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12 luglio: quattro anni senza verità

Vincenzo D'Avanzo
E così per 23 vite fu la fine, ma fu la fine anche per 23 famiglie che quel momento non dimenticheranno mai. Quello a cui l'uomo, dopo milioni di anni, non si è abituato è che è proprio lui il maggiore alleato di sorella morte
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Quella mattina di luglio il sole arrivò puntuale sull’orizzonte di Andria. Aveva fatto il giro del mondo illuminando tante brutture e molti spiragli di speranza. Ora era pronto a lanciare il primo raggio attraverso la trifora per illuminare l’interno del castello più bello del mondo dove ogni pietra assume un colore diverso al calore di quei raggi. Uno spettacolo talmente bello che noi lo vogliamo tenere tutto per noi negando la vista ai turisti per evitare che fotografandolo possano imitarlo. Invece la bellezza è tale solo se universale. Sorride il Sole quando dà una forma ai campanili delle nostre chiese e soprattutto quando vede tanti uomini indaffarati per portare il pane a casa: sorride al contadino che solo soletto se ne va in campagna ad accarezzare i suoi alberi lungo la ferrovia, sorride alla nonna mentre si prepara a portare il nipote sul treno, sorride al poliziotto amante della musica, all’adolescente che si avvia per un importante appuntamento a scuola, alla ragazza che anima l’oratorio, sorride a tanti quella mattina. É felice il sole perché porta vita, sono felici le persone che si rianimano al suo calore.

Quando lo vede la Notte ha un moto di invidia: “perché lui deve essere applaudito al passaggio mentre io vengo vituperata dappertutto?” L’invidia rende ciechi e trasforma i sentimenti in rabbia e quando si è arrabbiati non si ragiona. Da tempo Sorella Notte aveva cominciato a meditare un tranello per spegnere quei sorrisi instillando nell’animo di alcuni uomini pensieri non in linea con il comandamento fondamentale che il Creatore ha messo a reggere il mondo: l’amore per la vita. E così i soldi ricevuti per ammodernare il sistema di sicurezza della ferrovia furono utilizzati per comprare altre carrozze.

Quella mattina anche i capistazione di Andria e di Corato si alzarono. Volevano sorridere anche loro, ma ogni giorno quel sorriso era spento dalla preoccupazione che quel benedetto fischietto che si erano abituati a portare alla bocca li potesse tradire. Sapevano entrambi che dal quel fischietto e da un telefono dipendeva ogni giorno la vita di tante persone. Era una lotta dura quotidiana: già per 146 volte in precedenza avevano sfiorato il disastro ed essi sapevano che il calcolo delle probabilità lavorava contro di loro. E fu proprio quella mattina che il fumo della Notte li attendeva al varco. I due capitreno stavano già pensando alla fine dei loro turni e magari poter portare le famiglie al mare quando una curva maledetta spense la loro vita senza nemmeno la possibilità di una invocazione al Padreterno perché li aiutasse in quell’ultimo viaggio sulle ali del vento. Tonio era felice pronto ad abbracciare i genitori per avere superato l’esame ma non ebbe il tempo per capire che la morte proprio con quell’esame gli aveva teso il tranello fatale.

E così per 23 vite fu la fine, ma fu la fine anche per 23 famiglie che quel momento non dimenticheranno mai. Quello a cui l’uomo, dopo milioni di anni, non si è abituato è che è proprio lui il maggiore alleato di sorella morte. Certo poi verrà la magistratura a mettere insieme le carte, a tentare di ricostruire la dinamica, a cercare qualcuno su cui scaricare la responsabilità (giustamente, meglio se anche velocemente), ma le responsabilità vere possono riguardare i piccoli o grandi gesti che nel tempo sono andati accumulandosi: si chiameranno distrazioni, omissioni, profitti ingiusti, ritardi nelle decisioni eccetera. Tutta roba che non fa onore all’uomo.

