Attualità

Una signora e la Signora

Vincenzo D'Avanzo
Se molti uomini apparentemente di poco conto, in molti posti apparentemente di poco conto, facessero cose apparentemente di poco conto, la faccia della terra potrebbe cambiare realmente
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Dopo la pubblicazione del racconto “La notte della Madonna” la signora Emanuella mi contatta sulla chat privata per chiedermi se è così importante partecipare alle processioni. Lei, che pure frequenta attivamente la sua parrocchia, non ha mai sentito il bisogno di mescolarsi ad altre persone per professare la sua fede. Io le faccio rilevare che non è indispensabile ma importante perché la nostra non è una fede individualistica ma collettiva in quanto noi siamo cristiani solo perché c’è la Chiesa. Quelli che dicono «ioie crait a Crist ma alla chiess nan g vaich» saranno anche in buona fede ma sono assolutamente fuori strada. La “chatterata” (si può dire così?) si conclude con l’invito da parte mia a fare l’esperienza. Lei ancora titubante si riservò di valutare.

Probabilmente continuò a pensarci ma la notte del 31 agosto, quando suonarono le campane della Cattedrale, era ancora impreparata tanto che rinunziò ad alzarsi. Passò la giornata nelle solite faccende ma la notte tra sabato e domenica fu tutta una agitazione. Non riusciva a dormire e quando si appisolò un poco le va in sogno il nonno in una situazione ingarbugliata e lei, alzandosi di soprassalto, non riuscì a mettere insieme i fili del discorso. Non ci diede peso alla cosa, la mattina della domenica andò regolarmente in chiesa per la Messa e dopo si fermò davanti alla statua della Madonna per una preghiera e chiederle scusa per la mancata partecipazione alla processione. Sembra tutto a posto ma ancora una notte insonne l’attende, ancora sogni senza senso. Il giorno dopo con la scusa di andare al mercato va a trovare la nonna ormai novantenne. Cercò di raccontarle la sua vicissitudine ma la nonna un po’ non capiva di suo, un po’ era ingarbugliato il racconto; dava la sensazione di non voler (o poter) interagire con la nipote. Solo quando Emanuella le chiese se lei e il nonno andavano alle processioni la nonna diventò un fiume in piena. Raccontò che soprattutto il nonno ci teneva alla processione notturna della Madonna, tanto che il giorno dopo non andava a lavorare. Metto in ordine il racconto:

«Tuo nonno era un contadino verace, gli piaceva la campagna dove la giornata era cadenzata dal suono delle campane che ogni tanto invitavano alla preghiera e lui sempre si fermava per un segno di croce e si vedevano le labbra muoversi in segno di preghiera. Un giorno che il conte (così chiamavano il padrone terriero nella cui azienda lavorava) si trovò in campagna al suono di mezzogiorno gli altri operai notarono che il nonno si segnò mentre il conte niente. Appena costui si allontanò chiesero: !t pioic ess zappataur u vliss ess u cont?! E lui rispose che era contento di fare il contadino perché “il contadino è libero e non dipende da alcuno, il conte invece dipende dai contadini”. Era una sua filosofia, anche perché il contadino se si sa trattare non ha bisogno nemmeno dei medici perché rimane sano. I galantuomini (tra cui i conti) mangiano tante carni diverse, il contadino solo quella di cavallo che è più magra e solo raramente. Io preparavo spesso pane e pomodoro per eliminare gli acidi urici; facevo poi tanti decotti: l’aglio per il cuore, i ravanelli per i polmoni, le cipolle per la colite, senza parlare poi delle tante altre verdure che io preparavo sia cotte che crude per tenere libero l’intestino. Una volta il nonno ebbe i geloni io feci l’impacco con l’acqua di cottura delle rape e tutto finì. Il nonno diceva che andare a letto di buonora e alzarsi di buonora manda il medico in malora. E in effetti il nonno è stato sempre sano come un pesce. Anche io non conosco l’ospedale a questa età: sappi, figlia mia, che troppa medicina la morte avvicina». Il vostro narratore sembra più tranquillo con le medicine, ma il dubbio che avessero ragione i nonni qualche volta gli viene.

