Cultura

Intervista a San Riccardo

Vincenzo D'Avanzo
Racconto dalla corte del "Re"
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In occasione della Festa Patronale, riproponiamo un bel racconto di Vincenzo D’Avanzo già pubblicato lo scorso anno: una speciale “intervista” a San Riccardo.

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Ero solo nella cattedrale sul tardi del lunedì della festa patronale davanti alla statua di san Riccardo. Avevo appena pubblicato il racconto della passeggiata con mons. Lanave e quella mattina volli prendermi qualche minuto con san Riccardo, che la sera precedente in processione era parso alquanto imbronciato. Quella statua la sento particolarmente mia. Fui io a dare disposizione alla ragioneria del comune di pagare i trenta milioni di lire per la sua realizzazione: era il protettore della città, mi sembrava giusto che Andria si disobbligasse con un santo che nei secoli si era rivelato particolarmente presente. Mons. Lanave ricambiò la generosità del comune facendo inserire anche il palazzo comunale sul braccio sinistro che reggeva il libro insieme ai tre campanili. Ricordo quel giorno il sorriso del vescovo mentre contemplava quel volto maestoso. Quel lunedì invece il volto di san Riccardo a me parve ancora particolarmente triste: il giorno prima durante la solenne processione Egli si era sentito un po’ isolato: qualche decina di varia umanità e subito la sua statua, poi la sfilza di congreghe, fasce rosse, fasce azzurre, mantelli bianchi e neri e via esibendo tutti per onorare giustamente la Madonna.

“Son venuto a chiederti scusa -, dissi io quasi per consolarlo -, non sono nessuno ma ti compatisco: la riconoscenza non è il forte degli uomini”. “Hai ragione -, mi rispose -, prima, anche quando c’eri tu, c’era tutto il popolo e io e la Madonna eravamo insieme perché tutti e due proteggevamo la città. Anche la Madonna si è accorta di questo trattamento nei miei confronti e alla fine della processione è venuta a consolarmi. La mia non è invidia verso di Lei, che merita tutti gli onori soprattutto se sinceri. Infatti proprio lei mi disse che avrebbe preferito stare con me in mezzo al popolo comune: quello sì era sicuramente in processione per devozione”.

“Caro san Riccardo -, dissi io -, il mondo è cambiato, ora che si dice che siamo tutti uguali non si perde occasione per sottolineare le differenze”. “È vero -, mi rispose mesto -, è questo che mi duole di più. Sai che feci io quando venni in Andria? Trovai una situazione difficile sia politicamente con i diversi signorotti che litigavano tra loro per proclamare la loro amicizia all’imperatore mentre invece tentavano di accaparrarsi quante più terre possibile, sia moralmente con la degenerazione dei costumi, sia religiosamente con l’assenza dalle pratiche religiose e dall’osservanza dei comandamenti. Io dovetti lavorare sodo per oltre quarant’anni per riportare tutti a unità. È vero, avevano costruito le mura, ma i diversi casali erano ancora uno contro l’altro. E io passavo le giornate in mezzo alla gente per convincerla che eravamo un solo popolo, che eravamo tutti figli di Dio e che il progresso è vero solo se lo si raggiunge tutti insieme. Alla fine ci riuscii e questo fu il più grande miracolo che Dio mi concesse”.

Ma tu toglimi un dubbio: quando sei venuto veramente in Andria?

Bravo, dici che sei intelligente, che studi la storia e mi fai questa domanda? Voi dovete smetterla di scrivere la storia con la fantasia. Fate a gara con i comuni vicini per dimostrare chi è più antico. Andria prima dell’anno mille non c’era e di conseguenza non poteva avere un vescovo. I casolari sparsi dipendevano da Trani dal punto di vista religioso. E questo aveva fatto sì che anche il clero non era particolarmente curato e molti sacerdoti cavalcavano le mode del tempo cercando di approfittare economicamente dall’uso dei sacramenti. E questo non solo in Andria ma in tutto il mondo. Fu allora che cominciarono a nascere migliaia di monasteri, cioè i centri di grande spiritualità e totale povertà, dediti al rinnovamento della Chiesa. Anche in Inghilterra cominciarono a cambiare le cose e io lasciai tutto per dedicarmi alla vita ascetica, lontano dai vizi del mondo. Si formò un gruppo che aveva a capo Nicolò Breaspear, abate di san Rufo. Quando questi diventerà Papa con il nome di Adriano IV, volendo contenere la deriva del cristianesimo sotto attacco anche da parte del potere politico, si ricordò dei suoi compagni di vita e li chiamò a realizzare il rinnovamento. Io ero particolarmente amico del papa, lui conosceva tutto di me: fu allora che mi chiamò a fare il vescovo di Andria, una cittadina di recente costituzione ma con un possibile ruolo importante nel meridione dove il potere politico faceva sentire il suo peso sulla chiesa con la pretesa di nominare i vescovi. Quindi sono stato in Andria nella seconda metà del dodicesimo secolo.

