Attualità

Un albero rigoglioso ma con pochi frutti

Vincenzo D’Avanzo
Il giorno del matrimonio il padre di Riccardo era tutto impettito: aveva dato un diploma al figlio e lo aveva aiutato a scalare il palazzo
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Ancora oggi qualche anziano lo chiama “colonia agricola”: parliamo del nostro Istituto Tecnico agrario. In effetti fu quello il nome iniziale perché alla fine del 1800 alla scuola agricola fu abbinato una specie di istituto presso la nascente azienda di Paparicotta, dove i ragazzi dormivano, lavoravano e vivevano durante il corso di apprendimento. Come spesso accade sopravvive il nome che funziona di più. Nel caso specifico l’azienda di Paparicotta (colonia agricola) era prevalente rispetto alla scuola di agraria della Madonna dei Miracoli. A favore di Paparicotta giocavano i prodotti di alta qualità. Il vostro narratore ha nostalgia delle mozzarelle che si facevano ancora negli anni ottanta con l’esclusivo latte prodotto dalle mucche allevate nella “colonia”: avevano il colore e la sofficità del burro. Come anche della scuola era noto l’ottimo vino fatto con le uve di eccellenza: quando il preside doveva accattivarsi gli amministratori provinciali o qualche personalità in visita bastava un cartone di vino e faceva un figurone. Perché la scuola non fruttava? In Andria sia i piccoli proprietari che i grossi non avevano bisogno del diplomato in agraria perché i padroni si fidavano esclusivamente della loro esperienza. Ancora oggi, nonostante le migliaia di diplomati partoritinegli anni, è difficile che un latifondista ricorra a loro. Basta il massaro, che è normalmente l’operaio più svelto, a dirigere i lavori secondo le regole avute dal nonno, dal padre e qualche volta anche dalla madre se andava in campagna anche lei.

Perché allora i ragazzi si iscrivevano all’Istituto agrario? Per la semplice ragione che era il diploma più facile da conseguire e quindi agevolava l’accesso alla università ma soprattutto dava esperienza alla pratica e alla manualità. Se si tiene conto che per le superiori ancora oggi vige nella sostanza la riforma Gentile dell’epoca fascista ci si rende conto, come spesso accadeva, perchè i nostri ragazzi erano bravi a coniugare i verbi latini o greci e sapevano tutto di Platone o Cicerone ma non erano in grado di acchiappare una lucertola.

Riccardo era figlio primogenito del massaro di una grossa azienda agricola. Il padre voleva che almeno lui frequentasse le scuole “fattizz” non tanto per la utilità pratica che il titolo poteva avere quanto per dare prestigio alla famiglia. Era il tempo in cui ancora per combattere la siccita si ricorreva al patrocinio del ss. Salvatore, che veniva portato in processione. Devozione che allora funzionava veramente perché la fede era sincera. D’altra parte ci sono molte testimonianze che raccontano delle piogge persino durante la processione o a conclusione della stessa. Infatti se il ss. Salvatore non soccorreva i nostri uliveti quella processione non sarebbe diventata tradizionale. I nostri antenati agricoltori davano il loro contributo impiantando colture arboree: l’ulivo resiste da solo al caldo e comunque anche se soffre una estate secca non muore ma si riprende l’anno successivo.

Per questo il padre di Riccardo, che aveva una mentalità aperta abitando abbasc a u miur  e quindi a contatto con tante persone anche professionisti, indirizzò il figlio verso la colonia agricola dicendogli: vai lì a studiare, una volta diplomato potrai scegliere se andare alla università oppurevenire in campagna con me per mettere a frutto le tue conoscenze. Riccardo fu fortunato perché si trovò a frequentare l’Istituto nell’epoca d’oro di Boccardi che oltre a essere preside dell’istituto era anche direttore dell’azienda.

