Cultura

Racconti dal silenzio: Berardino Di Nanni e Vincenzo Pistillo, i due sindaci mutilati

La Redazione
Due sindaci che con eleganza uscirono di scena preferendo il silenzio per rispetto alle istituzioni. Comportamento raro, motivo per il quale è opportuno che gli andriesi facciano memoria
scrivi un commento 20205

“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.” Martin Luther King.

Quella mattina del 12 luglio la vita riprese normalmente: chi si organizzò per il mare, chi continuò a fare le valigie per le ferie imminenti, chi andò in campagna a lavorare, alcuni salirono scherzando su un treno per tornare a casa o per andare a lavorare o per ricongiungersi con i familiari. Nessuno poteva immaginare che un destino cinico e baro era in agguato per 23 persone e i loro familiari. Anche il capotreno quel giorno fischiò come tante volte gli accadeva. Non si accorse poveretto che quel fischio era particolarmente rauco:37 anni prima si era tentato di impedire che avesse un suono così lugubre. Il tempo che la Storia (o, meglio, la Provvidenza) aveva messo a disposizione per rimediare.

Era infatti il 1979, amministrava la città l’ing. Berardino Di Nanni, una amministrazione precaria perché nata sulla divisione del partito socialista ma molto operativa soprattutto sul versante delle opere pubbliche. In pochi mesi diede buona prova di se. Chi ha la buona volontà e vuole mettere a frutto le sue capacità trova sempre la spinta giusta. Oltretutto l’ingegnere per la sua lunga militanza politica conosceva benissimo i problemi della città.

Da tempo immemorabile si parlava dei problemi connessi al passaggio a livello di via Trani. Sempre l’unica soluzione che si suggeriva era il sottopasso.

Capitò un giorno, all’inizio della esperienza amministrativa, che l’assessore ai lavori pubblici e il capogruppo dc avessero un appuntamento con l’assessore regionale ai lavori pubblici per ragioni congressuali. I due arrivarono puntuali ma l’assessore era impegnato in una riunione importante. Passò un’ora e niente, passò anche la seconda e si avvicinò la fine della terza quando finalmente sulla porta si affacciò l’assessore.Chiese scusa argomentando che era stato impegnato nella distribuzione dei fondi per le opere pubbliche. I due andriesi immediatamente lo provocarono: se le cose stanno così le scuse hanno un costo, dissero in coro. L’assessore capì e rispose che da Andria non era pervenuta alcuna domanda. Poiché erano rimasti disponibili 700 milioni si rimase intesi che l’assessore andriese avrebbe portato l’indomani la domanda con una relazione sommaria e l’assessore regionale avrebbe assegnato quella somma come prima tranche. Di ritorno i due ne parlarono con il sindaco Di Nanni e insieme decisero di puntare proprio sul sottopasso di via Trani.

Scandalo. Cominciarono gli addetti ai lavori e poi il chiacchiericcio si diffuse. Un pennivendolo sarebbe stato ingaggiato (con un compenso ragguardevole, a detta del gossip) per scrivere su un giornale locale che si voleva creare “un buco che avrebbe inghiottito via Trani”. Inutile spiegare che il panorama non sarebbe stato intaccato, che in tante città importanti ci sono sottopassi, che sotto il largo della villa si sarebbe potuto creare un parcheggio ecc. Erano tutti preoccupati che sotto quella iniziativa ci fosse chissà quale affare. Come si vede la musica è sempre la stessa. Per anni durante le successive amministrazioni si continuerà a ricercare il famigerato progetto che in realtà non c’è mai stato.

Intanto il PSI raggiunse di nuovo l’unità interna e pose come condizione per continuare l’esperienza amministrativa che il sindaco fosse socialista. La dc pur di salvaguardare l’amministrazione dovette cedere con il consenso della segreteria provinciale e venne eletto il socialista avv. Vincenzo Pistillo, uomo mite e generoso, che per evitare che si creasse un’ombra sul suo operato rinunziò alla caparra che aveva versato per l’acquisto di una macchina nuova (se la memoria non fallisce si trattava di una panda) perché nessuno avesse il sospetto che l’avesse comprata dopo essere diventato sindaco. Socialista tutto d’un pezzo.

Fu durante la sua breve amministrazione che l’assessore regionale si ricordò dell’impegno assunto attribuendo ad Andria la seconda tranche di settecento milioni. Non c’era ancora il progetto. Ma questo non calmò i bollenti spiriti.

