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Didattica a distanza, arrivano i primi problemi: troppi compiti, poca connessione

Lucia M. M. Olivieri
Tra luci e ombre, abbiamo chiesto un parere a docenti e genitori andriesi. Ecco le loro risposte
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Siamo ormai nella terza settimana di didattica a distanza, dopo la sospensione delle attività didattiche decretata a partire dallo scorso 5 marzo e lo sforzo notevole di riorganizzazione delle scuole e dei docenti per erogare l’offerta formativa online. In queste settimane abbiamo registrato posizioni diverse, sia all’interno della comunità scolastica sia tra genitori e studenti.

LUCI: grande impegno, aggiungiamo imprevisto e imponente, da parte di tutti. Ci sono ottimi esempi di belle esperienze didattiche, in un momento in cui il confronto tra docenti e alunni è un conforto allo stravolgimento delle abitudini, mutate radicalmente dall’oggi al domani. La scuola raggiunge i suoi bambini e ragazzi, e in qualche modo riprende il rapporto, trasmette il senso della “comunità” anche sul piano emotivo. Infatti, in una fase di “lockdown”, termine con cui è chiamato l’isolamento coatto, inimmaginabile fino a 20 giorni fa, i docenti, che hanno iniziato subito a lavorare strenuamente, hanno anche il delicato compito di responsabilizzare i propri alunni, e talvolta di calmare le loro angosce, che cominciano a farsi sentire. Oltretutto in questa maniera l’anno scolastico, sospeso praticamente a fine febbraio, non verrà perso, anche se ancora non si conosce il termine ultimo della sospensione delle attività didattiche (che al 90% slitterà oltre il 3 aprile).

OMBRE: al primo posto, il “digital divide”, cioè il gap tra chi è dotato di risorse e chi no. Per alcuni docenti, in particolare i precari, e per numerose famiglie si registra il mancato accesso informatico e telematico: non tutti possiedono pc o tablet, oppure il loro numero è inferiore al numero di coloro che sono chiamati a utilizzarli contemporaneamente. Si tratta di una difficoltà pratica e insormontabile che viene sottovalutata se alla scuola online aggiungiamo lo smart working: tra le famiglie con almeno un minore, tre su quattro non hanno un computer fisso; solo una su due ha un computer portatile; solo una su tre ha un tablet, secondo le statistiche nazionali. Insomma ogni giorno nelle nostre case si pone il dilemma: se hai due o più figli, a chi spetta il computer per la scuola online? E se nel frattempo i genitori sono in smart working, come ci si divide il pc di famiglia? A questo si aggiunge la connessione: in queste settimane, sono stati bruciati milioni di Giga dei pacchetti dati e non tutti hanno a casa una linea telefonica con collegamento a internet.

Una maestra ci racconta: «Abbiamo grandi difficoltà alla primaria sia per mancanza di mezzi tecnologici adeguati in dotazione alle famiglie, sia per scarsa dimestichezza con le tecnologie da parte di alcune famiglie, oltre al fatto che i bambini poco seguiti in tempi normali lo sono ancora di più oggi».

Ma anche alle superiori non va meglio, come dice una professoressa di un professionale andriese: «Alcuni ragazzi praticamente non hanno mai partecipato alle lezioni e non abbiamo gli strumenti per “obbligarli”: le famiglie sono completamente latitanti e la didattica a distanza fa emergere le stesse situazioni problematiche che abbiamo anche in tempi “normali” di scuola. Tra connessione assente e svogliatezza, non sappiamo come recuperare questi “fantasmi”».

A onor del vero, proprio alle superiori in generale l’atteggiamento è più rilassato, con ragazzi pronti ad affrontare quotidianamente le lezioni: «É vero – racconta Francesco, che frequenta il primo anno di un istituto tecnico –, all’inizio non è stato per niente facile. Personalmente ho esaurito i Giga del mio pacchetto dati in poco più di 10 giorni, ma ora a casa ci stiamo riorganizzando e i professori sono stati comprensivi. Poi stiamo parlando tanto e possiamo porre loro le domande che ci angosciano: per me è quasi un sollievo sapere che mi dovrò connettere alla stessa ora in cui sarei stato a scuola… chi l’avrebbe detto che mi sarebbe mancata così tanto!»

Lamentele arrivano anche da genitori esasperati, tra cui Francesca, mamma di un bambino di 7 anni: «Siamo sommersi di compiti da fare, schede da stampare e, se non è possibile, ricopiare a mano sul quaderno. Per rimanere al passo, a volte rimango fino alle 22 accanto a mio figlio, ma ho anche un’altra bambina da seguire e le giornate sono diventate assurdamente stressanti. Oltretutto non abbiamo neppure la possibilità di un confronto diretto con le maestre, dobbiamo riuscire noi a tenere il passo degli argomenti e non è per niente facile».

Al netto di tante considerazioni, la didattica a distanza andrebbe considerata per quello che è, una soluzione provvisoria in un caso di emergenza, da usare nel migliore modo possibile e soprattutto con la collaborazione attiva di tutte le famiglie. Nel frattempo attendiamo di capire come e quanto le famiglie saranno aiutate a dotarsi tecnologicamente con il decreto “Cura Italia”, che ha stanziato fondi proprio in questa direzione.

lunedì 23 Marzo 2020

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Giovanna Melillo
Giovanna Melillo
4 anni fa

È assolutamente vero….io ho tre figli e le mie giornate sono diventate piu stressanti di quando andavano a scuola.Altro che accogliere questo tempo per restare più in famiglia!!Qui c'e da impazzire!

Angela Leone
Angela Leone
4 anni fa

La situazione diventa ancora più difficile per i genitori che continuano a lavorare… e che non hanno la possibilità di seguire i propri figli passo passo e di affiancarli nell'uso della tecnologia…

manuela.argiolas
manuela.argiolas
4 anni fa

Io sono un'insegnante di scuola primaria della provincia di Cagliari. È vero nn è stato semplice attivare la didattica a distanza, nn lo è ancora oggi ….ma io e i miei bimbi ci vediamo tt i gg e portiamo avanti la programmazione… Chiedi la max collaborazione dei genitori e dei bimbi che lavorano tanto, ma il loro sorriso e gli occhietti vispi, che ti fanno comprendere che hanno recepito nonostante piattaforme e voci robotizzato, ti danno la voglia di andare avanti….nonostante tt…
Buon lavoro a tt