Pasquale era stato fortunato: partì alle armi verso la fine del 1943, ma la sua destinazione non fu il fronte. Avendo una discreta istruzione ed essendo prestante fisicamente fu destinato a Napoli, addetto alla logistica. Qui conobbe e fece amicizia con un napoletano e poi all’arrivo degli americani conobbe un militare di ampie vedute. Fu chiacchierando con lui che una sera in vena di confidenze si spinse a raccontare la sua situazione economica ad Andria.
Figlio di un modesto contadino, abitava in due modeste stanzette nel centro storico, con la miseria a fare da compagnia a lui, ai genitori e ai cinque fratelli che mettevano sottosopra la casa ogni giorno. Tutti maschi, tutti sulle povere braccia della mamma. Pasquale era il più grande e riusciva a racimolare qualche giornata in campagna quando qualche fattore aveva bisogno di un ragazzo in forze. L’americano gli propose di raggiungerlo in America una volta finita la guerra: lo avrebbe aiutato per una sistemazione dignitosa e un lavoro redditizio. Ma Pasquale rinunziò all’avventura: era molto legato alla famiglia e voleva dare una mano al padre nel portarla avanti. Per fortuna non rinunziò anche all’indirizzo nell’intesa di sentirsi ogni tanto. Motivo per il quale egli chiese l’indirizzo anche al napoletano e a qualche altro commilitone che aveva conosciuto.
Dopo l’insurrezione napoletana Pasquale approfittò della confusione che si era creata nell’esercito italiano e riuscì a scappare prendendo la strada di casa con diversi altri soldati meridionali. Camminarono lungo la dorsale appenninica per non essere scoperti sia dai tedeschi ritardatari sia da qualche fascista non ancora convinto che la festa per lui era finita. Meno male che lungo la strada incontrarono generosi montanari che li accoglievano nelle loro case e li rinfocillavano.
Dopo un paio di settimane di cammino con le scarpe rotte si presentó sull’uscio di casa: baci e abbracci a non finire con i fratelli, mentre i genitori tirarono un sospiro di sollievo nel vederlo sano e salvo. Ma, finite le preoccupazioni della guerra, i problemi connessi alla miseria e alla mancanza di lavoro erano ancora tutti presenti. Invano egli cercò, anche partecipando alle sommosse degli andriesi, di farsi spazio per avere un lavoro dignitoso, anche perché nel frattempo si era trovato la morosa e aveva tutte le intenzioni di sposarsi.
Ecco un bel giorno apparire sui muri della città un manifesto della Comunità Braccianti che invitava i disoccupati a emigrare in Argentina, dove avrebbero trovato il lavoro e anche un pezzo di terreno da coltivare. Pasquale fu tentato e ne parlò con la sua ragazza la quale tra un pianto e una carezza riuscì a dissuaderlo: “dove vai in una terra che non conosci, tra gente così lontana da noi?”. Ma per Pasquale l’America era solo gli Stati Uniti. I soldati americani che distribuivano cioccolato e sigarette prima, e poi i pacchi alimentari che salvarono tanti italiani e andriesi dalla fame, avevano indicato l’America come un paradiso terrestre. Allora si ricordò di quel soldato americano che era venuto in Italia per aiutarci a cacciare i tedeschi.
Scrisse una bella lettera (senza dire nulla alla fidanzata) chiedendo se c’era ancora la possibilità di essere aiutato. L’americano rispose che in quel momento gli sarebbe stato molto utile avendo aperto un ristorante e un italiano sarebbe stato la ciliegina sulla torta. Pasquale a questo punto era deciso a tentare il tutto e per tutto: se la fidanzata non avesse voluto partire le avrebbe chiesto il sacrificio di una paio d’anni di lontananza, il tempo di andare a fare un po’ di fortuna, e sarebbe tornato.
Ma come si va in America? Allora era disponibile solo il piroscafo e qui pensò che sarebbe stato utile il commilitone napoletano. Scrisse anche a lui perché lo aiutasse a fare un biglietto per l’America. Ma ebbe una doccia fredda: il napoletano gli rispose di fare molta attenzione perché molti piroscafi partivano con emigranti speranzosi ma in America non arrivavano. E qui il napoletano gli raccontò che girava voce che alcuni piroscafi erano stati affondati proprio davanti alla statua della libertà perché gli americani non volevano gli italiani (spesso identificati con la mafia). La storia si ripete. L’emigrazione è un fenomeno nato con l’uomo e da sempre chi parte lo fa per stare meglio, chi li deve accogliere è geloso del suo benessere. Pasquale ebbe paura. Comunicò allora all’americano la sua rinunzia. Ma l’americano insistette: non aver paura, qui ti troverai bene, lavorerai con me fin quando vorrai.
Pasquale per diverse notti non riuscì a dormire passando dalla voglia di partire alla paura dell’ignoto. Ne parlò con i genitori i quali declinarono ogni responsabilità: “tu conosci la situazione che sta qui, se pensi di poter stare meglio in America ti daremo la nostra benedizione”. C’era ora lo scoglio della fidanzata.
