Cultura

La guerra delle madonne

Vincenzo D'Avanzo
Anche le immagini o i simboli possono costringerci a essere educati. Il quadro non era solo ornamento, la Madonna era un componente della famiglia
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Era una splendida giornata di sole. Nella casetta sopraelevata (quasi una bomboniera anche per l’essenziale arredo) su un sottano del centro storico fervevano i preparativi per il matrimonio. Si cucivano gli ultimi pezzi da esporre per il corredo, si discuteva degli ultimi aspetti organizzativi della cerimonia e della festa. L’unica stanza degna di tale nome era dominata da un grande quadro infiorato della Madonna dell’Altomare. La lampada votiva sotto il quadro faceva sì che lo sguardo di chi entrava fosse attirato proprio dalla Vergine e non erano pochi coloro che dopo aver salutato i presenti si fermavano davanti alla immagine per una preghierina o un bacio volante.

Carmela, la sposa, era attenta a dare indicazioni e seguire i lavori, la madre e il padre litigavano spesso parlando di mobili e di arredi: il padre non aveva voglia di spendere soldi perché non ce n’erano, per la madre era più importante non fare brutte figure nei confronti del parentado e della famiglia dello sposo. Capitava che i due alzassero la voce o che al padre sfuggisse qualche parola inappropriata allora, prontamente, interveniva la ragazza: “ehi, ca ste la Madonn!”. Anche le immagini o i simboli possono costringerci a essere educati. Il quadro non era solo ornamento, la Madonna era un componente della famiglia.

Il fratello più piccolo aveva i suoi interessi di gioco per cui non capiva questo gran frastuono che si era creato in casa e reclamava le sue esigenze: dalla merenda agli spazi per i suoi giochi. Motivo per il quale spesso Carmela, per toglierselo dai piedi, lo mandava a giocare nel cortile. La povertà portava a volte a privarsi anche delle cose essenziali. Non c’erano allora norme rigide sulla sicurezza. La scala che collegava la casa al cortile era infatti senza ringhiera. La madre si raccomandava sempre di fare attenzione e di scendere o salire dalla parte interna attaccata al muro. Quel giorno il bambino fu cacciato in malo modo perché dava fastidio. Uscendo, correndo dalla porta, non si rese conto che il ballatoio era piccolo e senza protezione per cui precipitare fu questione di un solo istante. Quando sentirono dentro il tonfo e le urla del ragazzino Carmela intuì quello che poteva essere accaduto e urlò volgendosi verso il quadro: “Madonn d l’altmoir aiutl”. Quando si affacciò sul cortile vide che il fratellino si lamentava ma non più di tanto, forse, era di più lo spavento. Infatti, cadendo, il bambino aveva messo un piede su un bidoncino che aveva attutito la caduta, il che gli aveva fatto evitare il peggio.

Tutte le donne gridarono al miracolo e Carmela giurò che al capezzale del suo letto doveva esserci l’immagine della Madonna dell’Altomare. Questa decisione fu immediatamente comunicata al padre il quale rimase alquanto contrariato. Egli infatti era molto devoto del santissimo Salvatore che, avendo la chiesa in campagna, era considerato in qualche modo il protettore dei terreni. Infatti, a lui la città si rivolgeva, anche con processioni penitenziali, per ottenere la pioggia durante la calura estiva. Proprio in virtù di questa devozione di sua iniziativa aveva chiesto a un amico che si dilettava a dipingere di preparargli un quadro con l’immagine del ss. Salvatore per la figlia.

Sembrava tuttavia essere una questione di famiglia di facile soluzione e invece la faccenda doveva ancora complicarsi. Il fidanzato di Carmela abitava vicino alla chiesa di Santa Maria Addolorata alle Croci e di conseguenza era molto devoto a quella Madonna, anche perché proprio la madre si chiamava Addolorata. Per queste ragioni la madre dello sposo sapeva già il quadro che doveva esserci sul capezzale, anche perché in quella parrocchia vigeva la tradizione che fosse il parroco a regalare il quadro a tutti quelli che si sposavano. Il rapporto tra sacerdoti e fedeli allora era di grande familiarità e quindi questo scambio di attenzioni era continuo.

Ecco allora la riunione congiunta delle due famiglie per gli ultimi adempimenti organizzativi e quindi anche definire la questione del quadro . Oggi noi avremmo inventato mille soluzioni perché abbiamo dimenticato la sacralità di certi gesti. Ma allora ci tenevano a queste cose.

“La Madonna dell’Altomare non si tocca” comunicò decisa Carmela, arrivati al dunque. E non aveva tutti i torti in virtù della recente grazia.

“Nemmeno la Madonna Addolorata, anche perché è un regalo benedetto del nostro parroco” replicò perentoria la suocera.

“Il santissimo Salvatore è più importante” disse con voce sommessa il padre della sposa, sperando di dirimere la faccenda “anche perché bisogna pagarlo”, ammise dandosi la zappa sui piedi, perché la suocera subito replicò: “a costo che lo paghiamo noi è la Madonna Addolorata che deve andare al capezzale”. Erano rimaste quindi, in campo le due Madonne, il che non semplificava la questione. Si decise allora di non decidere (il rinvio come decisione è tradizione antica).

Il martedi successivo Carmela si fece accompagnare dalla mamma al santuario dell’Altomare. Pregarono molto e Carmela pianse sia per ringraziare della salvezza del suo fratellino che, di conseguenza, del suo matrimonio. Chiese alla Madonna di convincere la suocera a cedere. La Madonna certamente avrà sorriso in cielo per la devozione di Carmela, ma non rispose. Il problema è che in cielo non c’è il tempo, per cui si ragiona con il ritmo della eternità e l’uomo trova difficoltà ad adattarsi. Infatti, anche la settimana successiva non si smosse di un millimetro la decisione della suocera.

