Riccardo, III di cinque figli, tratta l’ossessione dell’essere artista, il perseguire a spada tratta l’arte quando diventa delirio, ovunque e comunque. Forse la follia è propria dell’attore che reca in sè quel disagio che lo porta a distaccarsi dalla realtà, dalla materialità di cui l’attore ne farebbe volentieri a meno: “Riccardo cosa vuoi dire, dillo a parole tue … ti ho sempre detto trovati un lavoro … ” In qualche modo Riccardo III di cinque figli tratta del mio delirio attraverso alcuni momenti estrapolati dal Riccardo III di W. Shakespeare, dall’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam e dal Don Chisciotte di Miguel de Cervantes.
Lo spettacolo vede in scena la sola presenza di Antonio Memeo il quale cura anche la regia.