È un mistero che avvolge un po’ tutti i santi protettori della zona, dico io, possibile che non si riesce a sapere qualcosa di preciso?

Il problema non è nostro, mi rispose, siete voi che avete la mania di distruggere tutto. Quando voi fate le guerre non uccidete solo gli uomini, distruggete anche la memoria. Quando il duca Del Balzo trovò il mio corpo c’erano anche dei documenti che lui studiò con devozione. Fu tra quelle carte che egli scoprì la data della mia morte, il 9 Giugno. Per questo la mia festa è il 9 giugno. Purtroppo l’anno lo aveva cancellato il tempo. C’è anche un pezzo di colonna di marmo greco che era prima nella cattedrale e poi di proprietà degli Spagnoletti che indicava il periodo della mia presenza in Andria. La colonna si è spaccata e anche qui la data è illeggibile. Ma se fate un po’ di conti scoprirete che siamo nella seconda metà del dodicesimo secolo. Noi stiamo nella eternità e quindi siamo poco avvezzi a fare di conto. (il narratore osserva che detto documento fu poi restituito a mons. Lanave). E poi perché per voi sono importanti le date? Noi siamo stati creati tutti il sesto giorno, anche se poi ci riveliamo in quello che voi chiamate tempo in periodi successivi.

Caro san Riccardo, tu dici che sei riuscito a riunire il popolo, mi dai la prova? Anche per capire perché oggi questa impresa è difficile.

Sai che in Paradiso a volte si dubita che gli uomini discendano da Adamo ed Eva? Sembrano più figli di san Tommaso, tutti vogliono la prova. Ma se Dio provasse tutti i misteri sulla terra la vita sarebbe sciatta, non ci sarebbe differenza tra uomini e animali. Detto questo, con te faccio una eccezione. Per unire un popolo, mi rispose parlando lentamente, bisogna dargli un’anima. Non bastano le pietre o gli interessi. La prova è nella costruzione della Cattedrale. Il tarlo della simonia (pagare per i sacramenti) aveva intaccato anche il clero di Andria e la gente povera si era allontanata dalla Chiesa. La frequenza ai sacramenti era riservata ai ricchi, ma era semplice affermazione della differenza di stato sociale. Io ho dovuto predicare il Vangelo daccapo e fu proprio il richiamo al vangelo a unire il popolo che cominciò a frequentare in massa i sacramenti. Di qui la necessità di realizzare una chiesa più grande delle diverse cappelle sparse perchè diventasse la casa del vescovo e quindi di tutti. La cattedrale fu realizzata sulla piccola cappella che voi oggi chiamate cripta, il cui tetto fu rinforzato da quelle colonne occasionali che voi vedete al centro della chiesetta. Ti basta come prova?

Non mi basta. Alzare un edificio, anche imponente, non vuol dire che il popolo fu coinvolto e comunque che fu protagonista di questa costruzione.

Bello mio, si vede che non mi segui nel ragionamento. Mi rispose san Riccardo. Le cattedrali allora esprimevano il pensiero, le ansie, le aspirazioni e il benessere del tempo nel quale sono state realizzate. Quante persone si sono private anche del poco che avevano per abbellire la casa comune. Quella di Andria esprime proprio questa unità di intenti che divenne fonte di ricchezza. La costruzione è durata molto tempo e in questo periodo si cercò si realizzare il meglio dando lavoro a scalpellini, muratori, tecnici, fabbri e artigiani vari. Fu un fiorire di attività che diede vita a un rinnovato fervore religioso e nel contempo questo determinò una ricaduta economica senza precedenti che contribuì a unificare il popolo. Questa rinascita avrà nuovo slancio con i Del Balzo quando fu fatta memoria della mia presenza. Il ritrovamento del mio corpo fu la premessa per il ritrovamento della immagine della Madonna che voi chiamaste, non a torto, dei miracoli. L’istituzione della fiera in mio onore era un modo per esprimere la ricchezza delle attività del tempo. Sai che molti artigiani andriesi furono chiamati a lavorare fuori Andria?

