Cultura

La vita in un angolo di biblioteca

Vincenzo D'Avanzo
Quante volte da allora mi è capitato di pensare a Michele intento ad assaporare con coraggio gli ultimi giorni della sua vita sapendo che era prossimo al traguardo
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Ci sono storie che rimbalzano agli onori della cronaca e qualche volta anche della Storia; ci sono altre, non meno significative, che scivolano dalla Storia per rimanere nel privato, ma anche il loro mattoncino è stato fondamentale nella costruzione dell’edificio sociale.

Michele aveva cominciato a masticare la politica probabilmente da quando portava i calzoncini corti: la sua famiglia ha avuto un ruolo nella rinascita della città di Andria dopo la seconda guerra mondiale: il padre Antonio era stato tra i primi attivisti della dc, poi assessore e segretario del partito; lo zio Riccardo è stato per anni l’assessore all’assistenza per antonomasia.

Nei primi anni settanta, quando il padre divenne segretario della dc, Michele, con tanti altri giovani, si scrisse al movimento giovanile che il vostro narratore aveva organizzato all’inizio del suo impegno politico. Fu un’avventura straordinaria: un gruppo di giovani si staccò dal movimento studenti di don Superbo per mettere a frutto quegli insegnamenti nella politica attiva. La novità fu che a salire le scale del partito in piazza Catuma furono anche le ragazze, per cui tutte le sere la sezione si riempiva per le diverse iniziative, tanto che il buon Antonio decise di fittare una casetta su via Orsini per distaccare il movimento giovanile. Tale era l’affiatamento e l’entusiasmo che oltre all’impegno per la politica sbocciarono diversi amori. Anche Michele trovò il suo amore, quella Grazia (di nome e di fatto) che in tanti gli invidiarono. Insieme parteciparono a molte iniziative di formazione ma anche di attività pubblica fino alla straordinaria campagna al referendum sul divorzio nel 1974: Andria fu una delle poche città in Italia dove il si alla abrogazione della legge vinse, forse proprio perché a scendere per le strade furono tante coppie di giovani fidanzati che andavano casa per casa a raccomandare perché si votasse per la saldezza del loro matrimonio imminente. Infatti molti di loro si sposeranno subito dopo il referendum a cominciare da me e non mi risulta che ci siano state separazioni o divorzi.

Poi il solito serpentello dell’invidia inserito apposta dall’esterno portò alla decadenza di quel movimento, che oltretutto dovette prendere atto che quei giovani erano diventati uomini e quindi dovevano badare al lavoro e alla famiglia. Con Michele e la moglie i rapporti si allentarono: ci si incontrava per strada, un saluto, una chiacchiera e via.

