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I Gurgos: una “voragine di risate” per oltre 25 anni

Rossella Spada
La storia di una compagnia di successo che ricorda con affetto gli spettacoli realizzati sul palco del teatro Astra sempre gremito di spettatori
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Il periodo di quarantena forzata dall’emergenza Covid19, ha dato ai più fortunati la possibilità di rivalutare la propria routine, lontani dalla vita frenetica di tutti i giorni. Il tempo è sembrato fermarsi e tra le pareti di casa abbiamo imparato a guardare i nostri cari con occhi diversi, riscoprendoli e riconoscendoli simili a noi. Il mio periodo di lock-down è stato ravvivato dai racconti del passato dei mie nonni, soprattutto di mio nonno Michele, appassionato di teatro dialettale.

Ricorda, con sguardo di coinvolgente rammarico, le porte che segnavano l’ingresso dell’ex teatro andriese abbandonato dal 2004 in Corso Cavour: il teatro Astra”. Classe 1948, la cultura popolare della sua città natale lo conquista sin da bambino e lo avvicina al mondo dello spettacolo amatoriale. «Per me il teatro è vita. – commenta – Tutti i grandi momenti della mia esistenza sono accompagnati dalla recitazione». Per coronare la sua passione,fonda nel 1980, con il suo amico e autore Saverio Romanelli, i “Gurgos”: la compagnia teatrale, tra le prime in città, che ha cambiato la sua vita. Mette piede per la prima volta sul palco ad 11 anni (1959). Dagli occhi ancora bambini, affianca, nel ruolo di Aristide in “La gara in montagna”, Peppino Cappabianca, animatore dei gruppi teatrali locali. Michele ricorda così il suo “debutto” sul palco.

Studia affascinato le tradizioni andriesi. Grazie ai diversi mestieri della sua vita, da fotografo al lavoro in radio, da operaio in fabbrica a contadino, sfrutta ogni pretesto per scrutare da più vicino la vita comune dell’ uomo di città e di campagna e trarne ispirazione per la sua creatività sul palco. «Il piccolo cittadino dedica la sua vita al lavoro e al mantenimento della propria famiglia; non ha tempo per approfondire la sua istruzione e fa del dialetto l’unico “pane per i suoi denti”. Coloro che scrivono libri ricorrono, coerenti alla propria formazione,ad alcune correzioni del dialetto. Non offrono al lettore uno sguardo reale della vita comune andriese. Io ho voluto dar voce al popolo».

Stimolato da questa realtà, nulla gli impedisce di praticare recitazione nel corso della sua vita e persino ad Omegna, dove si trasferisce per necessità lavorative,fonda il gruppo parodico “Omegna’ 72” di cui ricorda aneddoti piacevoli. Ma troppo distanti dalla propria terra e dai proprio cari, alla fine degli anni Settanta concorda con Nunzia, sua moglie, di far ritorno ad Andria: è proprio lei (mia nonna) a ricordargli, ormai tornati a casa, quanto benefico fosse per lui recitare.

Inseritosi nella “CTA” (Compagnia Teatrale Andriese), si riunisce con un piccolo gruppo di amici, in seguito destinato a lasciare la Compagnia. Il 19 marzo 1978 al gruppo viene chiesto di esibirsi per la Festa del Papà presso la comunità dei preti dehoniani di Barba d’Angelo. Nessun copione. Parola d’ordine: “improvvisazione”. Nasce così una coppia comica:“Gigèin i Vavèin”, due personaggi andriesi nati con la speranza di diventare delle maschere locali. Protagonisti lo stesso Michele e il suo amico Vincenzo. Osservati e apprezzati da Padre Civerra del Santuario Santissimo Salvatore, il gruppo viene chiamato per la Festa del Santuario il 6 agosto del 1978. «All’epoca lì era un vero e proprio deserto – descrive nonno Michele- Padre Civerra ci chiese con quale nome volessimo essere riconosciuti sulla locandina della Festa. Nato quasi per gioco, riflettemmo sul fatto che il Santuario fosse situato nei pressi del quartiere andriese Dolina Corsica di Gurgo. Allora perché non aggiunger al nome ‘Gurgo’ una ‘S’ finale per indicare la satira protagonista del nostro lavoro? Chiamiamoci “Gurgos” che per noi significava: voragine di risate». Michele ricorda così la nascita del nome della sua compagnia teatrale.

Trascorso circa un anno di spettacoli tenuti per beneficenza, l’eco del successo inizia a percepirsi e nel 1980 viene loro richiesto di portare a teatro l’esperienza di “Gigèin i Vavèin”. «Il pubblico si teneva la pancia per le risate – ricorda Michele orgoglioso – Quella sera per la prima volta ad Andria la gente diceva di aver assistito ad un cabaret d’avanguardia».

