Attualità

Omaggio ad Antonio Mariano: la cultura al servizio della politica

Vincenzo D'Avanzo
"Mi dispiace, l'elettorato va illuminato, non suggestionato o, peggio, soggiogato". E poi aggiunse: "i suffragi non si comprano, non si sollecitano, ma si meritano"
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Prima della seconda guerra mondiale la scuola era ancora nelle mani delle classi dirigenti che la forgiavano secondo le proprie esigenze. Essa serviva a preservare la continuità del potere. Ecco perché si privilegiavano gli studi classici: dovevano formare gli addetti al governo dello Stato o delle amministrazioni locali. Ragion per cui alla popolazione non interessava. Perché andare a scuola se devo andare a zappare? Basta un po’ di aritmetica per far di conto quando si va a fare la spesa, il resto è inutile.

Dopo la guerra lo scenario cambia. Avendo attribuito a tutti i cittadini il diritto di voto ecco formarsi due scuole di pensiero: chi voleva che la gente si istruisse per dare un voto consapevole e chi invece preferiva mantenerla nella ignoranza così sarebbe stata facilmente manipolabile. Ad Andria si formò una terza posizione che potremmo chiamare moderna. L’emigrazione, che per molti fu considerata una iattura, fu l’elemento fondante il progresso economico e sociale della città: le rimesse degli emigranti iniettarono quella moneta che fu decisiva per la edilizia e quindi la formazione di una categoria sociale nuova, l’artigianato, la piccola imprenditoria. Per le case dei migranti non serviva la grande impresa ma un muratore, un fabbro, un elettricista, un falegname e via dicendo. Si creava un lavoro alternativo all’agricoltura. Ma, se per zappare si poteva fare a meno della scuola, per emigrare o per fare l’artigiano un minimo di scolarizzazione era indispensabile, anche perché i libri sono come le ciliegie, se cominci a leggerne uno ti viene voglia di leggerne un altro. Agli emigranti serviva un minimo di scolarizzazione e qualche elemento di lingua per non andare proprio in balia delle onde. Data l’urgenza per gli emigranti si provvide con i corsi brevi sulla comunità braccianti, dove un manipolo di giovani docenti offrirono gratuitamente la loro prestazione. Per gli altri ci fu un fiorire di nuove istituzioni scolastiche aperte al progresso scientifico: corsi di formazione professionale, la scuola di avviamento, corsi-cantiere fino alla creazione dell’Istituto industriale.

Tutto questo fu possibile perché Andria ebbe all’epoca amministratori attenti e lungimiranti che contribuirono a creare una nuova classe dirigente non fatta solo di possidenti o intellettuali ma anche di braccianti e artigiani, di adulti e di giovani. Basti vedere la composizione dei consigli comunali per scorgere quanto attivi fossero i “rappresentanti del popolo” e quanto capaci di interpretare le esigenze della gente in mezzo alla quale vivevano. Se non li vivi i problemi non li puoi capire e tantomeno risolverli. E i giovani prima di aspirare a uno scranno in consiglio comunale dovevano passare attraverso varie selezioni e corsi di formazione perché il loro contributo non fosse limitato alla rivendicazione di posizioni personali.

Uno dei protagonisti di quella stagione fu Antonio Mariano, direttore didattico ma anche segretario della democrazia cristiana. La sua mitezza caratteriale era un accessorio della vasta cultura ma anche della passione per la scuola. Il suo servizio alla città si svolse in un periodo particolarmente tempestoso: pontificava nel palazzo vescovile mons. Luigi Pirelli, regnava a palazzo di città il sen. Jannuzzi. Due caratteri non precisamente docili e il povero direttore si trovò al centro di polemiche anche furibonde nella difficile situazione di dover obbedire al vescovo in quanto proveniente dalle fila dell’Azione cattolica e comitati civici e nel contempo non disobbedire al senatore in qualità di segretario politico della DC. Chi non ha avuto modo di conoscere i caratteri delle due eccellenze non può capire la sofferenza di trovarsi tra l’incudine e il martello. Eppure Mariano fece la sua parte con dignità riuscendo a dare respiro alla sua azione anche con intuizioni assolutamente moderne. “noi non crediamo al mito degli uomini insostituibili” in politica. Altro che la favola dei due mandati e a casa di grillina “memoria”. Nel 1962 andarono a casa giganti della politica andriese, che tuttavia non scomparvero dall’agone cittadino contribuendo al progresso sociale e culturale della città a cominciare dallo stesso sindaco Marano. Certo il rinnovamento se repentino e traumatico ha un prezzo (in quella occasione la dc perdette l’amministrazione comunale a favore del PCI del “bracciante” Natale Di Molfetta). Se invece il ricambio avviene ordinatamente e quelli che hanno fatto una esperienza si mettono al servizio dei nuovi dirigenti la città ne ha tutto da guadagnare, perché, diceva il direttore Mariano, il “potere logora”, contraddicendo in questo Andreotti che sosteneva che il potere logora chi non ce l’ha.

