Riproponiamo oggi un racconto già pubblicato, nel 2017, sulle nostre pagine a firma di Vincenzo D’Avanzo per i nostri “racconti della domenica”.
Mbà Pppein di ritorno dal santuario dove aveva accompagnato la statua della Madonna per la villeggiatura (egli diceva che la Madonna si era scelta il periodo migliore perché all’inizio di settembre l’aria è più mite) fece una piccola deviazione abbasc a Camagg lungo il fiume profumato di Andria per andare a fare un po’ di fichi d’india. Abitando lui dietro la chiesa delle Croci sapeva che ogni anno i parenti di ritorno dal santuario si sarebbero fermati per salutare la moglie che stava poco bene, in realtà lo facevano di più perché sapevano di trovare un po’ di fichi d’india già puliti e freschi che con un buon caffè potevano essere una colazione diversa. Oltretutto essi andavano mangiati a digiuno. Siccome però non era facile pulirli egli faceva trovare sempre un po’ d’uva baresana in modo che qualcuno avrebbe preferito l’uva ai fichi d’india essendo tutti convinti della incompatibilità dei due frutti. In realtà Mbà Pppein sapeva che non erano i frutti ad essere incompatibili ma la quantità. Questo gli consentiva di fare lo spaccone ingerendo uva e fichi d’india insieme con un bel sorso d’acqua fredda. Lo faceva ogni anno e i parenti ridevano sempre.
Il lunedi successivo Mbà Pppein doveva andare a raccogliere le mandorle e approfittava della circostanza per chiedere ai parenti se volevano andare ad aiutarlo, soprattutto le donne e i bambini, perché il lavoro più pesante era il loro. Infatti gli uomini dovevano stendere r racn sotto l’albero e ognidiun p la verga saue batteva per far cadere le mandorle, le donne e i bambini d facc nderr dovevano raccogliere quelle che uscivano fuori dalle reti. Siccome si avvicinava san Riccardo e alle donne serviva la vesta nouve, diverse donne accettarono con i loro figli più grandicelli, soprattutto perché i terreni di Mbà Pppein erano vicini ad Andria e quindi la sera potevano tornare a casa. E poi erano tutti parenti il che rendeva allegra la compagnia e soprattutto ci si poteva aggiornare sui fatti degli altri. Infatti in campagna si faceva all’angrapoit pure con la lingua. Il problema era alzarsi presto la notte perché ci si muoveva con il traino e soprattutto il ritorno perché non volevano farsi vedere sul traino. Allora scialli e quant’altro erano utili per nascondere il viso.
La raccolta delle mandorle costituiva u proime defretteite dopo un anno di lavoro. Questo spiega perché la festa patronale si fa a settembre: con i soldi delle mandorle, oltre a qualche debituccio con la salumeria e quant’altro, uscivano la vesta nouv, r scarp, u mizz pizz e soprattutto r brascioul. Allora era importante racimolare quanti più soldi possibile, il padrone con il raccolto, le donne con il lavoro. Non a caso spesso il contratto era a paniere: più panieri di mandorle riempivi e più guadagnavi, il che costringeva i furbi anche a riempirlo da saup a r racn. Se non venivano scoperti.
Per i più giovani queste circostanze erano utili per conoscersi e magari stringere matrimoni. Questo accadeva soprattutto nella seconda fase del raccolto quando davanti alla casa bisognava pulire le mandorle della buccia, poi essiccarle , schiacciarle e selezionare i frutti (a segghie). Erano i momenti di maggiore promiscuità, di scherzi più o meno ingenui, di racconti allusivi. Se qualcuno aveva messo occhio su una ragazza cercava di andare a sedersi vicino e con lo strofinio della gambe cominciava il dialogo che assumeva consistenza se il giorno dopo occupavano gli stessi posti. Questo spiega perché prima molti matrimoni si verificavano tra consanguinei, soprattutto tra cugini. Questo accadeva sia perché più facile era la frequentazione (si ballava spesso in casa) sia perché erano operazioni utili a rimpinguare i patrimoni.
Quell’anno Antonio, figlio di Mbà Pppein, mise occhio proprio sulla cugina, una bella ragazza di vent’anni (Carmelina) di qualche mese più piccola di lui. Per la verità erano cugini di secondo grado e la mamma della ragazza, approfittò della circostanza per portare la figlia a seggh r frott alla casa della cugina. Abitavano gli uni alle spalle degli altri tra via Croci e S. M. dei Miracoli. E lì tutti si accorsero che tra i due c’era qualcosa di tenero. La mamma di Carmelina aveva fatto centro favorendo la vicinanza tra i due. Ovviamente i padri dei due ragazzi erano ignari di tutto (sempre gli ultimi a saperlo) e anche quando si facevano battute, ammiccamenti, ecc. essi non se ne accorgevano perché pensavano solo a u defretteite.