Una sera la andò a trovare come al solito. Però mentre le altre sere cercavano di distanziarsi dai genitori di lei per un po’ di intimità, quella sera volle che fossero tutti presenti. Raccontò del suo progetto: pochi anni in America e poi sarebbe tornato in Italia e avrebbe sposato la fidanzata. Inutile tentare di convincere la ragazza: quella sera rispondeva solo con il pianto. I genitori invece furono più realisti: “fallo andare, l’America è ricca, i soldi girano, quando torna con un po’ di denaro, anziché tornare in campagna aprite una trattoria o un negozio qualsiasi così state sempre insieme notte e giorno e recuperi questi due anni di sacrifici”.
Alla fine anche la ragazza si convinse e diede il lasciapassare. Ebbe tuttavia la felice idea di insegnargli a cucinare la pasta e a friggere l c’cclicch (specie di panzerotto dei poveri perché vuotidentro). Sarà la sua fortuna in America. L’amico napoletano gli procura il biglietto: ma quando Pasquale arriva a Napoli ha una brutta sensazione: soprattutto nella zona del porto la città sembrava colma di diseredati. Dell’antica capitale del meridione non c’era più traccia. La guerra aveva lasciato macerie dappertutto. Pasquale ebbe paura ma il gruppo che partiva per l’America lo incoraggiò: sarà sempre meglio di qui. L’America per i disperati era la terra promessa. Anche se, come tutte le mete dei migranti, è una terra dove si lavora, si suda e qualche volta si muore. Pasquale ormai non può tornare indietro e si accoda agli altri italiani che salgono sul piroscafo senza sapere dove vanno e se ritorneranno. Quando scriverà la prima lettera alla fidanzata le racconterà la sua prima esperienza in mezzo al mare, la paura nel giorni di tempesta, l’urlo di gioia alla vista della statua della libertà: tutti sul ponte per la paura che da un momento all’altro la nave potesse essere affondata. Invece tutto andò bene, Pasquale sbarcò e al punto convenuto trovò il soldato americano ad aspettarlo. L’uomo che incontri per caso diventa fratello se è puntuale agli appuntamenti della vita.
Nel ristorante lo misero a lavare i piatti. Lo stipendio lo davano e anche più generoso che in Italia, ma quanto tempo avrebbe dovuto aspettare per racimolare un po’ di soldi per rientrare? Cominciò la delusione, lo scoraggiamento. Per quanto fosse trattato bene dall’ex militare sempre lavapiatti era. Ma la fortuna non aiuta gli audaci? Ecco che una sera arrivano al ristorante per mangiare tre famiglie con una frotta di ragazzini. Far mangiare gli adulti non fu difficile, complicato invece fu andare incontro alle richieste dei ragazzini. L’americano si trovò in difficoltà e quando tutti andarono via raccontò al lavapiatti italiano il problema sorto quella sera. Pasquale ebbe un guizzo, si ricordò d l c’cclicch e li propose al proprietario: ad Andria, disse, piacciono molto ai bambini e ai grandi. L’americano incuriosito disse: preparali, li assaggiamo prima noi e poi, se buoni, li serviamo ai clienti. Inutile dire che fu un successo: il ristorante li serviva a tutti come stuzzichino, cominciarono ad arrivare famiglie americane e italiane, tutti a caccia d l c’cclicch italiani. Pasquale da lavapiatti diventò cuoco, aggiungendo per gli italiani piatti di pasta.
Quando mise da parte una bella sommetta Pasquale si present all’amico proprietario avvisandolo che si licenziava per tornare in Italia. Ma l’americano disse che non lo avrebbe consentito a costo di legarlo. Alla fine trovarono il compromesso: Pasquale diventò socio al 50% cedendo una fetta dei risparmi che aveva fatto. Da quel momento Pasquale cominciò ad essere corteggiato dalle ragazze americane ma egli, felice, scrisse alla fidanzata in Italia: vieni in America che siamo diventati ricchi. La ragazza voleva partire ma i genitori si opposero: dove vai da sola? Il fratello annusò l’affare: l’accompagno io, disse perentorio. E così i genitori diedero il consenso. Giunti in America al porto c’era Pasquale ad accoglierli con la macchina: era di seconda mano, ma era la sua prima macchina. Anche la fidanzata andò a finire in cucina, ma come cuoca, mentre il fratello coordinava il servizio ai tavoli.
Piansero i genitori quando seppero che non sarebbero tornati più, ma vissero a lungo per sapere un giorno che i tre erano diventati proprietari del ristorante quando l’americano si ritirò per godersi la ricchezza accumulata. In America si facevano i soldi ma si lavorava da matti. Fu l’epoca in cui conquistammo l’America con la cucina (la mafia ebbe un ruolo marginale).
Ora continua la migrazione verso l’America, la chiamano però fuga dei cervelli, perché trattasi di giovani laureati che non trovano soddisfazione in Italia.
Bravo come sempre.
Che bella storia!alla fine di tutto i osare e sacrifici pagano nella vita!
Comunque ancora oggi ci sono diversi andriesi(nn solo di sangue ma nati di Andria appunto)proprietari di ristoranti in diverse città importanti d America,