Giuseppe apparteneva a una famiglia di sani principi ed era stato educato al rispetto di tutti. Era abbastanza grandicello quando il padre agli inizi degli anni Sessanta decise di emigrare in Germania. Andò con una missione: racimolare un po’ di soldi per costruire una casa dignitosa per la famiglia che viveva in un paio di stanzette nel centro storico. La loro casa non fu coinvolta nel programma di abbattimento dell’Amministrazione Marano e quindi non poté aspirare a un villino. Ma in sette in quelle due stanze non era possibile vivere.

Frequentando però l’azione cattolica Giuseppe fu coinvolto dai comitati civici nella campagna elettorale amministrativa del 1958 e in quella occasione conobbe il direttore Mariano. Il direttore lo vide molto attivo e se lo coccolò con affetto: non era ancora maggiorenne ma aveva superato i diciotto anni e quindi aveva una buona conoscenza della vita e dei sacrifici necessari per sbarcare il lunario. Quando il padre decise di partire per la Germania, essendo il più grande, si vide cadere sulle sue spalle l’onere della famiglia. Assistendo dall’esterno alla travagliata vita dei gruppi dirigenti un giorno chiese al direttore Mariano che forse era meglio inserire un po’ di giovani nella dirigenza del partito. Mariano non lo scoraggiò ma gli diede un paio di indicazioni di grande attualità ancora oggi: “a- l’emblema del partito è simbolo di una idea di cui si è al servizio; b- per la politica servono uomini competenti, disinteressati, generosi, liberi da compromessi”. Giuseppe rimase turbato da quella risposta. Quando si riebbe lo incalzò: ma proprio i giovani possono interpretare alcune di quelle caratteristiche. E Mariano non si scompose: “no, ci devono essere tutte, altrimenti non vale”. Ma Giuseppe era testardo: ma noi giovani sappiamo convincere la gente a votare. “Mi dispiace, l’elettorato va illuminato, non suggestionato o, peggio, soggiogato”. E poi aggiunse: “i suffragi non si comprano, non si sollecitano, ma si meritano”.

La conversazione si concluse con un’ultima osservazione da parte del direttore: “gli elettori diventano sempre più scaltri e sanno come reagire quando non vedono di buon occhio quello che accade: si rifugiano nell’astensione. Sono portati a generalizzare. L’astensione è una forma di protesta. Il politico vero deve tenere conto non solo dei voti a favore, non deve mirare a recuperare i voti contrari ma deve suggerire i motivi per i quali l’astenuto possa tornare a votare”.

Giuseppe rimase sconvolto e ammirato. Capì che la politica, quella che vedeva praticata, non era per lui e che quella del direttore era difficile da perseguire. L’occasione buona fu il lavoro in campagna al quale fu costretto per aiutare la famiglia. Anche Antonio Mariano fu in qualche modo costretto ad abbandonare la politica. La sua intelligenza e la mitezza del suo cuore lo rendevano estraneo ad una politica che diventava sempre più complessa e interessata. Il suo servizio alla collettività si interruppe nella politica ma continuò nella scuola che era il suo ambiente naturale. A me è piaciuto ricordarlo sia per un giusto tributo ma anche perché il suo pensiero è di una attualità stringente.

Ps. Al direttore Mariano Andria ha dedicato una piazza e una scuola a dimostrazione del grande ruolo svolto come politico e maestro.

domenica 17 Novembre 2019

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