Cultura

Pubblicato un pregevole volume sugli altari policromi marmorei dell’andriese Gabriella Di Gennaro

La Redazione
«Questo studio vuol essere quindi un contributo che serva a ricostruire un momento artistico di grande fervore, quello del periodo partenopeo del XVIII secolo, considerando, però, la nostra storia locale»
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Uno studio approfondito su alcuni gioielli della nostra città, gli altari policromi marmorei del Settecento: è quello che l'Architetta libero professionista e docente di Arte Gabriella Di Gennaro ha pubblicato con la Casa Editrice Schena di Fasano e che spazia da ricerche archiviste a squisitamente artistiche. Numerosi gli argomenti di notevole interesse: la storia dell'arte ad Andria si intreccia inevitabilmente con la storia della vita quotidiana, delle usanze, della cultura e della società, in un periodo ricco e denso come quello del Regno di Napoli, a cavallo tra Barocco, Rococò e Neoclassicismo.

Il pregio del volume è testimoniato dal fatto che sia stato inserito nella collana di testi del Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia con la collaborazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo. Abbiamo chiesto all'arch. Di Gennaro di raccontare sulle nostre pagine il percorso delle sue ricerche e lo scopo del volume.

«La mia ricerca parte da alcune considerazioni sul XVIII secolo, periodo decisivo non solo per l’arte nelle sue molte espressioni, ma anche per tutto il complesso della vita e della civiltà napoletana nel Regno e nelle sue province. L’indagine è partita dalla mia tesi di laurea in Architettura di luglio 1995 presso l’Università degli Studi di Firenze con titolo “Altari policromi marmorei del Settecento ad Andria”, con relatore Prof. L. Zangheri e correlatrici Prof. E. Mandelli e Prof. M. Pasculli Ferrara dell’Università di Bari. Una bellissima ricerca che si è approfondita nel tempo e che si è svolta nella Biblioteca Nazionale e Marucelliana di Firenze, nella Biblioteca Nazionale di Bari, nella Biblioteca De Gemmis di Bari, nella Biblioteca Comunale di Andria, presso la Soprintendenza dei Beni AA.AA.AA.SS. di Bari, ma soprattutto presso l’Archivio Notarile Distrettuale di Trani e l’Archivio Diocesano di Andria, analizzando, studiando e trascrivendo gli atti notarili dei notai che nel secolo Settecento rogavano nella piazza di Andria.

Ho scelto questo secolo perché i preziosi altari marmorei in Andria, mio paese natìo e di residenza, erano databili a tale periodo.

É emerso il forte legame tra Napoli e le province del Regno che per cultura, usi e costumi, facevano tutt’uno con la capitale. Infatti le risorse del Mezzogiorno facevano capo a Napoli e in essa si accesero ‘fuochi’ di attività culturale ed artistica estremamente fiorente. Sono queste considerazioni che emergono circoscrivendo il mio studio alla storia della scultura cosiddetta ‘minore’ sacra del XVIII secolo nel Regno di Napoli, nel tempo straordinario nel quale avvenne e coi suoi eccezionali protagonisti che è parte integrante essa pure di quella più grande storia del Rococò e del Neoclassicismo.

Così, partendo dall’attuale bibliografia di Mimma Pasculli Ferrara, in particolare dal fondamentale libro Arte napoletana in Puglia dal XVI al XVIII secolo (Schena Editore, 1983), all’Atlante del Barocco in Italia. L’arte dei marmorari nell’Italia Meridionale. Tipologie e tecniche in età barocca (De Luca Editori d’Arte, 2013), mi sono prefissa l’obiettivo di ricercare, mediante documenti notarili prima mai consultati, gli autori e la datazione di molti altari maggiori e arredi settecenteschi di Andria.

L’intento di questa ricerca è stato quello di restituire ad una serena ed oggettiva valutazione un particolare aspetto dell’arte, vale a dire la progettazione e scultura degli altari e balaustrate, un importante momento della nostra storia artistica finora troppo spesso enfatizzato o consapevolmente trascurato. La ricerca considera, quindi, sia manufatti già datati ed attribuiti, sia nuove attribuzioni a cui si è potuto giungere tramite la mia ricerca archivistica. Si è preceduto gradualmente registrando dapprima nell’Inventario dei Protocolli Notarili della piazza di Andria presso l’Archivio di Stato di Trani tutti i notai che rogavano nella suddetta città d’Andria dal 1701 al 1800 e, in mancanza di dati e riferimenti certi, si è così svolta un’analisi ‘a tappeto’ consultando per ogni notaio (Antolini Giuseppe, Tupputi Giovanni Lorenzo, Cristiani Sebastiano, Frisardi Gaetano, Antolini Marcantonio, Tedesco Vincenzo, Cristiano Gioacchino, Sinisi Giuseppe, Senisi Donato, Cannone Pasquale, Frisardi Leonardo, Cristiani Francesco Paolo, Marchio Francesco Paolo, Cristiani Riccardo), i registri dei contratti anno per anno.