Entrarono allora in azione “i chierichetti”, quella categoria di persone che non hanno idee proprie, non hanno formazione e seguono sempre il celebrante. Furono questi che fecero cadere l’amministrazione dc+psi+psdi per far nascere poi una amministrazione di sinistra. E del sottopasso di via Trani non si parlò più. I soldi destinati ad Andria diventarono “avanzi” e un comune vicino fu abile ad accaparrarseli per illuminare il suo centro storico. Questa vicenda il narratore cerca in tutti i modi di dimenticarla ma balza continuamente alla sua mente una domanda: e se si fosse fatto il sottopasso sarebbero state necessarie poi le grandi opere sulla ferrovia Bari-nord attualmente ancora in fase di attuazione? Insomma ci sarebbe stato il disastro ferroviario?

Dice il saggio che nessuno può misurare gli effetti di un battito d’ali di una farfalla. Una omissione, una disattenzione, l’inadeguatezza nello svolgimento di un ruolo hanno effetti nel tempo che nessuno può prevedere. La Chiesa cattolica da importanza a quella parola “omissione” che noi recitiamo distrattamente ma che se ci pensassimo dovremmo star male. E la politica è piena di omissioni.

Quelle due amministrazioni diedero anche una lezione di stile.

Capitò che le precedenti amministrazioni avessero messo in cantiere una 167 di proporzioni eccessive rispetto al fabbisogno. In consiglio comunale argomentò a lungo contro quel dimensionamento proprio l’ingegnere Di Nanni. Eppure toccò proprio a lui, unna volta eletto sindaco, portare in consiglio il provvedimento per l’approvazione definitiva. L’occasione era propizia per rimettere tutto in discussione. Si decise invece che non si poteva ricominciare tutto da capo: il danno per la collettività sarebbe stato enorme. Su quella proposta inoltre le precedenti amministrazioni avevano lavorato a lungo: non si poteva disfare sempre altrimenti le amministrazioni sarebbero state inconcludenti. Ecco lo stile diventare sostanza. Si scelse la continuità nella gestione della cosa pubblica. Puoi rimediare a qualche difetto (e lo si fece dividendo l’operazione in tre tranche che dovevano essere successive) ma non fermare tutto.

Si andò in consiglio mentre fuori pioveva a dirotto tanto che un tuono fece saltare la corrente elettrica. Subito i perplessi si precipitarono a chiedere l’annullamento della seduta: era un segno del destino, dissero, ma il sindaco e il capogruppo dc cercarono il consenso degli altri partiti e decisero che quella era la serata giusta. Ecco sbucare da qualche cassetto le candele necessarie per consentire ai consiglieri di leggere. Emblematica quella serata: non andiamo a fare le pulci al testo, si disse, è importante partire. Maggioranza e opposizione scelsero il bene della città. Era veramente sovradimensionata la 167 (ci sono ancora aree vuote) ma se non si fosse partiti quella sera non si sarebbero date le case a tanti andriesi (solo per gli espropri passeranno altri dieci anni). Si discuteva, si litigava, ma sulle questioni importanti l’accordo si trovava sempre perché tutti erano preparati: anche il bracciante capiva di edilizia per le tante riunioni preliminari che si facevano nei partiti. Nessuno andava allo sbaraglio nel consiglio comunale.

In questo mese di Novembre è giusto ricordare i 23 morti del disastro ferroviario ma anche due sindaci cui non è stato concesso di esplicitare fino in fondo le proprie capacità e possibilità. Nella cosiddetta prima repubblica non si arrivava a fare il sindaco per caso. Tutti avevano avuto alle spalle una formazione, una milizia politica nella quale acquisivano competenza e saggezza per svolgere degnamente il proprio ruolo. L’ingegnere e l’avvocato avevano entrambe quelle caratteristiche a cui si aggiungeva una profonda fede nella democrazia. Entrambi nella esperienza sindacale ebbero una maggioranza traballante (non quella politica, ma quella reale). Per questo si andava in Consiglio senza chiusura pregiudiziale: le delibere si portavano veramente alla discussione e non poche volte si modificavano in base all’andamento del dibattito. Si spiega perché quando si determinò la crisi non fu invocato alcun atto sbagliato. Tutto era stato deciso in Consiglio alla luce del sole. La loro milizia all’interno dei rispettivi partiti li rendeva autorevoli senza che questo togliesse nulla alla loro umiltà.

Di Di Nanni e Pistillo ancora oggi va apprezzata anche l’eleganza con cui entrambi uscirono di scena: avevano argomenti per contestare decisioni politiche a loro danno; preferirono il silenzio per rispetto alle istituzioni. Comportamento raro, motivo per il quale è opportuno che gli andriesi facciano memoria. In politica (e non solo) a volte il silenzio vale oro.

domenica 18 Novembre 2018

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti