Cultura

La quaresima, il fidanzamento ufficiale e le tradizioni di un tempo

La Redazione
... la felicità è nelle piccole cose
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Pioveva quella sera. Il temporale era annunciato dal mattino, ma di sera, al buio, i lampi e i tuoni fanno più impressione. La nonnina, che assisteva al temporale dietro la vetrina di ingresso ogni tanto la apriva e gettava fuori delle immaginette sacre invocando la Madonna e i santi perché facessero smettere di piovere. Le invocazioni erano in dialetto e fin qui nulla di strano. I problemi cominciavano quando attaccava con il latino: chi avesse avuto un minimo di cultura avrebbe detto che erano più bestemmie che preghiere. Il nipotino faceva la spola tra la nonna curioso di vedere cosa combinava e la mamma che era più all’interno quando un lampo accecava. Fu dopo l’ennesimo lampo e l’ennesima immaginetta buttata per strada che il bambino prese coraggio e chiese alla nonna se buttare sotto la pioggia le immaginette non otteneva una ulteriore arrabbiatura da parte dei santi raffigurati considerato che si bagnavano anche loro. La nonna esitò alquanto e poi rispose: proprio perché si bagnano anche loro devono pure essi darsi da fare per far finire il temporale. La dotta conversazione fu interrotta dalla mamma del bambino: crrò mangioim stasair?

La nonna non si fece trovare impreparata: vist ca foic fridd nu bell diavlicch serv a scaldè. La figlia, Trsein, ritenne buona la soluzione, anche perché il marito, mbà Tmois, sarebbe tornato infreddolito. Mise allora a cuocere il pomodoro poi dopo avrebbe aggiunto u diavlicch per i grandi e l’uovo per i piccoli. Si dette il caso che quella sera il marito, che era andato alla port lavarre a prmmett, considerato che era stato assunto per diversi giorni aveva pensato di comprare nu picch d salzizza mbumoit. La moglie non si perse d’animo e mise anche la salsiccia nel pomodoro: adacsè azzacch a vev. E così fu. Tuttavia la moglie si ricordò che la domenica successiva dovevano andare dalla sorella p romb la pgnoit e lei ci teneva ad andare. Il marito la rassicurò che il sabato sarebbe tornato perché aveiv prmmoise p trà scrnoit. E fu di parola. La moglie ci teneva a partecipare perché doveva informare tutti i familiari del fidanzamento ufficiale della figlia.

Mentre il marito era via la moglie volle andare a travasare il vino. Operazione che faceva il marito, ma questa volta volle farlo lei. Si sarebbe mostrata volenterosa con il marito ma in realtà l’obiettivo era quello di portare na damgianett alla sorella che non ne aveva. Fu fortunata perché una damigiana di 10 litri le sfuggì di mano e si ruppe. In realtà si ruppe che era vuota ma la circostanza copriva alla perfezione il furtarello. Il marito fu contento e la domenica pomeriggio prima assistettero alla cerimonia per togliere un pupazzo (dei sette) appesi per strada: era un modo per contare l’avvicinarsi della pasqua; poi andarono dalla sorella della moglie per la pignatta. La festa andò per il meglio, nonostante le botte da orbi. Un momento critico lo si ebbe a tavola quando mba ciccillo se ne uscì: chess mirr m poir a cancosc. Salvò la situazione suo fratello che con prontezza di spirito intervenne: grazie, è r mirr tiue, regghi annoit ioi, tiue m r dist. Il che era vero, ma in passato.