Si lo so, un certo mastro Antonio di Andria fu chiamato per abbellire la facciata della cattedrale di Altamura.

Lo vedi che quando lo vuoi le sai le cose? Disse San Riccardo.

Scusami san Riccà, il problema è che molti di noi non conoscono la storia della città e quindi giocano molto con la fantasia. E’ vero, in effetti dopo la tua presenza in città si cominciano a realizzare molte chiese e conventi a dimostrazione che tu avevi seminato bene e che il clero dopo di te seppe continuare nel tuo insegnamento, che molta gente si diede alla vita religiosa. E la presenza di tanti altari laterali realizzati nelle chiese è la dimostrazione che fiorirono molte vocazioni.

Vedi, giovanotto, (grazie per il giovanotto, intercalai) feci una fatica mostruosa per organizzare ed educare i preti, soprattutto per insegnare loro a pregare. Io venivo dalla scuola benedettina, di conseguenza avevo assimilato il concetto del motto “ora et labora”: sono due parole non scindibili. Pregare è fondamentale per la riuscita di qualunque impresa umana e io pregavo spesso con i sacerdoti. Ma al tempo stesso insegnai loro a lavorare. È il pastore che deve cercare le pecore. È sbagliato pensare che debbano essere le pecore ad andare dal pastore. Fu una fatica perché ai miei tempi i preti non erano preparati, anzi spesso erano le famiglie che destinavano uno dei loro membri, generalmente il più debole, alla vita ecclesiale per darsi importanza. Io con la santa pazienza li riunivo spesso e cominciammo un percorso di formazione e vita spirituale che darà i suoi frutti nel tempo.

Caro san Riccardo, cosa hai da dire agli andriesi di oggi?

Io non ho da dire niente perché ha detto tutto Lui, rispose rivolgendosi verso il Crocifisso. Il compito mio ora come allora è ricordarvi con l’esempio più che con le parole il messaggio che Lui ci ha lasciato. Vedi, san Benedetto lo aveva espresso in quelle due parole: ora et labora di cui abbiamo parlato. Esse richiamano l’essenza della vita cristiana: immergersi nella dimensione ascetica verso Dio e lavorare in funzione degli altri: ama Dio e di conseguenza amerai anche il prossimo. Questo non lo vedo oggi. Sembrate tutti presi dal soddisfacimento degli interessi personali. Ma quando si dice che siamo fratelli significa che siamo tutti interdipendenti. Questo fu l’impegno mio più grosso: far capire che ognuno di noi sta bene se anche gli altri stanno bene. Le guerre, i furti, le liti ecc. nascono tutti nella misura in cui noi dimentichiamo questo principio. Quando stavo fisicamente in mezzo a voi io vidi che non era la voglia di lavorare che vi mancava, non riuscivate invece a farvi un progetto e lavorare per quello. Tu, ad esempio, disse abbassandosi verso di me anche con il pastorale tanto che io ebbi paura, come pensi che sarà Andria tra vent’anni?

Sand Rccà, moue m vu mett mmezz a l uè. Crrò n sacc ioie, dissi io sperando che non mi capisse. Ma lui comprese la mia difficoltà e disse: studiate la vostra storia se volete crearvi il futuro.

E tu ci dai una mano? Osai io.

“Ti rivelo un segreto-, mi disse san Riccardo -: tutti i santi in paradiso hanno avuto una circolare dal Padreterno in base alla quale sono vietati i miracoli se non esplicitamente richiesti, ma a una condizione che chi li chiede debba crederci veramente e deve collaborare: ti ricordi quando lui disse alla vedova: la tua fede ti ha salvato? Mbè! Ci siamo capiti. Lo dico ai miei devoti: datevi una mossa: il futuro si costruisce non si attende”.

Si, ci siamo capiti. E mi alzai alquanto deluso. Volevo chiedere un miracolo per la mia città e invece san Riccardo se n’era uscito con la regola: i miracoli non sono gratuiti, sono un aiuto, ma non sostituiscono l’uomo. Andando via passai davanti alla statua della Madonna e volgendo lo sguardo verso di Lei supplicai: ehi Madonn! Così dicendo urtai contro il banco. Capii allora che i protettori hanno oggi un compito difficile perché l’uomo non collabora: se avessi guardato avanti non avrei battuto il ginocchio. Tocca all’uomo iniziare, la protezione viene in corso d’opera.

domenica 16 Settembre 2018

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