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Savino Arbore, la giusta chirurgia estetica nelle mani dell’esperienza

La Redazione
Ha operato in molte strutture con esperienze all'estero che hanno contribuito a un background di alto profilo. Da tre anni dirige il reparto di chirurgia plastica ricostruttiva dell'ospedale Bonomo di Andria
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Il dott. Savino Arbore, da oltre 25 anni è specialista in chirurgia estetica e ricostruttiva. Ha operato in molte strutture con esperienze all’estero che hanno contribuito a un background di alto profilo. Da tre anni dirige il reparto di chirurgia plastica ricostruttiva dell’ospedale Bonomo di Andria. Nell’intervista parla della sua carriera e della sua attività oggi.

Qual è la sua formazione e la sua carriera?

«Nella mia attività di specialista come chirurgo plastico ricostruttore ed estetico, ho operato migliaia di persone, maturando una lunga esperienza in diverse realtà ospedaliere. Mi sono laureato nel ‘94 e specializzato nel 2001 al Policlinico di Bari dove ho vissuto il mio primo periodo formativo nel reparto grandi ustionati. In realtà la mia specializzazione è legata soprattutto alla chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica. Dopo un periodo a Napoli, ho lavorato per cinque anni a Lodi come aiuto primario nel reparto di chirurgia plastica operando oltre 3500 persone. Dal 2010 opero su Andria e vivo a Corato. Nel 2014 sono stato per cinque mesi al Queen Victoria Hospital di East Grinstead nel West Sussex a sud di Londra. Una struttura con 15 sale operatorie dove si fa solo chirurgia plastica sia estetica che ricostruttiva. La mia stanza era all’interno del complesso ospedaliero per cui vivevo lì. È stato entusiasmante. Una full immersion nel clima anglosassone oltre che un’esperienza interessantissima e di alto livello professionale: ogni giorno potevo confrontarmi con medici e pazienti di tutto il mondo. Oggi mi occupo soprattutto di ricostruzioni del volto o della mammella affetta da tumori, ricostruzioni a causa di melanomi o traumi o altre anomalie nonché di chirurgia estetica come mastoplastica, rinoplastica, blefaroplastica, rimozione di tatuaggi, liposuzione laser».

Adesso opera ad Andria. Ci dice di più?

«Ho appena finito un intervento di asportazione delle mammelle su una paziente di 40 anni malata di cancro, operando contestualmente l’intervento di chirurgia plastica per la ricostruzione di entrambi i seni. In un unico intervento ho eseguito l’asportazione radicale mediante amputazione e contestuale ricostruzione dei seni, tecnica praticata solo in alcuni centri. Dal punto di vista psicologico è molto importante poter asportare e ricostruire in unico intervento, specialmente per pazienti così giovani che insieme al dramma della malattia vivono anche quello di un’amputazione. La più grande ricompensa del nostro lavoro sta nella possibilità di una ricostruzione non solo fisica ma anche interiore. I pazienti possono ripartire con una marcia in più, riappropriandosi nel quotidiano di una vita di relazione normale, anche banalmente indossando un indumento. Inoltre, con le nuove tecniche mediche e anestesiologiche, moltissima chirurgia plastica oggi è eseguita in day hospital per cui in molti casi il paziente, preparato in precedenza, si sottopone all’intervento e in giornata stessa viene dimesso, riducendo l’ospedalizzazione e i tempi di degenza oltre che le spese ospedaliere».

Come ha cambiato il suo lavoro la pandemia da Corona Virus?

«Il Covid 19 ha modificato tantissimo il nostro lavoro. Un chirurgo deve toccare il suo paziente, deve interagire con lui. Anche la stessa mascherina crea un filtro che ostacola la relazione. Durante il primo incontro chiedo di toglierla perché il rapporto visivo è fondamentale nell’interazione. Oggi l’aspetto mimico è inibito dalla mascherina che per ragioni sanitarie è obbligatoria ma al contempo crea una distanza nel rapporto col paziente che, per quanto possibile, ci sforziamo di superare. L’umanità di un medico, riuscire a trasferire quella positività di cui il paziente ha bisogno, è una parte della terapia. Il problema del paziente non deve essere l’unica lente da cui osservare la situazione, pertanto il medico pur senza minimizzare, deve proporgli una visione alternativa e per certi versi migliore. Per un chirurgo la distanza imposta oggi dal Covid è superata comunque dal fatto di dover toccare il paziente. Questo certamente ristabilisce l’empatia necessaria al rapporto di fiducia medico-paziente».

Quali sono i casi in cui la chirurgia estetica non è possibile o è ostacolata?

«L’attenzione, la sensibilità e l’onestà intellettuale del chirurgo plastico devono guidare la decisione di un’operazione. Nella prima visita il chirurgo deve consigliare bene il paziente ed eventualmente sconsigliare un intervento non necessario o che non darà al paziente un reale miglioramento estetico. La chirurgia estetica punta a migliorare la dimensione relazionale delle persone più che quella fisica sebbene le due cose spesso coincidano. Ogni richiesta non oculata di un intervento non idoneo o non necessario va sconsigliata perché il paziente resterà comunque scontento. Quindi è molto importante che ci sia un’indicazione chiara da parte del paziente e altrettanta trasparenza del medico. La comunicazione deve essere franca, precisa ed esaustiva per capire quali sono le vere necessità del paziente e fin dove l’intervento può appagare le sue aspettative. Oggi la chirurgia estetica ha assunto un aspetto ipertrofico foraggiato da sedicenti dottori e da logiche commerciali che poco hanno a che fare col senso vero della nostra professione. Per questo è importante rivolgersi a veri specialisti, riconosciuti da titoli accademici nazionali e internazionali.

Ogni persona ha un suo peculiare problema. Il nostro è un lavoro “sartoriale” che non può obbedire a uno standard estetico precostituito. Ci sono diverse persone e diversi sono i punti da cui partire per un intervento. Il risultato finale non può che essere a misura del singolo paziente».

Per contatti: www.savinoarbore.it

giovedì 10 Settembre 2020

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