Scampato il pericolo, Trsein approfittò per chiedere il silenzio: sndoit, sabt proim d r palm la srouch avà mnoie a canosc Ninett. Scoppiò l’allegria generale e tutti chiedevano informazioni, i Trsein passava da nu rtidd all’olt a ripetere quante versure portava in dote e tutte le altre informazioni utili per capire se il matrimonio aveva buone prospettive o meno. Avvicinandosi la data capitò che la parrocchia celebrò proprio nei tre giorni prima delle palme  l‘esposizione del Santissimo per quaranta ore, celebrazione che si svolgeva in tutte le parrocchie durante la quaresima. Questa circostanza agevolò proprio la riuscita della serata. Infatti era tradizione che alla conclusione delle quarant’ore si mangiava “la laganedda dolce” (specie di lasagna al vin cotto). Per cui quella sera era risolto il problema di cosa offrire. La nonna diede fondo alla sua bravura per preparare due piatti per fare l’abbondanza. Così quella sera tutto filò liscio anche la parte più scabrosa che riguardava il corredo: le due famiglie si trovarono d’accordo su “panna iott”: felici i due fidanzati si abbandonarono a una carezza immediatamente stoppata da Tmois: r moin au post, disse perentorio. La mamma di lui non si fece cogliere impreparata: main so uagniun!

Incauto il fidanzato chiese se il giovedì successivo potevano uscire da soli per andare a fare i Sepolcri. Trsein, che era addetta alla salvaguardia dell’onore della figlia, glissò: nan zià meie, ciobb hanna doic. Stè Flumein (la sorella piccola) c’ava scioie a fè l sbblcr, vein nzimb. Il fidanzato non si perse d’animo e insistette: manan teng l cmbitt p  traie. Flumein ingenua intervenne: l teng l cmbitt.  A questo punto Trsein chiuse la faccenda. Alla fein passoit da doue ca la nonn foic acchiè u calzaun. E così avvenne con una variante che gli adulti non potevano sospettare. I fidanzati decisero di fare i sepolcri nelle chiese centrali perché erano più affollate. Infatti puntualmente in ogni chiesa la Flumein si perdeva consentendo ai fidanzati qualche innocente movimento delle mani. Più di quello nella folla non potevano fare. Ma bastava. La felicità è nelle piccole cose.  Ninett, finiti i confetti, disse al fidanzato: però mang na prghir m si fatt doich.

Il fidanzato si rese conto di aver sbagliato e promise di rimediare. Mentre mangiavano il calzone disse alla suocera se voleva andare insieme il giorno dopo alla Madonna dei miracoli per confessarsi. Trsein rispose che le sarebbe piaciuto ma era lontano per andare a piedi e tutto sembrò finire lì. Ma il fidanzato volle fare una sorpresa. Cercò un amico che aveva la sciarrett, l’indomani lo andò a trovare e lo pregò di accompagnarlo al santuario. L’amico si rese disponibile e a mezzogiorno  passarono dalla fidanzata e fece salire anche la madre e in quattro, un po’ strettini, andarono alla chiesa. Una volta entrati rimasero sbalorditi a vedere i lampadari coperti, i quadri nascosti da lenzuola, nemmeno un fiore. Crrò r plzoie d Pasqu stoit a fè piur viue. Il monaco (padre Giuseppe) spiegò: certo anche pulizie stiamo a fare, però la copertura dei quadri era in segno di lutto per la morte di Gesù. Trsein rimproverò il fidanzato: nan capisc, adaccsè  s foic quann mour colchi d’iun. Quann mroie zizei accmgghiamm finang la cfunir (l’armadio a specchi). Il fidanzato si scusò dicendo che nella famiglia sua non era morto nessuno e lui non la sapeva questa usanza. Usciti dalla chiesa risalirono saup a la sciarrett. E qui Trsein commise un errore: disse al futuro genero se poteva sedersi avanti vicino al guidatore perché dietro non si sentiva bene. Il fidanzato fu felice di fronte a questo regalo inaspettato. Quand Trsein sentì la figlia dire: moue namm cmbssoit, capì l’errore e fino alla casa le venne il torcicollo. Ma seppe glissare, a Pasqua era stato annunciato u cungirt bunn e lei non voleva rovinare l’attesa. I due si sposarono e non mancò la sorpresa: le versure non erano di proprietà, il padre dello sposo era solo mezzadro, cosa che non impediva una vita agiata. Allora bastava poco per essere felici.

domenica 26 Marzo 2017

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