Cultura

La donna del serpente e la donna dell’angelo

Vincenzo D'Avanzo
La storia di una ragazza che aveva paura degli uomini e non di Giacomo che sposò
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Quella sera del sette marzo 1946 Angela sopraggiunse su via Bovio per caso: doveva fare una commissione per il marito che era in campagna e quindi fu costretta ad andarci pur avendo saputo dello stato di agitazione in piazza municipio. Per precauzione fece il giro largo per evitare l’assembramento. Aveva salito pendio san Lorenzo e aveva virato su via Garibaldi giungendo alla chiesa del Crocifisso. Entrò in chiesa per una preghiera breve e chiedere aiuto e si diresse su via XX settembre per risalire fino a via Bovio dove non arrivò quella sera. Proprio all’incrocio si trovò ad assistere alla parte più spettacolare di quella sera: una ciurma di uomini inferociti stava trascinando per i capelli due vecchiette che lei non conosceva ma delle quali comprese subito che si trattava di persone innocenti. Nessuna delle due gridava ma entrambe muovevano appena le labbra in una sommessa preghiera. Angela si fece il segno della croce quasi stesse ad assistere a una processione delle pie donne sulla via del Calvario. Anche la folla ai bordi della strada sembrava la stessa che si assiepava intorno al Nazareno, la stessa che lo aveva osannato qualche giorno prima. Si sedette su un gradino senza proferire parola e quando la violenza diventò barbarie lei urlò e di corsa a ritroso fece la strada che l’aveva portata ad assistere a un atroce femminicidio, parola a quei tempi non di moda ma di quello si trattava: il maschio vile alzò il braccio contro le due povere sorelle Porro per invidia del loro denaro. Non sapeva la ciurma che quel denaro era utilizzato per opere di bene ed era servito per consentire ai salesiani di realizzare l’oratorio per educare i ragazzi della città e quindi anche i loro figli. Tuttavia l’uccisione di quelle pie donne ebbe conseguenze imprevedibili sia di carattere politico che sociale.

Infatti, a casa Angela trovò la figlia ventenne, che, vedendola stravolta e piangente, le corse incontro abbracciandola. Quando si calmò Angela raccontò alla figlia quello che le era capitato di vedere, descrisse puntigliosamente ogni dettaglio e concluse: “figlia mia, stai attenta agli uomini, quando perdono il lume della ragione sono capaci delle maggiori nefandezze”. La ragazza convenne con la madre. Lei amava moltissimo un ragazzo che però l’aveva lasciata perché non voleva che frequentasse la scuola, per giunta in un istituto religioso tenuto dalle suore: “che ti serve la scuola in casa?”. Le aveva detto più di una volta. Lei, che già si chiamava Addolorata di nome ne ebbe a soffrire molto.

Quella notte non riuscì a dormire: l’immagine delle due donne tirate per i capelli l’aveva davanti agli occhi in una visione forse ancora più drammatica di quella che la mamma aveva visto. La pietà verso le due donne agitava la sua anima. La sua breve vita era stata contrassegnata dalla violenza di un regime che aveva portato l’Italia al disastro, la violenza di una guerra senza precedenti, ora la violenza dei disordini sociali. Ebbe paura Dora, come la chiamavano le amiche. Cominciò a guardare al futuro con inquietudine. Per il resto della settimana non uscì di casa, come accadeva a tutte le donne in quel periodo. La domenica successiva chiese alla mamma se voleva accompagnarla alla Madonna dei Miracoli per pregare e chiedere aiuto. La mamma le sconsigliò perché pensava che fosse ancora pericoloso: “andiamo a messa regolarmente nella nostra parrocchia (l’Immacolata), la Madonna sta anche lì e poi possiamo parlare con il parroco dopo la messa”. La figlia accettò il consiglio.