Il prof. Giuseppe Boccardi era arrivato da pochi anni (1957) dopo aver vinto il concorso per entrambi i ruoli. Non era andriese perché era nato a Noci e aveva vissuto le prime esperienze professionali nel Salento dove aveva lasciato un’ottima impressione: esperienza e passione erano le sue caratteristiche. Giunto in Andria dimostrò anche capacità di direzione. Una circostanza occasionale (per il direttore era prevista l’abitazione all’interno dell’istituto) offrì l’opportunità che egli dedicasse l’intera giornata alla comunità scolastica che gli era stata affidata con la conseguenza che egli rimise ordine e disciplina (a volte non gradite dal personale che doveva faticare anche se obbediva ciecamente) oltre che funzionalità ed efficienza. In questo modo l’istituto diventò una scuola di eccellenza per l’intera regione. Da ogni dove venivano a visitarlo anche delegazioni straniere. E’ il caso tra gli altri dei cinesi che arrivarono con una folta delegazione per visitare le colture dell’azienda Paparicottama anche verificare la didattica. Il tutto spesso si concludeva con un bicchiere dell’ottimo vino “prodotto dall’uva”. I trent’anni di presenza di Boccardi nell’Istituto agrario fecero della istituzione un vanto della provincia di Bari. Visitavano l’Istituto e l’azienda anche i ragazzi andriesi delle elementari e delle medie, specie se trovavano un maestro o un professore che voleva dimostrare che le melanzane crescono alla pianta e non vengono fatte dal fruttivendolo.

Tuttavia nonostante il successo formativo e produttivo l’Istituto non ebbe l’impatto desiderato sul territorio sia per le produzioni sperimentali che per l’occupazione dei diplomati, pochi dei quali furono utilizzati per migliorare la nostra agricoltura, che continuava nella metodica tradizionale senza aggiornare la lavorazione e lo sfruttamento del prodotto, come peraltro abbiamo raccontato domenica scorsa.

Tuttavia Riccardo si dedicò allo studio con il massimo dell’interesse, soprattutto la pratica sia nell’azienda di Paparicotta che presso l’orto botanico. Una volta diplomato il padre lo presentò al suo datore di lavoro. Sprizzava orgoglio da tutti i pori il padre quel giorno. Anche il proprietario, suo datore di lavoro, colse l’aspetto positivo e invitò Riccardo a lavorare per lui. Gli organizzò uno studiolo all’interno del suo palazzo e gli affidò la cura dei suoi terreni e del loro bilancio. Quando dopo un paio d’anni si vide il miglioramento dell’utile il proprietario si complimentò con  luie gli chiese se voleva fargli anche da autista, così avrebbero approfittato del tempo in macchina per chiacchierare e aggiornarsi reciprocamente. Il ragazzo accolse volentieri la proposta perché gli consentiva di carpire tutte le confidenze del suo padrone. E non solo, perché anche la figlia del proprietario cominciò a chiedergli di accompagnarla al treno per andare all’università e qualche volta a fare dei servizi.

Riccardo parlava bene, era un bel giovane e non ci volle molto ad entrare nelle grazie della ragazza. Quando lei cominciò a fargli gli occhi dolci, Riccardo chiese a suo padre come doveva comportarsi. Il padre lo scoraggiò: non è una ragazza per te e soprattutto non impensierire il padrone che potrebbe licenziarci entrambi. Ma la ragazza insisteva: vieni a parlare con mio padre, a convincerlo ci pensiamo io e mia madre. 

Una sera il proprietario gli chiese di accompagnarlo a Trani per un appuntamento di lavoro. Riccardo pensò di cogliere l’occasione per chiedere la mano della figlia. Non fece in tempo ad articolare un discorso di senso comune che il proprietario lo gela: U scirn (il genero) ca trois p spart veinmust da part. Preso alla sprovvista il ragazzo replicò chiedendo la sua stessa testimonianza sulla serietà che aveva dimostrato in quei pochi anni di servizio: sono un ragazzo di coscienza, proclamò. Ma il candidato suocero lo mortificò: la cuscienz s smnè i nan nascioie chiue.

Il ragazzo rimase muto e pensò a quanta ragione avesse avuto il padre quando gli aveva detto ca chidd s sposn lour i lour (si sposano tra di loro). Interminabili furono quei minuti di attesa. Quando il padrone tornò il ragazzo lo accolse freddamente e in silenzio fecero il viaggio di ritorno. Il proprietario raccontò tutto alla moglie che già era stata ragguagliata dalla figlia. Appena il marito finì di parlare lo sorprese: quanto ti fa guadagnare Riccardo in più rispetto agli anni precedenti? Allora considera quei soldi come la sua dote e vedi che ti conviene anziché dare a tua figlia un figlio di proprietario terriero che poi  ti costringe a vendere il tuo e il suo. Il marito cercò prima di replicare ma poi dovette cedere e i due ragazzi potettero sposarsi. Il giorno del matrimonio il padre di Riccardo era tutto impettito: aveva dato un diploma al figlio e lo aveva aiutato a scalare il palazzo.

L’Istituto agrario non dava lavoro ai diplomati ma forse riusciva a sposarli.

domenica 16 Gennaio 2022

(modifica il 11 Aprile 2022, 9:18)

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