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XIII giornata nazionale del malato oncologico: a Roma anche il Calcit di Andria

La Redazione
Occasione di confronto sulle nuove sfide che la legislazione nazionale ha introdotto nel panorama del volontariato e sulla necessità di fare squadra fra le tante associazioni per lavorare meglio e con obiettivi concreti
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C’era anche il Calcit di Andria a Roma in occasione della XIII giornata nazionale del malato oncologico organizzata dal F.A.V.O. (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia). Dal 17 al 20 maggio, nel complesso dell’Angelicum, sede della Pontificia Università San Tommaso D’Aquino, nei pressi di via Nazionale, tante associazioni di tutta Italia si sono date appuntamento per discutere di ciò che significa oggi prestare servizio volontario a supporto dei malati oncologici.

Dalle nuove sfide che la legislazione nazionale ha introdotto nel panorama del volontariato alla necessità di fare squadra fra le tante associazioni per lavorare meglio e con obiettivi concreti, le assemblee sono state un’occasione di confronto e di consapevolezza. Perché il contesto delle associazioni è ancora troppo disaggregato quando oggi serve compattezza e perché nell’arretratezza delle strutture il Sud presenta gli stessi problemi dal Lazio in giù. Ma se Atene piange, Sparta non ride: al nord, in condivisione con il resto d’Italia, si sente la mancanza di medici. Servono più oncologi, più ematologi, più medici esperti di cure palliative. “La nostra proposta di istituire una borsa di studio” commenta il dott. Nicola Mariano, presidente del Calcit di Andria “è stata presentata a tutte le associazioni e in tanti ci hanno fatto i complimenti e ci hanno chiesto di tenerli aggiornati. Il Calcit, qui ad Andria, ha una storia lunga di sostegno alla formazione specialistica. Anche in passato i soci del Calcit hanno supportato il percorso di studi di medici e infermieri, un motivo in più per proseguire su questa strada”.

Dagli incontri sono emersi tre spunti di riflessione: deve migliorare il confronto fra le ASL e le associazioni, perché le prime devono comprendere meglio l’offerta sanitaria sul territorio e le seconde non possono e non devono sostituirsi a medici e infermieri, bensì essergli di supporto; è necessaria la presenza di più palliativisti, anche con misure tampone, come può essere la formazione in tal senso dei medici di famiglia, che possono sopperire nel breve periodo alle lacune negli organici; va fatta una riflessione aperta sull’assistenza domiciliare, perché è quella la vera sfida che dimostra come oggi l’offerta sanitaria deve tenere conto di come sono mutate le esigenze dei pazienti.

mercoledì 23 Maggio 2018

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