Dopo la messa in effetti si fermarono a parlare con il parroco che si mise in ascolto per cogliere le loro ansie. Ascoltò in particolare la ragazza che sembrò la più agitata cercando di spiegarle che quel periodo drammatico sarebbe passato e che l’uomo non ce l’ha solo con le donne: “è violento con tutti se non ha alla base la forza di dominare se stesso prima di scagliarsi contro gli altri”. A un certo momento, approfittando di un momentaneo allontanamento della madre, Dora disse al parroco: “io mi faccio suora”. Il parroco sorrise cercando di sdrammatizzare la situazione. Ma quando vide che la ragazza insisteva le disse che quel tipo di decisione non si prende a cuor leggero. “Prega molto in questa settimana e domenica ci vediamo di nuovo”.

La domenica dopo la ragazza tornò e chiese al parroco di confessarla. Nel confessionale tira fuori un’altra sorpresa: “vorrei farmi suora, però non sono più vergine perché ho ceduto al fidanzato”. Il parroco con pazienza le spiegò che sono due cose diverse: “la verginità non è “un prezzo” da pagare ma una dote da offrire liberamente”. E fece l’esempio della Madonna: “Dio pensò a Maria per inviare il suo Figlio sulla terra. Pensando a questo evento le diede in dono “la grazia”, cioè la fece nascere esente dal peccato originale, dovendo far crescere nel suo grembo e poi partorire l’Eterno. Si comportò come un fidanzato che ha appena conosciuto una ragazza e le manda un mazzo di fiori pur non essendosi ancora dichiarato. Poi mandò l’Angelo a “informarla de il suo progetto d’amore” e Maria prontamente disse si, pur non avendo forse compreso appieno quello che Dio Le chiedeva. Non chiese nulla in cambio ma comprese che doveva portare in dote la sua verginità, pur sapendo che questo sarebbe stato difficile essendo lei una bella ragazza: il grembo abitato del figlio di Dio non poteva appartenere a un altro. Per questo il buon Dio che cerca sempre di agevolare l’impegno dell’uomo cercò di convincere Giuseppe ad accettare il desiderio di Maria: anche quella fu una dote di pari intensità. Giuseppe non era un vecchietto come spesso è stato rappresentato per giustificare il suo comportamento anomalo: era un bel giovane per una bella ragazza. Per andare incontro a Maria che amava seppe sacrificare se stesso (esempio di un amore che non violenta l’amata). L’Amore se sincero è disposto a pagare qualsiasi prezzo. Giuseppe resta nei secoli il vero testimonial del rispetto dell’uomo verso la donna”.

La ragazza ascoltò in silenzio questo racconto rimanendone affascinata: “allora, padre, l’uomo può non essere violento”. “Certo – rispose il parroco – ma deve avere una sana e robusta costituzione morale. Il rispetto dell’uomo verso la donna e viceversa è possibile solo se si comprende che il rispetto reciproco è un dono che rafforza l’amore”. “Allora posso farmi suora anche se non sono più vergine?”.” Certo, ma solo se Dio ti chiama e tu sei disposta a innamorarti di Lui, allora tu stesso sentirai che se l’amore con gli uomini è soggetto alla debolezza umana quello con Dio è totalizzante, esclusivo”. E fece l’esempio dei sacerdoti: “ognuno di noi è stato chiamato da Lui. L’angelo custode ci avverte che Dio ha posto gli occhi su di noi. Lui è disposto a darci tutto anche il potere di ordinare a suo Figlio di scendere sulla terra in un pezzo di pane. Immagini che potere ci viene concesso. È da questa possibilità discende il nostro impegno a corrispondere con la stessa generosità. Il celibato è la dote che portiamo per corrispondere a questa chiamata. Qualcuno viene meno all’impegno?”. “Vuol dire che il suo era un dono taroccato”. “Certo Dio non sarà contento quando, scartando il dono, si accorge che è falso. Per fortuna che Lui è paziente e si mette in attesa nella speranza che si possa rimediare. Anche i preti e le suore avvertono la debolezza umana, ma anche la forza per rialzarsi”.