Carmela non si perdette d’animo e decise di prendere il toro con le corna andando a trovare il parroco delle Croci a cui racconta il fatto e gli suggerisce di consegnare in ritardo il quadro con una scusa, così si metteva l’Altomare al capezzale e l’Addolorata sarebbe andata nel tinello. Il sacerdote sorrise di fronte a questa guerra delle Madonne e tranquillizzò la ragazza: “parlerò io con tua suocera, vedrai che la convinco”.

Non solo non la convinse ma la suocera si sentì tradita e quindi, contrariata per l’accondiscendenza del parroco. Anche il tentativo fatto sul fidanzato non sortì effetto e la suocera ne fece una questione d’onore: “se la fai vincere ora quella” disse in senso spregiativo parlando della nuora “ti metterà le mani addosso”. Ormai si era sul punto di rompere il matrimonio. Eppure i due ragazzi si volevano bene e quindi nulla li avrebbe ostacolati. Per questo, il fidanzato suggerì di accontentare la madre, poi avrebbero fatto a modo loro. Carmela non fu d’accordo: “quando tua madre ci porterà il caffè il giorno dopo il matrimonio e vuole vedere il letto io che faccio? Nascondo la Madonna?” “È rasciaun” disse il fidanzato, “fgurt c chedd nan ava vlaie tramend u lnzoul (figurati se quella non vorrà vedere il lenzuolo)”. E poi aggiunse: “a propost stoim tranguill?”. Domanda che indispettì la fidanzata: “a maie s vait” aggiunse acida. Per fortuna un bacio sulla guancia addolcì gli animi.

Per qualche giorno la questione fu messa a tacere. Tuttavia il padre di Carmela appena ebbe un po’ di tempo libero si recò dal pittore per provare a disdettare l’ordine e raccontò la discussione che si era creata in casa. Il pittore si meravigliò che si potesse correre il rischio di rompere un matrimonio per una faccenda del genere. Poi si ricordò che una volta il suo maestro gli aveva parlato di un quadro, che guardato da prospettive diverse evidenziava immagini differenti. Chiese una settimana di tempo per risolvere il problema.

La settimana dopo dal pittore Carmela volle andare insieme e qui la sorpresa: trovò già pronto un quadro con una immagine a stampa su carta. Sovrapposte c’erano delle strisce di vetro posizionate in modo tale da creare un effetto straordinario: guardata di fronte l’immagine era quella dell’Addolorata, guardata da sinistra si vedeva il ss. Salvatore mentre da destra si vedeva la Madonna dell’Altomare.

Carmela fece salti di gioia e abbracciò il pittore ringraziandolo per questa trovata. E quando il pittore fece rilevare al padre che l’operazione aveva un costo aggiuntivo, immediata fu la replica della ragazza: “non ti preoccupare, appena mi sposo il resto te lo do io, all’ascnniut di maritm”.

Il giorno in cui arrivarono i mobili erano tutti in fermento, ma la ragazza, che prima aveva avvisato la suocera che cedeva sul quadro a condizione che fosse il suo e non quello della chiesa delle Croci, con tranquillità sorprese tutti appendendo il quadro dell’Addolorata al letto. Mise delle sedie ai lati del letto in modo che nessuno potesse avvicinarsi mentre il padre fissava il quadro e tutti potettero guardarlo di fronte e ammirare l’immagine dell’Addolorata, verso la quale la suocera mandava baci volanti in continuazione. Ma l’imboscata non si fece attendere. Il giorno dopo le nozze le due mamme si presentano per la colazione dei rispettivi figli.

La novella sposa aveva dimenticato di mettere le sedie ai lati del letto e la suocera si fionda in camera da letto e prima di guardare le lenzuola il suo sguardo punta il quadro e vede la Madonna dell’Altomare. Apriti cielo! Prontamente la mamma di lei cominciò a sfotterla: “vedi che ti sbagli, io vedo l’Addolorata!” Scambiandosi i posti, poi, la suocera si accorse che aveva ragione. Si stropicciò gli occhi mentre borbottava: “nan m poira bboun chessa cois (non mi sembra normale questa casa)”. Fu il figlio a svelarle il mistero. Finalmente abbracciò felice la nuora. Poi in disparte disse al figlio: “statt attind ca p r fimmn è difficl avaie rasciaun”. Lei non sapeva che la nuora non c’entrava. Ma tant’è la vita è fatta anche di apparenze. L’importante è vivere felici e contenti. Con la benevolenza della Madonna che dal cielo sorrideva per l’attaccamento e l’ingenuità dei suoi fedeli. Mentre sorseggiavano il caffè la mamma di lei ricordò alla consuocera che aveva dimenticato di guardare il lenzuolo. Ma lei guardò il figlio, lo vide contento e disse solenne: “d norm m fdaisc (di mia nuora mi fido)”. E la ragazza sorrise.

Qualche giorno dopo il padre di lei, andando in campagna prima dell’alba, vide aperto il santuario del SS. Salvatore (accadeva spesso allora per consentire ai contadini di fermarsi per una preghiera veloce), fece fermare il traino e chiese due minuti: “teng da doic nu fatt”. Scese e scappò in Chiesa, si fermò all’ingresso e disse rivolto al quadro a lui tanto caro: “quand sì aggarboit, fè l fatt i t stè citt. Grazie”. E facendosi il segno della Croce tornò al traino mentre anche gli altri uomini si segnavano.

domenica 9 Giugno 2019

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