldati  tedeschi. Rosa sapeva poco della guerra a causa della partenza del marito. Tuttavia capì subito che di nemici si trattava perché non parlavano ma gridavano in continuazione. A gesti fecero capire che volevano i vestiti  perché camminare con la divisa tedesca era diventato pericoloso nel sud d’Italia. Fu a questo punto che Rosa più per paura che per carità tirò fuori tutti i modesti vestiti del marito consentendo ai tedeschi di vestirsi e andare via, mentre lei provvide subito a bruciare le divise tedesche onde evitare ulteriori rischi. Intanto anche la crescente figliolanza si adattava all’ambiente arrampicandosi negli anfratti della valle. Lì il gioco a nascondino era veramente perfetto. E mentre giocavano i ragazzi cominciarono a conoscere la ricchezza e varietà della vegetazione.

Fu qualche anno dopo la fine della guerra che Rosa e il marito, per fortuna tornato a casa sano e salvo, decisero di abbandonare quel sito pericoloso e farsi una casetta alla periferia opposta rispetto a quella dove avevano vissuto, lasciando tuttavia molti rimpianti soprattutto ai figli che in quell’ambiente salubre avevano scoperto il mondo. Era il tempo in cui le cose semplici valevano di più.

Purtroppo gli andriesi hanno dimenticato le lame, anzi le stanno eliminando commettendo un errore gravissimo contro la storia e contro l’ambiente. Di recente su una strada di grande percorrenza ne è stata riempita una per mettere a dimora un oliveto tra la indifferenza di tutti, senza considerare i rischi gravissimi di carattere alluvionale. Nei tempi passati fu eliminata quella di santa Croce che faceva da cerniera con il quartiere di san Valentino e ancora oggi si lamenta la presenza di zanzare e roditori dei quali per la verità nessuno si occupa tranne i cittadini che devono misurarsi con questi problemi. Quelle lame invece sono colme di tesori della nostra storia perché gli abitanti, approfittando della pietra friabile, hanno collaborato con la natura non solo a scavare grotte che diventavano rifugi per gli uomini e il bestiame, ma anche per costruire mulini, frantoi (rudimentali) ecc. In quella di Lamapaola è conservato in buono stato un forno per laterizi che, recuperato, può essere utile per percorsi didattici oppure turistici. Proprio il turismo poteva beneficiare di queste creazioni dell’uomo nei secoli. Persino nel centro storico potrebbero essere recuperati cunicoli e grotte (altro che fantasticare sul tunnel che porta a Castel del Monte) che, trasformati in itinerari, potrebbero attirare non solo gli esperti ma anche i turisti, oltre che essere utilizzati dalle scuole a fini didattici.   

Il Castel del Monte è un grande dono che la storia ci ha regalato, ma non è l’unico. C’è tanta altra ricchezza nella città di Andria in superficie, nei sotterranei e nei dintorni. Se non li segnaliamo ai turisti, e anzitutto a noi stessi, non trarremo i frutti che i nostri antenati generosamente ci hanno lasciato.

domenica 19 Settembre 2021

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Maria Cusmai
Maria Cusmai
2 anni fa

È vero! I pochi abitanti nel mese di Maggio e quando arrivava la Madonna si sentivano al centro del mondo…..poi….

Raffaele Pollice
Raffaele Pollice
2 anni fa

Vincenzo, davvero tutto ok. Finalmente il Centro Storico viene richiamato alla attenta e fattiva attenzione degli Amministratori Andriesi. ????????????