Cultura

Imparare dal Vento, Federico Mazzarisi racconta la separazione durante il lockdown

Lucia M. M. Olivieri
Il regista andriese presenta un nuovo e personale cortometraggio, in cui si fondono sentimenti e suggestioni di Puglia e Lombardia. Nel cast anche Andrea, fratello minore di Federico
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Mentre l’Italia riapre e si allentano le restrizioni, Federico Mazzarisi, regista andriese della casa di produzione inglese Great Guns, e Sofia Rivolta, anche lei regista di base a Londra, presentano un nuovo e personale cortometraggio intitolato Imparare dal Vento (in inglese: Learning From The Wind).

Avevamo già raccontato di alcuni lavori del giovanissimo talento nostrano, tra cui un video girato per Stella McCartney in cui si racconta delicatamente l’arco di tempo che abbraccia la vita di una donna dal momento che precede l’apprendimento della dura notizia di una diagnosi del cancro alla ritrovata “normalità”, una normalità straordinaria.

Questo corto si allaccia ai mesi appena trascorsi e segue la quarantena di due adolescenti (interpretati dai due fratelli dei registi) che, separati a causa dell’emergenza Covid-19, intraprendono un percorso di conoscenza di se stessi e dell’altro.

Il film – per metà girato in Puglia e per metà in Lombardia – è stato interamente realizzato durante la fase 1 del Lockdown e nel rispetto del decreto governativo dell’8 Marzo 2020. Il progetto è ispirato all’esperienza personale di Federico e Sofia.

Abbiamo rivolto alcune domande ai due registi

Come è nato il progetto? Cosa vi ha ispirato a dar vita a questo film?

Federico: «Ero con Sofia a sciare sulle alpi quando Conte ha annunciato il blocco nazionale. Visto il mio stile di vita nomade dovuto in parte al lavoro che faccio e visto che Sofia attualmente vive a Londra, abbiamo dovuto entrambi far rientro alle rispettive case di famiglia. Sofia è rientrata a casa dei suoi in provincia di Como, mentre io sono sceso nella mia città natale in Puglia, ad Andria».

Sofia: «L’Italia è stato uno dei primi paesi in Europa ad essere colpito dall’emergenza sanitaria e forse la prima ad annunciare un lockdown nazionale. Noi eravamo ignari, inconsapevoli di quello che sarebbe successo e di come la situazione si sarebbe evolu- ta di lì a qualche giorno nelle nostre vite e nel nostro lavoro. Dopo una settimana o poco più di isolamento in casa mi ha chiamata Federico e mi ha proposto un progetto da realizzare insieme: un film che avrebbe potuto significare qualcosa nel momento specifico che stavamo entrambi – seppur in modo diverso e lontani uno dall’altra – vivendo. È nato così questo cortometraggio, quasi come un passatempo, un gioco per tenerci impegnati, motivati, forti e creativi in un momento difficile».

Federico: «All’inizio abbiamo pensato di riprenderci con videocamere amatoriali Hi8, seguendo la scia dei ‘diari di quarantena’ che molti dei nostri colleghi stavano esplorando. Ci siamo subito resi conto però che un approccio simile limitava necessariamente il nostro ruolo di registi, la cui confort-zone è ovviamente dietro la macchina da presa e non davanti. Eravamo ancora nella Fase 1 e le restrizioni erano – giustamente – molto limitanti. Incontrare persone o lasciare la propria abitazione non era minimamente contemplabile. Come tutti, anche noi ci sentivamo in gabbia e ancora non riuscivamo a comprendere la gravità del momento storico che stavamo vivendo. Questo finché il padre di Sofia non è risultato positivo al Covid19».

Sofia: «Dovevamo pensare ad una soluzione per poter rimanere dietro la camera, quindi ci siamo iniziati a guardare intorno restando, per ragioni piuttosto ovvie, in famiglia. Ci siamo così resi conto che avevamo due potenziali soggetti a disposizione per le riprese: Andrea ed Alice, i nostri rispettivi fratello e sorella minori. E così è iniziato il “gioco nel gioco”, prendendo i nostri fratelli come attori e concentrandoci sulla regia. Dopo qualche prova tecnica e qualche “strigliata di direzione” abbiamo iniziato a percepire quanto giusti e visivamente potenti potessero essere insieme».