Anche la mamma di Antonio era favorevole alla combine perché in quei giorni aveva avuto modo di apprezzare la generosità della ragazza in quanto si offriva spesso per spazzare a terra, rassettare la casa, lavare i panni (era stata allizinoit bunn dalla mamma). Anzi proprio il lavare i panni offriva l’occasione per agevolare l’incontro. Infatti bisognava andare alla fontana a prendere l’acqua. Prontamente si offriva Carmelina e tempestivamente la possibile suocera interveniva: Antò accmpagne la mnenn, nan la fè scioie assaul. E Antonio, che faceva sempre storie per andare a prendere l’acqua, ora si offriva persino di portare la quartoire.
D’accordo le due mamme ora sorgeva il problema di informare i due padri, che, tornando sempre sdrneit (stanchi) dalla campagna non avevano tempo per queste cose. Tutte e due le mamme decisero di approfittare della imminente festa patronale con una genialata: mangiamo insieme la domenica da una famiglia, il lunedi dall’altra. Carmelina ovviamente si offrì anche di andare ad aiutare la mamma di Antonio. Tutto bene, a pranzo Carmelina e Antonio non si siedono vicino: lasciano un posto libero che la mamma di lui si precipita ad occupare. Dopo la preghiera inizia il pranzo ed ecco la mamma di Antonio: doue staich darass dau fuggh, strngitv ca ioie m’assoit da ddè. E il gioco era fatto. E ora c’è il problema della passeggiata. Peppi, u mninn voul sciuie a u cineme. E il povero Peppino si assume la croce di passare la serata al cinema, E meno male che il probabile consuocero gli va incontro dichiarandosi disponibile a sacrificarsi insieme. Ecco al cinema Nuovo nu bel film polva polvr.
Le due mamme con Antonio e Carmelina escono per la passeggiata a vdaie la pccioit. Passando davanti al Ragno d’oro Antonio fa la creanza: n vloim assoit (ci vogliamo sedere)? Se, Se disse la mamma di Carmelina, nu bell mizz pizz ng voul. E si sedettero con calma.
Intanto il film era finito e il bambino prese il capriccio delle giostre. Tira e molla si avviarono verso u staccoit. Ma vicino al Ragno d’oro si accorsero che seduta stava il resto della famiglia. I due cominciarono a insospettirsi, in modo particolare il padre di Carmelina cominciò a temere il peggio. Per dimostrare la sua buona fede il padre di Antonio suggerì di non farsi vedere per scoprire cosa succedeva. Zittirono il piccolo con un pezzo di torrone e si mantennero lontani tenendo d’occhio la combriccola. Ecco che i quattro si alzano e proseguono nella passeggiata: le due cugine avanti e i due fidanzati dietro con Antonio che teneva stretta Carmelina con il braccio sulla spalla.
Il padre di Carmela cominciò a dare segni di impazienza: voleva aggredire la combricola, ma il padre di Antonio impose la calma: la frstaruie naun. E si ripromisero che ne avrebbero parlato l’indomani a pranzo.
Ma il pranzo non si terrà mai. Appena giunto a casa il padre di Carmelina non seppe resistere e aggredì verbalmente le due donne: questo matrimonio non si può fare, disse urlando. Crrobb hanna doic l crstioin, in famiggh nan ià possible. In effetti era preoccupato non tanto della diceria della gente (hamma scioie saup alla vocc du paiois) quanto per la paura di possibili malattie ereditarie tra consanguinei. La mattina dopo manda la moglie dalla cugina per manifestare la sua contrarietà e comunicare che a pranzo non sarebbero andati.
Mbà Pppein capì che la moglie ci aveva messo del suo: si fatt nu bel pruise (il monsignore) disse acido. La moglie preferì il silenzio, sperando che passato il momento critico si sarebbe potuto riprendere il discorso.
Passò un mese e poi due e anche tre ma il padre di Carmelina era irremovibile. Le due cugine erano sempre del parere che quel matrimonio era possibile. Crrò sond chess malatoie ereditarie. Doue l’unic eredità so r pripitoite, ripetevano in coro. Ecco Natale: le due famiglie non si incontrano per gli auguri, anche se le due cugine e i figli continuano a vedersi.
La mamma di Antonio: ammacchiè la rett p addrzzall a chiss, riferito ai mariti.
La mamma di Carmelina: n’idei la teng: hamma fè nu bel ciambott
– Nu ciambott? Marittm nan su mange
– Sta fess, crrò si capoit. Naun u ciambott ca s mang.
– Ah! E cià r doic a l uagniun?
– Pcchè r’amma doic? Chidd u facn a lour a lour.
