Sebbene fosse ancora presto piazza Catuma quella mattina di giugno del 1944 si era già animata: centinaia di ragazzi di tutte le scuole di Andria si erano date convegno per l’ultima prova per la festa della ginnastica che ogni anno dal 1922 si teneva in quella piazza, che nei tempi antichi era stata anche un campo d’armi per le milizie al soldo dei diversi personaggi chiamati ad abitare in quello che oggi chiamiamo palazzo ducale ma che all’origine è stato anche castello. La festa della ginnastica era stata introdotta dal regime fascista sempre attento a precostituire i soldati per la patria, con anche il risvolto positivo di creare uno spirito di patriottico. Per venti anni la manifestazione si concludeva con la evoluzione di tutti i ragazzi a formare la parola “vincere”, anche se già nel 1942, in occasione del ventennale del fascismo, quella parola assunse un sapore amaro.
Questa volta l’atmosfera era cambiata: a mettere allegria un gruppo di soldati scozzesi (facenti parte dell’armata inglese che aveva liberato Andria). Con il loro tradizionale gonnellino e le cornamuse faceva le prove per la sfilata. Per Andria era uno spettacolo tutto nuovo e molto gradito anche perché gli inglesi avevano liberato la città e avevano assunto molti andriesi per la gestione dei loro accampamenti.
Nicolino si era preparato con impegno a questa manifestazione: gli piaceva la ginnastica e, soprattutto, voleva fare sport da grande. Faceva la quinta elementare e sapeva che quello era l’ultimo anno di scuola. Era bravo soprattutto a fare la “ruota”: ruotava su mani e piedi a una velocità impressionante. La maestra era molto contenta della sua bravura e lo faceva esibire in ogni circostanza. Ma per lui quello non era il giorno fortunato: nel fare l’evoluzione di prova mise una mano in fallo e ruzzolò rovinosamente a terra. Pianse tanto Nicolino, non tanto per il dolore quanto per il dispiacere di non poter essere presente alla manifestazione del pomeriggio.
Per fortuna all’imbocco di via De Anellis in locali dell’episcopio c’era la “Croce verde”, che era una specie di pronto soccorso che agiva su base volontaria: alcuni medici e infermieri si erano organizzati per prestare il primo soccorso soprattutto durante la guerra. Immediatamente il ragazzo fu portato all’attenzione del dott. Chicco che diagnosticò una lussazione semplice al gomito. Nulla di grave quindi ma sufficiente a non farlo partecipare alla manifestazione. Facile immaginare i pianti del ragazzo: la sua amarezza fu appena mitigata dalla solidarietà dei compagni. Nicolino fu comunque premiato nel pomeriggio dalla rappresentanza militare inglese, che lo aveva ammirato durante le prove, diventando anche la mascotte del gruppo musicale scozzese. Ebbe un po’ di imbarazzo quando un soldato gli chiese come si chiamasse quella piazza, visto che la chiamavano in modo diverso gli oratori. Il soldato era incuriosito dalla parola “catuma”. Nicolino non ne conosceva il significato, ma ebbe la furbizia di dire al militare di aspettare un momento perché gli scappava la pipì. Invece egli corse dalla maestra per chiedere informazioni. La maestra diede una risposta secca: “luogo di mercato”. Era la più facile per il ragazzo che immediatamente la riportò al militare inglese. In realtà quella era una delle risposte possibili se la dizione la riprendiamo dal francese e ha un fondamento: nella vicina piazza Vaglio si svolgeva il mercato ortofrutticolo; altri fanno riferimento ai silos di grano di cui c’è traccia o più banalmente “focaccia” per la forma somigliante. Ma Nicolino non poteva parlare di tutto questo e fece bene la maestra a dargli una sola risposta, la più razionalmente comprensiva.
Nicolino e il militare inglese continuarono a vedersi e ogni volta si ritirava con un po’ di cioccolata o altri viveri. Una volta il militare gli diede anche un paio di pacchetti di sigarette: “questi sono per tuo padre” gli disse. Nicolino non sgarrò e quando tornò all’accampamento e il soldato gli chiese di fargli sentire l’alito egli prontamente aprì la bocca superando l’esame. Ma le sigarette furono una involontaria trappola: il padre di Nicolino, pensando di disobbligarsi, chiese al figlio di far venire a casa l’inglese per assaggiare la focaccia che la moglie faceva benissimo. La madre non ebbe problema a fare la focaccia ma pose al marito una questione, in casa c’era anche la figlia di diciotto anni: “che succede se la gente vede entrare questo giovanotto in casa?”. Siamo a metà degli anni quaranta e i pregiudizi sono ancora tanti. Ecco allora l’idea della madre che disse alla figlia: “vai dalla zia (abitava a 200 metri) e mi raccomando fatti vedere mentre vai, trattieniti una “buona” oretta, il tempo che noi licenziamo il militare, poi torna sempre facendoti notare”. Era importante che i vicini sapessero che il militare non era andato per lei.