Mani sporche di terra durante i primi albori del giorno e cuore “sporco” di recitazione a tarda sera, Michele racconta con piacere un lavoro storico realizzato con la CTA: “Ah mamm … L Frangis!” la cui trama narra l’invasione francese avvenuta ad Andria nel ‘799.

A segnare l’attività teatrale dei Gurgos è un’iniziativa organizzata dal Comune di Bari: il “Decentramento della Provincia”, date nelle varie città del territorio pugliese offerte ai gruppi di spettacolo locali. I Gurgos vengono considerati solo come gruppo di riserva, tenuti ad esibirsi nel caso in cui qualcuno tra i selezionati fosse venuto meno. Questo non demoralizza il gruppo; anzi serve loro come riscatto. Se a ciascuna delle altre compagnie erano destinate cinque date, a causa dell’assenza di alcune di queste, I Gurgos presentano per sette volte il loro spettacolo fatto di musica, barzellette recitate e cantate con brani popolari del tutto originali, e qualche monologo in alcune città come Terlizzi, Giovinazzo, Bitetto, Palo del Colle. Questo non solo attribuisce loro successo ma anche le prime critiche.“Che fortuna aver un fratello in provincia” era il titolo di un articolo di un giornale locale che, non sapendo le reali dinamiche, accusa i Gurgos di essere stati raccomandati da Vincenzo, fratello maggiore di Michele.

Neanche queste insinuazioni riescono a fermare l’operosità dei Gurgos. Anzi si impegnano per portare al teatro Astra uno spettacolo in tutta risposta nel 1982: “Tuir Rccà… ca u ciucce ruit!”. Il titolo, tratto da un detto popolare andriese, mira a ricordare che l’essenziale nello spettacolo comico è far divertire la gente; le critiche rappresentano solo i rischi del mestiere.

Aumenta la fame di recitazione: i Gurgos portano a termine la loro ufficializzazione in quanto compagnia teatrale andriese solo da quel momento in poi autonoma. L’effettiva realizzazione del gruppo indipendente dà vita, nel 1983, ad uno spettacolo di satira sociale e politica “Pover Itaglia! Pruim hann pers r vacch… i moue vann trvann r corn!” sul palco dell’Astra, che affrontai temi della guerra, del Fascismo e del Risorgimento.

Segue un lungo repertorio di opere teatrali durate 25 anni,dal lontano 1980 al 2004, il cui genere non rimane invariato e non pecca mai di inventiva e originalità. «Il segreto del successo sta nell’empatia col pubblico. Calato il sipario, i retroscena erano gremiti di persone che si complimentavano per la nostra capacità di saper raccontare, seppur con ironia, momenti di vita quotidiana. Era la gente comune la nostra fonte d’ispirazione principale e vedere quest’ultima riconoscersi nelle nostre stesse scenette non ha mai avuto prezzo».

Nel 1986 istituiscono anche il “Premio Città di Andria”, promuovendo così il nome della città in campo nazionale, sotto l’aspetto culturale e creativo, durato per 17 edizioni. Ai Gurgos va, tra i tanti, il premio “Pulcinella D’Argento” del 1987.

E poi, che succede alla compagnia? «Non ci siamo mai sciolti definitivamente – spiega Michele – un progetto così importante che ci ha tenuto uniti e impegnati per gran parte delle nostre vite non potrebbe mai definirsi terminato. Certo le attività sono sospese dal 2004». La “sospensione” delle attività va riconosciuta soprattutto nell’assenza di un teatro pubblico cittadino. Affinché non fosse mai scritta la parola “fine” i Gurgos hanno considerato gli auditorium e i saloni parrocchiali come luoghi in cui continuare a praticare la loro arte. «Queste strutture si sono rivelate tutte insufficienti dinanzi all’esigenze tecnico-logistiche sempre differenti. E poi, vuoi mettere la bellezza di stare sul palcoscenico di un teatro? Sono un romantico e confido sempre in un piacevole ritorno. Chissà, magari tra qualche anno potremmo ripresentarci sul teatro Astra rimesso a nuovo?! Sono certo i miei amici non esiterebbero ad accettare. Sarebbe un omaggio apprezzato non tanto da me, quanto dai cittadini andriesi. In una città con più di 100mila abitanti non può mancare un teatro!».

Rivedrò mai mio nonno recitare sul palco? È questo che spero sempre mentre ascolto rapita i suoi racconti.

martedì 30 Giugno 2020

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