Don Gianni De Robertis, direttore della Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana, ha chiuso il ciclo di incontri de “Il caffé della parola – dalle parole al verbo”. Dopo aver ospitato il giornalista di Avvenire, Nello Scavo e il poeta e paesologo Franco Arminio, con il responsabile della fondazione Migrantes è stato aperto un dibattito sul il tema della prossima giornata mondale del Migrante e del Rifugiato: “non si tratta solo di migranti”.
Don Gianni De Robertis si è soffermato sui numeri impressionanti dei nostri connazionali all’estero evidenziando che dal 2006 al 2017 la mobilità italiana è aumentata del 60,1% passando da poco più di 3 milioni a quasi 5 milioni di iscritti all’AIRE. Al 1 gennaio 2017, infatti, gli italiani residenti fuori dei confini nazionali e iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) erano 4.973.942, l’8,2% degli oltre 60,5 milioni di residenti in Italia alla stessa data.
«Chi parte oggi si trova spesso ad affrontare le stesse difficoltà (lavoro nero, sfruttamento, etc.) e le stesse accuse (“tolgono il lavoro ai residenti”, “mettono in pericolo i diritti acquisiti e accettando paghe più basse”, “sono pericolosi e inclini alla delinquenza”) che gli immigrati devono affrontare nel nostro Paese» – ha detto De Robertis che parlando della presenza degli stranieri in Italia ha evidenziato come «contrariamente al luogo comune che vede l’Italia soggetta ad una invasione, da qualche anno il numero degli immigrati regolarmente residenti è sostanzialmente stabile e si aggira attorno ai 5 milioni, all’incirca lo stesso numero degli italiani residenti all’estero. Tuttavia questo numero apparentemente stabile nasconde significativi flussi di ingresso e di uscita».
Dati aggiornati ci dicono addirittura che, nel 2018, a fronte dei 23 mila stranieri accolti nel nostro Paese, gli italiani che lo hanno lasciato sono molti di più.
Solo a Londra più di 120 italiani dormono sotto i ponti. La terza guerra mondiale, a detta del direttore generale della fondazione Migrantes, la “si sta vivendo a pezzi”, usando in prestito l’espressione coniata da Papa Francesco già nel 2014. Un’espressione che vuole definire due tratti distintivi della nostra epoca: la conflittualità che si tramuta in scontro e la precarietà che porta al caos. La guerra civile siriana; gli attentati in Europa da parte dell’Islam; la minaccia nucleare e balistica della Corea del Nord; le spaccature in Medio Oriente e in ultimo, non per importanza, le propagande razziali che istigano gli animi, meno educati e dotti, al pressappochismo e all’esigenza surreale di alzare muri piuttosto che creare ponti.
La geopolitica delle crisi nel mondo non è affatto confortante e i protagonisti di questa guerra vanno frenati: c’è bisogno di umanizzare gli uomini e ascoltare parole giuste. Ecco, allora, l’importanza della “parola” al centro dei dibattiti promossi dall’Ufficio Migrantes della nostra Diocesi di Andria in collaborazione l’Associazione di volontariato Salah. Dibattiti che ci lasciano in eredità un insegnamento nobile e mai scontato: la parola è fonte di intelligenza, libertà, comunicazione, comunione è amore… “la parola si è fatta Verbo!”