– L ptoim fè inguntrè saup all’ascr, disse la mamma di Antonio.
– Né, la proima volt figghm la va fè aggarboit.
Le due donne di misero d’accordo. Quando i mariti andavano a stè four (spesso) e capitava il periodo fertile di Carmelina, la mamma di Antonio avrebbe mandato il figlio alla casa della cugina con una scusa, la cugina se ne sarebbe uscita lasciando la figlia sola in casa. Altro non serviva. U ciambott riuscì a meraviglia.
Passati tre di mesi, quando cominciò a vedersi la panzaredd, la mamma di Carolina affronta Mbà Pppein comunicandogli a muso duro che la figlia era incinta e che il colpevole era sicuramente Antonio. Tornato a casa Mbà Pppein chiede spiegazioni alla moglie e al figlio. La moglie fa la scenata urlando al tradimento del figlio, il figlio ammette il misfatto: a Carmilein voggh bein. I p r bein tiue rsulv u problem? Gli rispose il padre.
Calmatasi (?) la moglie chiese a tutti di ragionare e di trovare il modo di risolvere la questione. Il padre, ingenuo, invocò l’intervento d la mammoir. Ma tutti respinsero l’idea: ci colp tein u mninn u la mnenn. Peppi mitt ind alla coip ca è meggh ca s sposn. Mbà Pppein a quel punto ebbe un lampo, si accasciò sulla sedia esclamando: ci puttoin (chiedo scusa ma la parola è originale) so r fimmn quann s mettn na caus ncoip. E si incaricò lui di parlarne con il padre di Carmelina.
A citt i citt cominciarono a preparare tutto l’occorrente: il corredo, le carte al comune, ecc. Ora servivano le carte della chiesa: chi lo doveva dire al parroco? Per fortuna era uno solo abitando tutti e due saup a r Criuc. Ecco una domenica le due mamme a messa insieme e dopo la messa andarono ad accendere una candela davanti alla Madonna del Rosario. Quando una donna accende una candela o è per chiedere o è per ringraziare. Convinto di questo, il parroco, don Riccardo, che le conosceva benissimo (conosceva tutta la parrocchia perché a Pasqua passava in tutte le case per la benedizione e quando c’erano le votazioni poteva dare il risultato prima del voto), si avvicina chiedendo se fosse successo qualcosa. Le due donne raccontarono il fatto condannando i due ragazzi: se cumà sond l uagniun. Canosc l uagniun, rispose don Riccardo, i piur r mamm.
Alla fine don Riccardo diede la disponibilità a unirli in matrimonio, ma alle cinque del mattino. La pancia si vede, non possiamo dare scandalo. Ma s pout mett la vesta bianca, disse la mamma di Carolina. S mttess cherr ca voul, rispose burbero il prete, a u Signour interess cherr ca ste da ind i naun cherr ca s vait da four.
Dopo qualche giorno don Riccardo suona alla porta di casa del suo chierichetto preferito: Vincè crè matoin alli cing a da mnoie a serv la mess. Poi sottovoce aggiunse che si trattava di un matrimonio. Vincenzo sapeva che c’era da guadagnare qualche lira e accettò di buon grado. E la mattina dopo, sfrclann sfrclan d’occhr, andò a servire la messa e quel giorno ebbe di regalo dagli sposi 50 lire. Testimoni di nozze il sagrestano e la moglie. Il sagrestano era “vangilist”. Ma a don Riccardo non interessava: hana mangè piur lour. Dopo qualche mese una bella bambina fece l’ingresso in chiesa per il battesimo. Come la chiamiamo? Chiese il parroco. Maria Addolorata risposero le mamme. Mi fa piacere, disse il parroco, avete scelto il nome della Madonna di questa parrocchia. No, replicarono le donne, so l nium nust: Adduluroit i Marei, dissero indicandosi a vicenda. Mbà Pppein si rivolse al padre di Carmelina dicendo: chess sond doue stregh, avevn prparoit nu bel srvizie a niue i diue.
Quann attocch a niue cumà s’avà chiamè Pppein i Ciacind. Don Riccardo, che si era fermato per seguire il colloquio sottovoce dei due padri disse: proim l’amma fè u mninn poue pnzoim a u naum. A questa frase si svegliò Antonio: ehi, z prevt, crrò cindr tiue? E scoppiarono tutti a ridere. Don Riccardo, consapevole della gaffe innocente, disse: vi chiamo o no tutti figlioli io? E ripresero il rito del battesimo. Alla fine i due nonni della bimba invitarono il sacerdote alla cena in casa: facciamo oggi la festa che non facemmo il giorno del matrimonio. Volentieri disse quel prete abituato a vivere tra le sue pecore.