Attualità

Giorno del ricordo, smemorati o storditi

Geremia Acri
La storia ci deve insegnare sicuramente ad evitare ogni atto di violenza, di animosità, di innalzamento di muri e barriere come metodo per risolvere i problemi
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Oggi si celebra il “Giorno del ricordo” delle vittime dei massacri delle foibe, le profonde gole della regione carsica triestina e istriana, e dell’esodo di centinaia e centinaia di persone che, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, han visto tantissimi cittadini italiani lasciare forzatamente l’Istria e i territori del Regno d’Italia, occupati dall’esercito del dittatore Tito e poi annessi alla Jugoslavia. Una dolorosa pagina storica a lungo oscurata e non conosciuta per motivi ideologici e politici.

Nel 2004 finalmente l’istituzione di questa giornata che vuol far riemergere la verità dei fatti. Il 10 febbraio, quindi di ogni anno, si celebra il Giorno del ricordo.

Giornata istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, per non dimenticare, custodire e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre.

Ci sono voluti decenni per arrivare a questa decisione, fino ad allora l’amaro destino vissuto da tanti italiani era passato in sordina. Ricordare per non ripetere gli orrori del passato è d’obbligo, ma anche dovere e rispetto.

«Celebrare la Giornata del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana», ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la commemorazione, al Quirinale. «Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente. Mentre, infatti, sul territorio italiano la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione – ha proseguito il capo dello Stato – e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave».

Fare memoria, dunque, per ricordare le vittime, per rendere loro giustizia, ma anche perché gli orrori del passato non si ripetano.

Davanti a tanti orrori e pulizie etniche doveva essere imperativo dire: basta guerre, basta violenze, basta schiavitù, basta tratta delle persone, basta, basta e mai più, tuttavia assistiamo oggi ad un ritorno di sentimenti che pensavamo superati nei confronti in particolare riguardo ai migranti.

Il cercare di alimentare sentimenti di esclusione e di ostilità verso chi arriva è sconcertante e privo di qualsiasi umanità.

Senz’altro le migrazioni, fenomeno complesso va governato e chi ha il diritto e dovere deve sapere che l’arte del governo è un arte complessa che non può essere semplificata con slogan, post, twitter, propaganda elettorale e tornaconti partitici o contrattuali.

La storia ci deve insegnare sicuramente ad evitare ogni atto di violenza, di animosità, di innalzamento di muri e barriere come metodo per risolvere i problemi. Oggi siamo ritornati a rivalità e contese nazionali, ma la storia, la cultura, la pratica della pace e i grandi valori-pilastri della nostra civiltà occidentale devono spiccare e ritornare a germogliare in seno al nostro Bel Paese e alla Comunità Europea per far rifiorire in tutta la sua bellezza la nostra umanità.

domenica 10 Febbraio 2019

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