La ricerca si è rivelata proficua e preziosa perché, mediante questa indagine, sono riuscita a datare, alla luce dei tanti documenti trovati, tutti i rimanenti altari settecenteschi di Andria. L’aspetto più interessante è l’emergere di un nuovo e valente artefice, Marino Palmieri, napoletano, spesso coadiviuato da suo figlio Domenico, pressoché sconosciuto alla bibliografia fino alle mie documentazioni, anche se è già noto un Marino Palmieri, operoso nel 1737 nella cattedrale di Lecce, sicuramente appartenente alla stessa famiglia. Questo artefice, al quale viene commissionato il primo altare per Andria nel 1771, realizzerà, fino al 1779, ben otto altari in meno di dieci anni; riceveva incarichi in Andria dai vari committenti ma lavorava nella sua bottega di Napoli, per poi impegnarsi a sue spese a riportare ad Andria i lavori ultimati in blocchi posti in casse di legno ­entro la data prevista dal contratto, dal porto dove avveniva l’imbarco fino alla città destinataria.

Questo studio, sebbene riguardi un ambito particolare, vuol essere un contributo alla cultura artistica ed alla società di un secolo. Perciò ho cercato di mettere in risalto le procedure, i metodi grafici, ma prima ancora i presupposti sociali e storici di un’epoca così ricca di spunti e problematiche, considerata di transizione fra il periodo aureo del Barocco nel Seicento e quello altrettanto illustre del Neoclassicismo.

Il risultato che ne scaturisce è senz’altro un apporto all’arricchimento della storia andriese: infatti, in alcuni casi mi è stato possibile sfatare, alla luce dei documenti ritrovati, notizie errate tramandate per anni in tutti i testi di storia andriese. Ho scoperto notizie inedite e nuove riguardanti gli altari ma anche le ristrutturazioni, gli stucchi, le pavimentazioni, le varie modifiche apportate da artefici noti e meno noti nelle diverse chiese andriesi.

Ho potuto così verificare con i dati documentari trovati i consistenti costi di questi altari marmorei, veri e propri ingenti capitali (in moneta d’argento corrente e, come nel caso dell’altare maggiore dell’ex chiesa delle Benedettine, in moneta d’oro) impiegati come investimento in opere di abbellimento e decorazione degli interni delle chiese e, al contempo, palese testimonianza dell’ambizione, della ricchezza e del potere delle facoltose famiglie committenti spesso in competizione fra loro.

Inoltre questi manufatti settecenteschi sono al tempo stesso storia e cultura di un’epoca e come tali, oltre che per bellezza e valore artistico, vanno conservati e preservati da incauti rinnovamenti e dalle molte distruzioni perpetrate, purtroppo, nel passato a danno di queste opere per i molti restauri al ‘romanico’ eseguiti tra il XIX e il XX secolo, secondo i dettami dell’ideologia romantica, fino ai nostri anni Cinquanta e per le trasformazioni della zona presbiteriale delle chiese per una errata  interpretazione del Concilio Vaticano II per il nuovo rito, quando sarebbe stato logico – come scrive la Pasculli già nel 1983 – mantenere l’altare antico ed erigere davanti uno contemporaneo per officiare. Valga per tutti l’esempio della Cattedrale di Foggia.

Queste preziose opere (altari, balaustre, mensole, acquasantiere, pavimenti maiolicati) sono prodotti unici e irripetibili, tanto più da apprezzare quanto più pensiamo ai manufatti di epoca successiva: alle soglie dell’Ottocento e nel corso del XIX secolo gli schemi sia neoclassici che i residui barocchi si impoveriranno sempre più ed anche se verranno eretti altri altari marmorei intarsiati, essi perderanno la preziosità e la ricchezza della decorazione scultorea dei periodi precedenti per divenire sempre più prodotti seriali dal non alto valore artistico.

Questo studio vuol essere quindi un contributo che serva a ricostruire un momento artistico di grande fervore, quello del periodo partenopeo del XVIII secolo, considerando, però, la nostra storia locale. Nel tempo molte di queste mie notizie inedite, ora presentate nei sette Capitoli di questo libro, corredato di ottime foto, sono state anticipate nel sito web Andriarte di Sabino Di Tommaso».

É possibile acquistare copie del volume presso la libreria Mondadori di Corso Cavour.

sabato 27 Novembre 2021

(modifica il 11 Aprile 2022, 9:37)

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Graziano
Graziano
2 anni fa

Napoli grande capitale dell'arte sacra, cancellata dalla memoria con l'Unità d'Italia per volontà dei Savoia.

Franco
Franco
2 anni fa

Lo possiamo dire o no che le chiese diventano semplici (spesso orribili) edifici di cemento armato, privi di ogni rilievo artistico, a partire dagli anni '60 in poi?