Passano gli anni. Un giorno il vostro narratore si reca presso la biblioteca comunale allora in via Napoli. Essendo stato consigliere comunale per lui si aprivano tutti i corridoi avendo ottenuto la libertà di girare tra gli scaffali alla ricerca del libro che gli serviva. Di ritorno nella sala di lettura trovo Michele seduto a una tavolo a leggere. Mi vado a sedere di fronte contento di rivederlo e, parlando dei ricordi, gli chiesi perché non lo chiedesse in prestito il libro, come facevo io, e leggerselo in tutta calma a casa. Michele alza la testa dal libro e con gli occhi che allora mi accorsi essere velati di tristezza ma con il solito sorriso sulle labbra mi disse: e se poi non lo posso riportare? Io non capii e lo guardai in silenzio e lui approfittò di quel silenzio per dirmi che le sue speranze di vita erano ridotte al lumicino. Il male che lo aveva colpito lo stava divorando velocemente. Io mi trovai impreparato alla notizia e reagii con qualche banale parola di circostanza: stai così bene, sei giovane, vedrai che ce la fai…… ma mentre dicevo queste banalità mi ritrovai a pensare come potesse sentirsi un uomo sapendo di averla a fianco quella entità armata di falce che la mia filosofia mi aveva insegnato non esistere: una vita cessa e nulla la sostituisce oltre il rifugio eterno al quale noi cristiani affidiamo le speranze di sopravvivenza. No, in quel momento essa aveva le sembianze degli occhi tristi di Michele, che intanto aveva cominciato a raccontare le sue peripezie. Io mi misi in ascolto meravigliandomi sempre di più che egli stesse in una sala di lettura nonostante il male che lo divorava. La cultura per vincere la paura. Più andava avanti più mi sentivo coinvolto nella sua vicenda umana: avevo nutrito un grande affetto nei confronti del padre, tanto che lo volli testimone alle mie nozze (anche Michele e Grazia sono nella foto di gruppo), ora cominciavo a sentirmi coinvolto nella triste vicenda di due dei suoi figli. Michele parlava e io con la mente inseguivo la sua vicenda umana quando sento una sciabolata addosso: l’unico vantaggio nel saperlo è che ti prepari. Volevo alzarmi e abbracciarlo, ma non sono fatto per i gesti plateali e gli sussurrai: Michele, tutti lo sappiamo ma arriviamo sempre impreparati. E Michele: è vero, ma tutti pensiamo che sia ancora presto, tutti preghiamo che Dio ci dia una proroga, ecco perché pensiamo al presente e non al futuro, ecco perché litighiamo e non ci vogliamo bene. Eppure, ripresi, ogni giorno dichiariamo di lavorare per il futuro. E lui secco: ma a quale futuro pensiamo? A quello che non esiste: se solo pensassimo che il nostro futuro vero è nell’aldilà. Michele il saggio, io il confuso. Ebbi la sensazione in quel momento che qualche sacerdote lo stesse assistendo. Sapevo della Fede che animava l’intera famiglia ma che avesse permeato fino in fondo la personalità di Michele non potevo immaginarlo. Mi accorsi allora che le sue parole riempivano l’anima. La sua serenità si contrapponeva alle mie paure. Sebbene nessuno sappia chi sia o cosa sia, dove abiti se esiste veramente la falciatrice di vite. A volte ci troviamo a parlare con lei pregandola di aspettare perché abbiamo altre cose da fare, qualcuno con cui scusarci, fare pace con il Padreterno. A dimostrazione che essa ci accompagna sin dalla culla. Tutti sappiamo che essa è la paladina della verità: di fronte a lei non ci sono sotterfugi, bugie: quando arriva ci spoglia nudi e di noi rimane l’essenza, quell’anima con il guazzabuglio di umanità che si presenterà davanti al Giudice supremo, che peraltro già ci conosce da cima a fondo. Mentre pensavo a tutto questo sento Michele dire: per fortuna la morte non può aggredire l’anima, per questo la dobbiamo curare di più. Lo guardai stupito, non mi aspettavo una considerazione simile in una chiacchierata cominciata per caso.

Visto che eravamo in una biblioteca non mi fu difficile ricordare Diogene alla ricerca dell’uomo. Egli si era reso conto che in effetti noi moriamo ogni istante quando viviamo: vivere è crescere, ma per crescere devi dimenticare quello che eri, diventi un uomo diverso da quello che eri. Anche l’accumulo che noi facciamo per apparire superiori agli altri è tempo sprecato. E con Michele convenni che quello che ci portiamo dietro sono i ricordi della nostra vita: sia per la parte che lasciamo sulla terra: il rimpianto che non ci fa morire presso coloro che abbiamo amato, sia per la parte che ci portiamo in cielo, che è poi la sostanza che non muterà più. Il momento difficile è quando tutto sembra ingarbugliarsi e tu non riesci a trovare una spiegazione logica e provi il brivido di sentirla a fianco: a vedere Michele sereno ebbi la sensazione che egli avesse trovato il punto di appoggio in Colui che è la vita.

Quante volte da allora mi è capitato di pensare a Michele intento ad assaporare con coraggio gli ultimi giorni della sua vita sapendo che era prossimo al traguardo: probabilmente egli avrà risposto al ghigno della morte con il sorriso della vita: “ho combattuto una buona battaglia, sono arrivato fino al termine della mia corsa, ho conservato la fede” (san Paolo).

Quel giorno un incontro casuale si è trasformato in una lezione magistrale. Grazie ancora, Michele.

domenica 1 Novembre 2020

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Francesco Nicolamarino
Francesco Nicolamarino
3 anni fa

Grazie anche a nome della mia famiglia professor D'AVANZO per il dolcissimo ricordo di mio fratello. I tuoi racconti domenicali che narrano come anche con vite semplici si sia potuto contribuire alla crescita di questa città, sono da esempio per una valorizzazione delle sue radici e del suo immenso patrimonio immateriale.

Anna Virgilio
Anna Virgilio
3 anni fa

Profonda riflessione. Molto apprezzata.

Francesco Di C.
Francesco Di C.
3 anni fa

Un uomo sempre sorridente, mite, ma determinato nel sostenere la famiglia, impegnato nel lavoro. Un sorriso divenuto più malinconico ma che non si è mai spento nonostante il suo male, nonostante la perdita del fratello per lo stesso male. Per me un ricordo indelebile da ragazzo, un esempio da adulto.