Il tuono dello schianto raggiunge la città in pochi minuti e gli altri uomini, quelli che nella emergenza si rivelano eroi della generosità, si precipitano a dare una mano. L’uomo è per natura solidale, è l’ambiente o la diseducazione che a volte lo rende cattivo. Eccoli tra il groviglio delle lamiere a scavare a mani nude per raccogliere l’ultimo respiro o il grido di dolore dei 51 feriti o il pianto di spavento di coloro che si sono trovati, loro malgrado, al centro della scena apocalittica. È bella questa umanità che fa immaginare come sarebbe stata la terra se tutti fossero animati da buoni sentimenti. Dai medici che in un battibaleno approntano un ospedale da campo a causa delle difficoltà viarie ai tifosi, abituati anche a gesti estremi, che trovano la forza per fare provvista di acqua minerale da distribuire a tutti quelli che stanno raccogliendo i corpi dei propri fratelli. É bella questa umanità capace di dare una mano a chi è in difficoltà. Il sole a questa sorride e se talvolta non si arrabbia guardando gli uomini è solo per queste energie positive che si alzano da ogni angolo della terra.

Altri si affolleranno intorno alle vittime nei giorni successivi: sono gli uomini paludati, capaci di tante parole che cadono soffici e poi si sciolgono come neve al sole. Era stracolmo il palazzetto dello sport, costruito per le gare e invece rivelatosi una grande cattedrale. Peccato che quando quel giorno si svuotò rimasero solo le lacrime dei parenti delle vittime. A volte mi chiedo come si faccia ad assumere atteggiamenti compunti e poi dimenticare che qualcuno piangerà per tutta la vita. O magari ricordarsene in maniera malaccorta nei momenti più inopportuni. Il popolo si disorienta di fronte a questi comportamenti.

La giustizia ha scelto un teatro per cercare di capire come sono andate le cose. Sant’Annibale di Francia, il patrono di quel teatro, era un nobile che rinunciò a tutto per essere vicino ai più deboli e bisognosi. Sulla giustizia di Trani e non solo aleggiano ombre che fanno apparire l’uomo indifeso. Proprio questa indagine si vide accompagnata da ombre alla sua partenza. Ora la scelta non è semplice: essere dalla parte delle famiglie che senza colpa si son viste private degli affetti più cari o dalla parte di chi li ha gettati nel dolore. Cinque anni sono tanti senza sapere la verità: sappia essa che la sua responsabilità è tremenda. Cosa avrebbe fatto Tonio dopo quella promozione? Cosa avrebbe riservato la vita ad Alessandra e Rossella, quella vita che stavano appena assaporando e già profumava? Ecco, il danno non è stato solo per le famiglie ma anche per tutte le comunità che sono loro intorno.

Il discorso vale anche per tutti coloro che hanno una qualche responsabilità di potere: perché Genova sì e Andria, Corato, Ruvo no? Se non dimostriamo che gli italiani hanno tutti gli stessi diritti (oltre che doveri) l’Italia non sarà mai una. Il Mediterraneo bolle, un’Italia meridionale all’altezza delle sfide dei tempi, ideata da Moro con la industrializzazione del sud (morto Moro sono rimaste cattedrali nel deserto, Taranto docet) poteva svolgere un ruolo a nome di tutta l’Europa. Se la ricchezza anziché salire dal sud al nord invertisse la rotta il Mediterraneo sarebbe un teatro di pace: Roma lo fece con gli eserciti, Roma può farlo oggi con la giustizia economica. Il sud non ha bisogno di assistenza, ha bisogno di opere pubbliche e lavoro.

Da quattro anni lo chiedono anche: Albino, Pasquale, Luciano, Fulvio, Enrico, Tonio, Donata, Giuseppe, Serafina, Alessandra, Rossella, Jolanda, Maurizio, Gabriele, Pasqua, Maria, Francesco, Salvatore, Michele, Gabriele, Giulia, Nicola, Giovanni. Perché essi erano su quel treno proprio in nome di quel lavoro.

Per loro, una preghiera.

domenica 5 Luglio 2020

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Mariagiovanna Di Venosa
Mariagiovanna Di Venosa
3 anni fa

Grazie e complimenti a Vincenzo D'Avanzo per lo splendido articolo.