La ragazza a questo punto si mostrò decisa: “voglio farmi suora”. “Cara mia, rispose il parroco, la vocazione non è il desiderio di un uomo o di una donna. Vocazione vuol dire chiamata e tu devi capire bene chi è che ti chiama”. A questo punto il parroco le suggerisce un anno di riflessione: “prega molto ma pensaci poco, se sono rose fioriranno”.

La ragazza riprende la vita normale, in più chiese alla mamma di frequentare un corso di ricamo, perché aveva saputo che le suore passavano il tempo libero a ricamare. Scelse una sarta che la mamma conosceva benissimo anche se non sapeva che in quella casa c’era una doppia sorpresa. La sorella della sarta era una donna con disturbi psichici. Tanti in situazioni simili si liberavano dell’ “ingombro” destinandolo al manicomio. La famiglia invece aveva scelto di curarla in casa perché aveva capito che solo in un ambiente naturale i problemi connessi a quella malattia potevano essere attutiti. Frequentando la sarta ebbe modo di conoscere questa donna dalla vita difficile. La cosa tuttavia che l’aveva colpita è che il pomeriggio un ragazzo anziché uscire si fermava in casa a giocare a carte con la zia. Man mano che passavano i giorni la ragazza chiedeva alla mamma di andare di pomeriggio a lezione di ricamo. Quel ragazzo lentamente stava entrando nella sua vita. Un giorno ruppe gli indugi e chiese se poteva giocare anche lei. Il ragazzo accettò di buon grado: prima lasciandole il posto, poi giocando insieme. Gioca oggi e gioca domani cominciano i sorrisi, gli ammiccamenti, le cortesie ecc. E un giorno la fortuna soffiò su di loro. Pioveva a dirotto quella sera quando il ragazzo si offrì di accompagnarla a casa. La ragazza accettò anche se con qualche titubanza: temeva che il padre non avrebbe gradito che qualcuno la vedesse in compagnia del ragazzo. Tutti e due sotto l’ombrello li costrinse a stare vicini fino a quando le due mani si incrociarono. Ognuno temeva che l’altra (o) si ritraesse. Invece le due mani rimasero incrociate fino a quando lui chiese: “sei fidanzata?”. Non aveva finito la domanda che lei urlò la risposta secca: “no”. Il ragazzo fu felice di quel no e chiese se voleva mettersi con lui. Lei si riservò di parlarne con la mamma che subito ironizzò: “non hai più paura degli uomini?”. E lei non fu meno spiritosa: “degli uomini si, ma Giacomo è speciale”.

Bisognava ora informare il parroco. Una sera si presenta in parrocchia con il fidanzato e la mamma, che discretamente si ferma in fondo alla chiesa: il suo compito era di accompagnarli perché nessuno pensasse che facessero l’“amora libre”. Il parroco appena li vide sorrise: “non era lui che ti aveva chiamato, eri tu che volevi scappare” disse guardando la ragazza. “Padre, non l’ho fatto apposta” rispose lei.

Nella vita molte cose capitano, il compito nostro è adempiere al meglio al nostro dovere in qualunque situazione, disse il parroco. “Date alle donne occasioni adeguate ed esse possono fare tutto”. (Oscar Wilde)

Un giorno la donna disse si al serpente e cambiò la storia del mondo; un giorno un’altra Donna disse si all’angelo e cambiò la storia degli uomini. Se prima alla donna si rimproverava l’aver ceduto al diavolo, con il cristianesimo la donna fu messa sugli altari, come meravigliosamente racconta Fabrizio Santafede nella tela della incoronazione della vergine che si può ammirare in cattedrale (foto). Se qualcuno le alza le mani contro è segno che non si è accorto che è fuori dalla storia.

domenica 8 Dicembre 2019

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