In seguito ai dati riportati dal MEF relativi alle dichiarazioni fiscali nel 2020, Andria è risultata la città capoluogo più povera della Bat e dell'intera regione, con un reddito medio di 13.846€. Partendo da tali dati urge fare una riflessione. È evidente come vedere Andria all’ultimo posto sia nella Bat che, come capoluogo, nell’intera regione, presenti una forte stonatura con la realtà.
Questa totale disconnessione la si può dedurre da diversi aspetti. Innanzitutto, dal fatto che l’indagine riguardi ciò che viene dichiarato dai cittadini, e non fa riferimento al reale patrimonio posseduto. E, per quanto sia desolante doverlo ammettere, la grande evasione fiscale che riguarda il nostro paese non è di certo una novità, specie nel nostro territorio dove raggiunge livelli allarmanti.
La controtendenza sta anche nell’osservare e nel vedere che una fetta importante della gente ha uno stile di vita e un quantitativo di averi che supera di gran lunga ogni dato fasullo che viene poi pronunciato alle finanze per passarla liscia. Il lavoro a nero è una piaga sociale, e riguarda fin troppe categorie non protette. Basterebbe solo ricordare che Andria è la città dell’olio, e l’agricoltura è uno dei settori in cui lo sfruttamento, il lavoro a nero e l’evasione sono tra i più alti. Lo sfarzo che la nostra città conosce ed ostenta in molti dei suoi aspetti non è una fiaba inventata dal migliore dei lavori dei fratelli Grimm, ma una realtà tangibile che testimoniamo quotidianamente e che fingiamo di non notare. Soprattutto se ci si pone in confronto con le realtà vicine alle nostre. Per la quantità e la qualità di tutti i servizi offerti, dalla principale come la sanità, alle attività di svago e ai vari negozi sparsi per la provincia, essere classificati come i più poveri della Bat vuol dire disegnare un confine dove la menzogna supera di gran lunga la verità. Ma roviniamo il tutto con una gara al consumismo e all’esibizione compiaciuta del proprio stile, della propria auto, tanto da farne un modello estetico da esportare nel resto del paese. Ci preoccupiamo più di mostrare agli altri ciò che non siamo, piuttosto che di aiutarli con le nostre opere.
Dopo questa cruda dimostrazione non vi è più una singola scusa che possa giustificare l’atteggiamento di molti. Si tratta di un esercizio all’egoismo di cui chi fugge dall’onestà non si rende conto delle gravi conseguenze che ricadono su chi invece di quell’onestà ci fa un cavallo di battaglia, nonostante le continue difficoltà che ci si trova a vivere. Evadere significa lasciare il territorio in una situazione di stallo, significa far ricadere la responsabilità sul cittadino che paga e dichiara regolarmente. Significa ancora di più danneggiare il povero che fa fatica a vivere, in molti casi a sopravvivere, o punire il malato che ha bisogno costante di cure mediche che però non può permettersi, vedendo il suo stato di salute crollare senza possibilità di riparo.
È semplice coprirsi il volto di gioia e ammirazione quando si tratta di millantare gesti di facciata, come accaduto in queste settimane per la situazione dell’Ucraina. È semplice perché come comunità ci si deve sentire coinvolti solo nell’offrire compagnia e ospitalità, con il risultato di ricevere un “grazie” per le proprie azioni. Eppure quando l’attenzione si sposta su cose in apparenza più immediate, come l’essere in regola, pagare correttamente le tasse (parlando di chi quelle tasse può pagarle senza troppi patemi), mettersi davvero a disposizione della comunità, le cose cambiano radicalmente. Ciò accade poiché il solipsismo becero di una buona fetta della popolazione supera ogni fantomatico tentativo di “lavarsi la faccia”. Evadere vuol dire dunque anche e soprattutto rendere la vita più difficile per quelle persone la cui esistenza è già costantemente in affanno, o in pericolo.
Riflettere su questo dato porta a comprendere un concetto fondamentale, che non può più passare inosservato: ogni azione e decisione del singolo può avere effetti sulla vita della collettività. È un cerchio continuo da cui non ci si può sottrarre, perché altrimenti la spaccatura tra il ricco e il povero, tra il fortunato e il malato, tra la volpe e l’onesto, è destinata a crescere fino a un punto di non ritorno. E in questa macchina della ricompensa mancata stiamo togliendo sempre più spazio anche ai giovani e al loro futuro; sono tra le tante vittime di lavori non retribuiti o non riconosciuti, e il domani appare sempre più nero perché glielo stiamo rubando con le nostre mani, anzi, con le nostre fasulle “dichiarazioni”.
Si tratta non solo di un problema economico ma anche di una ferita sociale e culturale. Ed è anche qui che bisogna lavarsi la coscienza, piuttosto che le mani, di un’omertà perpetua a cui assistiamo in silenzio. Il cittadino leale non ha meno “aplomb” di un “impavido che sfida il potere”. A tutti, in sintesi, il dovere di fare un passo verso la comunità, per distribuire risorse e possibilità che migliorino il benessere di tutti e di tutto, dalle cure alle spese più necessarie, passando per le strade e per il verde di cui tanto di più potremmo ammirare. Solo a quel punto il confine tra il dato e la realtà tornerà ad essere più veritiero.
“Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge”. (Romani, 13,8). Basterebbe recuperare anche il messaggio primordiale della sacra Bibbia per ricordarci che l’io e il noi non sono due mondi paralleli, ma due lati della stessa moneta.
Bravo Don Geremia. Finalmente uno che ha il coraggio di denunciare il degrado e analizzare il problema. Quello che la politica dovrebbe fare ma non fà perchè è connivente!
Sono coloro che offrono dati statistici a dover poi dimostrare che quei dati corrispondono alla realtà. E dire “più povera” di altre ovvero meno ricca, che è uguale, non è buon dato assoluto ma relativo.
Non ci credo ,questa e la città che si evade di più questo e certo anche xche mancano controlli , persone che lavorano senza nessun contratto e pagati senza tracciabilità poi non parliamo di lavori artigianali che non fanno fatture e di negozi che non emettono scontrini , no parliamo poi di gente che non paga tasse e poi vediamo macchinoni in giro e tu ti domandi come fanno? Ce tanta ricchezza non dichiarata
Paole sante don Geremia. Va valutato però anche un altro aspetto. Almeno 1/3 del reddito cittadino ha origine dal malaffare a cui non si sottrae buona parte dei cittadini andriesi ed i proventi da queste attività si sa, sono esentasse.
Caro Don Geremia, l'analisi e' perfetta e non necessita, a parer mio, di ulteriori commenti e/o integrazioni. Solo domande: poiche' il problema dell'evasione e' annoso perche' non si interviene? Per esempio, le dichiarazioni le compilano patronati ( per i meno abbienti) e commercialisti per artigiani, commercianti e, sopratutto, liberi professionisti: si potrebbe “educare” i commercialisti ad “aiutare” i propri clienti a dichiarare realmente i loro guadagni. La proposta potrebbe apparire ingenua: in realta' e' una voluta provocazione a tutti quei personaggi coinvolti, direttamente o indirettamente, nel determinismo dell'evasione fiscale. Senza dimenticare i ns. cari ( in tutti i sensi..) politici e amministratori vari a segnalare comportamenti impropri, sul tema, da parte dei cittadini…