La ragazza obbediente si mise il vestito della festa e all’orario previsto per l’arrivo del militare inglese andò dalla zia non evitando di intrattenersi a parlare con chiunque incontrava anche per rendere conto del fatto che si era vestita elegante, circostanza che incuriosiva i conoscenti.
L’inglese fu molto contento di essere lì (era una variante alla dura vita militare), divorò con gusto la focaccia e rimase lì a chiacchierare mostrando scarsa voglia di rientrare nell’accampamento. La ragazza invece rimase dalla zia il tempo previsto per non contrariare i genitori ma moriva dal desiderio di rientrare almeno per vedere questo soldato, anche perché la zia le aveva messo “u porg ind a la recch”: “i soldati inglesi sono tutti dei bei ragazzi”.
Quando rientrò in casa mentre il padre fece una smorfia corrucciata, la mamma le sorrise presentandola al giovane. La mamma in realtà era subito partita per la tangente vedendo quel bel ragazzo, il padre molto più realisticamente sapeva che non ci potevano essere prospettive: il ragazzo con i suoi commilitoni non poteva rimanere ad Andria. La ragazza nel vedere l’inglese rimase affascinata: aveva ragione la zia, il ragazzo era biondo, alto e la divisa faceva il resto. Anche lei era carina di suo, poi con l’abito della festa era ancora più attraente. Cominciarono a chiacchierare i due giovani, a informarsi reciprocamente della vita di ciascuno sotto lo sguardo vigile del padre di lei, pronto a farle delle occhiatacce quando gli sguardi si incrociavano, fino a quando a lei non venne l’idea di fargli assaggiare il rosolio della mamma. Il soldato gradì e ne bevve un paio di bicchieri.
Finalmente per il militare arrivò l’ora del rientro nell’accampamento. Quando si alzò per andare via si sentì il sospiro di liberazione del padre che non immaginava l’ultima sorpresa. Il militare salutando tutti disse: “posso venire io a portare un po’ di sigarette e di cioccolata?”. Alla mamma sfuggì immediatamente un: “con piacere”; alla figlia un sorriso, al padre invece: “non si disturbi, viene Nicolino a trovarti”. Il tutto rimase sospeso nell’aria. Andato via il militare il padre redarguì le donne: “niente fumi per la testa, è un bravo ragazzo ma è un forestiero e i forestieri non sono affidabili”.
Dopo due giorni ecco il militare di nuovo a casa con una bisaccia piena di viveri. I viveri furono graditi e anche la visita non essendoci il padre in casa. A questo punto il militare osò e rivolto alla mamma disse: “signora, sua figlia mi piace. So che in queste condizioni io non posso garantire niente e forse nemmeno voi. Però alla fine della guerra io tornerò a farmi vivo e a quel punto o venite voi in Inghilterra o torno io in Italia”. La mamma più prudente rispose: “anche a noi piacerebbe, ma non facciamo il passo più lungo della gamba. Finiamo quanto prima questa benedetta guerra e poi ne parliamo”. E diede al ragazzo l’indirizzo della sorella per ogni comunicazione onde evitare che una eventuale lettera cadesse nelle mani del marito. Quando stava pe andare via chiese se poteva dare un bacio alla ragazza come pegno. La mamma mandò Nicolino in cucina a prendere qualcosa e disse: “allacchrenn allacchrren”, cosa che capi solo la figlia che, essendo al primo bacio in assoluto a un ragazzo, riuscì a stento a sfiorare le labbra.
Ebbero modo di incontrarsi un’altra volta e poi la guarnigione inglese riprese la salita dello stivale. Arrivato ai piedi di Montecassino il primo pensiero dell’inglese fu di scrivere alla ragazza. Quando la zia le portò la lettera la ragazza fece salti di gioia. La lettera conteneva tante carinerie. Ma da quel giorno non seppe più nulla: l’inglese non si fece più vivo. Era riuscito a sopravvivere a quella furibonda battaglia?. Fu il tormentone che accompagnò la ragazza per tutto il resto della vita, anche dopo che sposò un andriese e mise al mondo tre figli. Morirà con la nostalgia per quel ragazzo alto e biondo che apparve come un raggio di sole durante la tempesta.
PS. In America fu chiamata “immigrazione rosa” il fenomeno che si contraddistinse fino al 1950: migliaia furono le donne che partirono dall’Europa per riabbracciare i soldati con i quali avevano avuto relazioni e molti di questi incontri culminarono con i matrimoni. La nostra ragazza non ebbe questa “fortuna”. War Brides Act fu la legge emanata dagli USA per sanare queste situazioni.
Una storia penosa, comune a molte famiglie in cui si faceva davvero la fame e dove per mangiare si facevano cose poco dignitose.