«Accanto a questa vita sana però, riprese la nonna, ci vuole il pensiero a Dio e quando non riesci a spiegarti con Dio vai alla Madonna che è più comprensiva. Un giorno mentre stavano raccogliendo le mandorle, il conte aveva messo uno dei suoi operai a guardare sia le mandorle che i tre traini pronti per il trasporto. Inutilmente il massaro gli aveva fatto rilevare che ci volevano due operai a guardare. Niente da fare. Ecco che mentre il guardiano guardava le mandorle perse di vista i traini e uno dei tre fu rubato. Cerca di qua e di là nulla. Il padrone se la prese con il guardiano minacciandolo di tenerlo a lavorare senza paga fino a raggiungere il valore del traino. Gli operai reagirono dichiarando che il giorno dopo avrebbero scioperato in segno di solidarietà. Il conte fece finta di non dare peso alla cosa, anzi, mostrandosi tracotante chiamò incapaci gli operai… Fu il massaro a questo punto, sentendosi coinvolto, a dire a muso duro: “senza di noi tutte queste mandorle te le sognavi. Domani anch’io faccio sciopero”. Gli operai ammutolirono per il coraggio dimostrato dal massaro. Ma questi era tranquillo perché conosceva bene le insufficienze di chi si faceva chiamare conte pur non avendo alcun titolo. Fu a questo punto che il finto conte prese la consapevolezza della magra figura fatta e di ritorno dal padre gli chiese di punire quei fannulloni oppure lui non sarebbe andato più in campagna. Per fortuna il padre preferì la seconda soluzione. La domenica successiva il nonno andò a piedi (come ogni domenica) al santuario per la messa anche per pregare la Madonna perché si ritrovasse il traino. Per qualche giorno sembrò che la preghiera fosse stata vana e invece dopo cinque giorni la guardia campestre portò la notizia del ritrovamento di un traino rovesciato nella lama dietro la colonia agricola. Accorsi sul posto due operai riconobbero che era il traino perduto. Evidentemente al ladro serviva l’animale. Tutti quanti corsero dalla Madonna per ringraziarla perché i contadini sono persone educate».

Emanuella fu impressionata da questo racconto e avanzò una domanda: «nonna, perché andarono tutti in chiesa? Doveva andare solo il guardiano a ringraziare la Madonna o al massimo il nonno che l’aveva pregata…». «Tu non capisci, rispose la nonna, nella vita tutto può essere individuale tranne la gioia e il dolore. Perché ai funerali andiamo tutti? Potevamo piangere ognuno per conto proprio. Ma a stare insieme ci si fa forza l’uno con l’altro. Perché ai matrimoni i parenti e amici vanno tutti? Perché la gioia è tale solo se condivisa. Ecco, quando è la festa della Madonna accorrono tutti per comunicare l’un l’altro la gioia di festeggiare la nostra Mamma del cielo. Più siamo, più la Madonna è contenta e più si rende disponibile verso di noi».

Emanuella tornò a casa stordita. Abituata a una fede intima, fatta di devozioni e pratiche personali, la nonna l’aveva spinta a socializzare questo suo dono, a metterlo a disposizione degli altri, a partecipare alla fede altrui per rinforzare la propria. Domenica 8 settembre Emanuella decide di andare al santuario. Dopo la messa si siede davanti alla statua argentea e comincia a raccontare i suoi affanni, le sue preoccupazioni, i problemi dei figli. C’è una tendenza nei giovani soprattutto, abituati alla superficialità dei rapporti interpersonali basati spesso sul telefonino, ma anche la generazione più adulta a guardare a Dio e alla Vergine e ai santi in termini di nobile astrattezza. Verso la Madonna soprattutto vigeva uno stucchevole sentimentalismo fatto di aggettivi tanto elogiativi quanto fuori dalla realtà (vestita di sole, la luna ti illumina, circondata di stelle ecc.). Oggi chi crede veramente si pone nei suoi confronti come persona a persona: Cristo e la Vergine hanno camminato questo mondo con tutti i nostri problemi. Diceva don Mario Melacarne a noi seminaristi: «provate a dare del tu a Gesù e alla Madonna e vedete come cambia la vostra preghiera». Non a caso don Peppino Leone, che quella esortazione di don Mario aveva sentito quando era ragazzo, ebbe a dire: «la mattina e la sera, come fate con gli amici, mandate un sms anche a Dio, lo rendete partecipe della vostra vita». Anche Emanuella quel giorno dialogò con Maria come se fosse lì presente fisicamente di fronte a lei.

Finito il suo racconto alla Madonna chiese: «che dici, vengo sabato?» Emanuella restò in silenzio attendendo la risposta. Dopo alcuni secondi di silenzio si alzò mormorando: «vabbè, ho capito, chi tace acconsente, e aggiunse, sabato ci sarò».

Ieri sera Emanuella si presentò con un’amica davanti alla chiesa delle Croci. Aspettò lì l’arrivo della statua. Aveva tre rose in mano perché sperava di poterle deporre ai piedi della Madonna. La presenza del Vescovo e di tanti altri sacerdoti tra cui il suo parroco le impedirono di compiere il gesto devozionale. Allora si mise in colonna davanti al clero e senza farsene accorgere ogni tanto tirava un petalo e lo faceva cadere per terra. Quello che gli sia passato per la testa in quei momenti il vostro narratore (ancora) non lo sa e non lo vuole sapere. Sulla sua chat a sera è arrivato un messaggio. «Sono felice».

Al vostro narratore è venuta in mente una massima di cui non ricorda l’autore: se molti uomini apparentemente di poco conto, in molti posti apparentemente di poco conto, facessero cose apparentemente di poco conto, la faccia della terra potrebbe cambiare realmente. Gli avverbi sono miei.

domenica 15 Settembre 2019

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Fiero Andriese
Fiero Andriese
4 anni fa

Questi racconti,che siano del presente o del passato sono bellissimi,continuate a pubblicarli.
Che la madonna protegga Andria e gli Andriesi,ne abbiamo tanto bisogno.