Qual è stato l’approccio alla storia?

Federico: «Visto che Andrea, mio fratello, e Alice, la sorella di Sofia, sono entrambi molto giovani, abbiamo da subito deciso di dare al film un’estetica e un linguaggio lieve, intimo e naïf. Siamo stati entrambi estremamente fortunati a trovarci in aree rurali d’Italia in case con giardino e circondate dal verde, viste le premesse abbiamo cercato di avvalerci di quest’elemento naturale utilizzandolo come fil rouge per la nostra storia. Questo ci ha permesso di approcciare i tragici eventi legati alla pandemia in modo bucolico e poetico. Il nostro obbiettivo era rappresentare questo periodo estremamente drammatico con delicatezza e un filo di ingenuità, attraverso gli occhi di due giovani ragazzi, cercando di distaccarci quanto più possibile dal filone Covid-movie».

Sofia: «Volevamo esplorare la tematica dell’evoluzione delle relazioni, di ogni natura, in questo delicato momento storico. siamo tutti tornati a casa, e tutti abbiamo sofferto ma anche riscoperto la dimensione familiare dalla quale ci eravamo allontanati. Questo film è stato un modo per fuggire, per astrarsi da una situazione complessa, per riscoprire una dimensione di gioco quasi puerile che in qualche modo ci ha permesso di sentirci più vicini e connessi con le persone a cui teniamo».

Come avete gestito la collaborazione con il montatore, il compositore e il colorist su quella che era la vostra idea per il film?

Federico: «L’intero processo di post è avvenuto da remoto. Eravamo tutti in città differenti fra Italia e Inghilterra. Abbiamo passato ore fra zoom e Skype per preparare il montaggio. Francesco Tasselli, il nostro editor, è a Roma ed insieme alla produzione italiana siamo riusciti a coordinarci in modo più che soddisfacente grazie ai suggerimenti e alle intuizioni di Francesco siamo arrivati al risultato finale in scioltezza, seppur con poco tempo a disposizione.

Daniele de Virgilio è un collaboratore di lunga data per me. Vive e lavora a Milano ma è della mia città natale e conosce perfettamente la tipologia di immaginario che stavo cercando di restituire al film. Per noi è stato più semplice amalgamarlo ai Visual e alla storia e lasciargli carta bianca sul sound design e la musica.

Coffee and TV ha svolto un lavoro ineccepibile con il grading. Io e Sofia abbiamo filmato con camere e lenti diverse ed eravamo inizialmente preoccupati per il matching. C&TV sono riusciti a ricreare la pasta perfetta per il footage ed interpretarne l’estetica cinematografica, imperfetta e genuina, proprio come ce l’eravamo immaginata».

Credete che il lockdown vi abbia ispirato a pensare a nuove storie da raccontare e a modi unici ed innovativi per farlo?

Federico: «La realizzazione di Imparare dal Vento è stata unica nel suo genere. Lo sviluppo e il processo di realizzazione del progetto sono stati molto spontanei: abbiamo utilizzato ciò che avevamo. Ci sono alcuni lavori, come il nostro, che si realizzano con un team, ma questa volta eravamo scoperti. A livello tecnico non è stata proprio una passeggiata ma speriamo che il film possa arrivare oggi ma anche un domani. Ci auguriamo vi piaccia».

Sofia: «Il lockdown ci ha sicuramente dato l’opportunità di rallentare e avere più tempo per sviluppare meglio idee e storie. Penso che sia stato il momento perfetto per concentrarci sulla stesura di un progetto come Imparare dal Vento che – dato quello che rappresentava – doveva per forza essere realizzato in tempi brevi. Il blocco ci ha limitato molto in quelle che erano le possibilità di realizzazione, ma ci ha anche dato l’opportunità di pensare davvero a quanto siamo fortunati a fare il lavoro che facciamo e soppesare la potenza della narrazione, soprattutto in un momento come questo. Il periodo di quarantena ci ha sicuramente segnato insegnandoci ad adattarci a nuovi modelli di vita e di lavoro. Nonostante questo periodo difficile ci abbia dato la possibilità di realizzare questo film, ora non vediamo l’ora di tornare sul set e di essere più creativi che mai!»

mercoledì 17 Giugno 2020

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