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Giulio Bellifemine: un padre generoso

Vincenzo D'Avanzo
Egli amava Andria e metteva a disposizione tutta la sua intelligenza e professionalità, con il cuore oltre il suo compito di direttore della ragioneria ma sempre nel rispetto dei ruoli
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Concludiamo il mese di novembre con un personaggio sconosciuto ai più ma che ha contribuito in modo particolare al progresso di Andria. Ci sono degli uomini che per la loro professionalità, la loro generosità, il loro impegno fanno le fortune degli enti pubblici. Intendo rendere omaggio a un collaboratore leale di tanti pubblici amministratori: il direttore della ragioneria Giulio Bellifemine, un uomo che per decenni ha governato le finanze del comune come un buon padre di famiglia, senza mai travalicare il suo ruolo e talmente modesto che ora mi è stato difficile reperire qualche fotografia.

Io mi sono giovato della sua collaborazione fin dal 1972 quando entrai in consiglio comunale. La mia voglia di imparare mi portava spesso a incontrarlo: era lì sempre disponibile: pur essendo io alla opposizione mai mi ha negato un documento o un suggerimento per i miei interventi in consiglio comunale. Tuttavia lo conobbi veramente il giorno dopo il mio giuramento come sindaco quando dovetti firmare il passaggio di consegne. Per la verità era tradizione farlo lo stesso giorno del giuramento. Ma io volli farlo con calma perché volevo capire quello che andavo a firmare. Infatti, con sorpresa di tutti, quelle operazioni che normalmente non duravano più di 5 minuti, quel giorno durarono più di due ore. Io avevo lasciato la carica di assessore al bilancio alla provincia dove avevo imparato come funzionavano i numeri, tanto che chiesi a Bellifemine di portare il terminale del computer nella mia stanza in modo che alla occorrenza potessi vedere la disponibilità finanziaria reale. Imbarazzo del direttore della tesoreria che conosceva Bellifemine da anni. Dopo qualche secondo arriva la risposta di Giulio: non si può fare. Perché non si può fare? Perché ci vuole un filo molto lungo, disse guardandomi fisso negli occhi. Capii che non era il momento. Erano i primi computer e io alla Provincia ne avevo già dotato quasi tutti gli uffici.

Andati via tutti, il direttore di ragioneria torna nella mia stanza: Sindaco, vuole me o il computer? Dal che capii che era un problema fiduciario. Va bene, prendo te, però a patto che mi dici sempre tutto. E lui mi allungò la mano. Da quel momento diventammo Giulio e Vincenzo. Da quel giorno per me fu come un padre e vi assicuro che egli lo fu per tutta la città. I provvedimenti non sostavano nella sua stanza più  di 24 ore. Se c’era un problema mi chiamava nel suo ufficio e prima mi spiegava quello che non andava poi mi dava la soluzione. Era un uomo all’antica voleva che sapessi (senza pubblicità) quanto il suo contributo fosse prezioso, in cambio avevo la certezza della tranquillità. La velocità nella definizione delle pratiche era la garanzia che non ci fosse spazio per pastrocchi. Nessun imprenditore ebbe a lamentare ritardi nei pagamenti e tutti i creditori venivano soddisfatti tempestivamente.

Quando arrivarono i soldi delle scuole del decreto Falcucci (12 edifici in un colpo solo) provai con mano la solitudine: tutti a porre domande e nessuno che ti aiutava a dare risposte. Persino il segretario generale alzò le mani mettendosi in aspettativa. Mi rifugiai nella stanza di Giulio: ho paura, gli dissi. Lui si alzò, mi raggiunse alle spalle e scompigliandomi i pochi capelli rimasti rispose: stai tranquillo, hai scelto la soluzione migliore (appalto in concessione), ce la faremo. Mi impressionò l’ultima frase: ce la faremo. Lui aveva sposato la causa e io mi rasserenai. Per questo gli capitò anche di fare miracoli. Successe quando ci accorgemmo che i soldi non bastavano per gli espropri dei suoli. Ci rimettemmo a leggere il decreto Falcucci e proprio lui scoprì che gli espropri non rientravano nei 150 milioni (di lire) fissati per ogni aula. Per essere sicuri scrivemmo al ministero chiedendo spiegazione e il Ministro fece una circolare a tutti i comuni confermando la interpretazione di Giulio. Noi poi attenti alle lire utilizzammo il ribasso d’asta, per cui fummo tra i pochi (se non l’unico) comuni in Italia che su quelle scuole non aggiunse una sola lira. Altri enti quasi raddoppiarono la spesa.

