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«Buffa a Bitonto? Mi ricorda che Andria non ha un teatro e nemmeno un campetto da basket pubblico»

Francesco Roberto
Successone domenica al teatro Traetta per lo spettacolo "Le Olimpiadi del 1936". E Andria?
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L’eco dell’evento in qualche modo ha raggiunto anche i nostri confini. È quello che ha provato a raccontarci un nostro lettore.

«Quando sei nato e cresciuto nella città in cui vivi, è normale volergli bene, e desiderare migliori giorno per giorno, e magari chissà, assistere sempre meno alla fuga da Andria.

Il punto è che con la “scusa” che le motivazioni degli addii giovanili sono da ricercare soprattutto nella globalizzazione oltre che quindi nei meandri della questione meridionale, molto spesso finiamo per lavarcene le mani lasciando che il nostro senso di appartenenza piano piano stagni e si incrosti attorno alla parola “ormai”.

Il punto è che se vivo ad Andria ed ho voglia di andare a teatro, mi serve l’automobile.

No no, non serve perdersi nelle disquisizioni sulla inadeguatezza dei trasporti pubblici nel Sud Italia, è volere dello Stato e della Comunità Europea impoverire di servizi il nostro caro Sud. Ma in questo caso non serve perdersi, serve semplicemente ritrovarsi, e chiedersi una volta di più: ma è mai possibile che Andria (100 mila abitanti) la città dell’Olio, dell’amianto e di Castel del Monte non sia in grado di avere un teatro?

Vedere Federico Buffa (storyteller di Sky) portare al teatro di Bitonto tantissimi giovani, adolescenti e adulti compresi, è un piacere per i cuori sognatori. Ma l’esperienza mi ha fatto bene, non benissimo. Perché poi il mio pensiero è finito per ricadere sulla mia condizione di cittadino andriese.

Lo ripeto: in questa lettera non ho nessuna intenzione di porre l’accento sui debiti pubblici o sulla destinazione del denaro pubblico e cose simili. No no, anzi! Questa lettera è solo un pretesto per chiedere: ci vuole davvero così tanto per così poco?

Leggo e sento parlare di futuro da ogni amministrazione, da ogni giunta, da ciascuna figura pubblica. Ma che futuro c’è in una città in cui non esiste un teatro? Che futuro c’è in un comune, il più grande d’Italia per estensione, nel quale, a guardarti intorno non c’è un campetto di basket pubblico?

Non è possibile risolvere in breve i problemi generali? E allora perché non cominciare da ogni singola cosa specifica? Perché non concentrarsi su un singolo obiettivo per il quale, a volte, le risorse economiche ed umane necessarie sono davvero irrisorie?

Non credo alla storia delle difficoltà insormontabili date dalle contraddizione della burocrazia italiana.

Perché a dirla tutta, dopo lo spettacolo teatrale, tornando a casa, ho fatto ricerche su Federico Buffa ed ho scoperto che proprio lo scorso settembre a Napoli (e dico a Napoli, la patria delle contraddizioni!), è partita un’iniziativa privata che poi ha incontrato il sostegno del comune. L’iniziativa si chiama “Un canestro per amico”, e ha lo scopo di realizzare 17 playground nelle periferie di una città dove il basket è sempre all’anno zero. Il primo è stato inaugurato proprio da Federico Buffa.

Ci ho riflettuto molto, e poi alla fine non mi è rimasto che pensare:

A volte le chiacchiere non si dicono, si stracciano».

giovedì 1 Dicembre 2016

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