Un altro prodigio Giulio fece quando in consiglio comunale approvammo il piano dei pluviali: 15 miliardi divisi in tre lotti. Bisognava ora ottenere i soldi dalla Cassa depositi e prestiti. Io dissi a Giulio di mandare subito le carte a Caserta sede della Cassa. Giulio rispose: dopodomani ti vengo a prendere e ci andiamo di persona. Aveva fissato già l’appuntamento. Lo aspettavo con la macchina del Comune, invece egli venne con la sua. Da allora anch’io non userò più la macchina del comune. Prima di partire passammo dal caseificio del Sacro Cuore. Erano già pronti dei pacchi di diversa grandezza: aveva pensato a tutti dal direttore fino all’usciere. Pagò di tasca sua e partimmo. Perché, gli chiesi ancora. Un sorriso rende le persone più disponibili: mozzarelle e burrata per tutti. Mi trattava come un figlio a cui insegnare i fondamentali della vita. Arrivati a Caserta Giulio chiama un usciere e lo incarica della distribuzione. Quando gli chiesi perché anche agli uscieri mi rispose che erano quelli che facevano camminare le carte. Parliamo con il direttore, entrambi ci accaloriamo lui spiegando l’affidabilità finanziaria del comune, io spiegando il disagio sociale per la carenza di bisogni primari, ottenendo in una unica soluzione tutta la provvista finanziaria. Uscendo incontriamo nell’anticamera il sindaco di Bari De Lucia che era lì per un finanziamento di 5 miliardi per la sistemazione del sottopasso del cimitero che si allagava sempre. Giulio, temendo che io potessi parlare, saluta e mi allontana andando subito verso la macchina. Seppi dopo a Bari che De Lucia si era ritirato a mani vuote. Spesso mi chiedo se sarebbe stato più fortunato se avesse portato un po' di focaccia barese.

Un giorno un imprenditore fece sapere che un certo appalto toccava a lui. Il sindaco gli rispose che lo augurava ma doveva vincere una gara regolare. Il tono non era quello normale. Allora il sindaco chiese a Giulio come dovesse comportarsi. Giulio rispose: se hai deciso di fare una gara vera vai per la tua strada, anche se ti avverto che pagherai un prezzo salato. Chiesi allora all’assessore ai lavori pubblici di preparare una delibera di delega all’acquedotto pugliese (che aveva fatto i progetti) per l’espletamento della gara.  L’assessore preparò immediatamente la delibera ma prima che arrivasse in consiglio riuscirono a sostituirmi. La gara la fece il comune e andò come doveva andare. Qualcuno allora si girò dall’altra parte. Vuolsi così colà dove si puote e si vuole e più non dimandare.

Quando vidi apparire le nuvole sulla mia amministrazione mi rifugiai di nuovo da Giulio raccontando le mie pene. Insieme tentammo una operazione estrema: facciamo un programma di opere pubbliche immediatamente fattibili e lo porto all’attenzione dei partiti, vediamo come reagiscono, dissi speranzoso. Giulio dall’alto della sua esperienza disse: a te non posso dire no, però ti avverto che il piano non lo gestirai tu. Io insistetti ma ebbe ragione lui: egli reperì tutte le risorse finanziarie disponibili. Presentato il programma la sentenza fu eseguita per decapitazione. Resta per entrambi la soddisfazione di aver messo in moto opere pubbliche per 300 miliardi. A Giulio il merito di aver offerto il suo cuore alla città reperendo finanziamenti per realizzare tutta quella mole di opere che fece parlare l’associazione degli architetti e ingegneri poco prima che io lasciassi la carica “di mutato clima sociale e netta ripresa della economia in una fase come quella attuale caratterizzata da fermenti di volontà di crescita economica e culturale di gran parte della nostra società” (09.02.88).

Quando andai a salutarlo dopo le dimissioni egli mi trattenne a lungo e poi disse: se ti avessi dato  il computer cosa avresti combinato? Aveva avuto ragione lui. E la sua gestione di padre di famiglia fece sì che di tutta la confusione creata nel 1993 un elemento resta alla storia: il comune non aveva subito una sola lira di danno di fronte alla mole di opere realizzate. E questo va a merito dei funzionari e dei politici di quella stagione. Il danno se mai il comune lo ebbe dai moralisti costretti a pagare miliardi di inutili parcelle legali. E Giulio ne era consapevole, infatti fu proprio lui a parlare di “vendetta” in quel di Trani.

Il rapporto di collaborazione avuto con me presumo che egli l’abbia avuto con tutti gli altri amministratori che si sono susseguiti alla guida della città. Egli amava Andria e metteva a disposizione tutta la sua intelligenza e professionalità, con il cuore oltre il suo compito di direttore della ragioneria ma sempre nel rispetto dei ruoli. Le soluzioni ai problemi per Giulio erano atti di carità verso gli andriesi. Per questo è giusto ricordarlo.

Ps. A volte i politici sono tentati di far credere che sia tutto merito loro quello che funziona, ma un generale senza la truppa preparata ed entusiasmata non vince le guerre. Peccato che alla storia passino solo i generali.

domenica 28 Novembre 2021

(modifica il 11 Aprile 2022, 9:36)

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Enzo
Enzo
2 anni fa

magari ci fossero ancora quei uomini di una volta adesso sanno solo parlare la conclusione quale é.!!!!!!!