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Limitazioni orari pubblici esercizi, Montaruli: «Revoca ordinanza è atto dovuto per legge»

la redazione
Il presidente di Unibat: «Il Commissario straordinario avrebbe dovuto, già da tempo, provvedere alla revoca, essendo venuta meno qualunque esigenza che potesse giustificare la mancata applicazione della norma nazionale»
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Il Commissario Straordinario dispone la revoca dell’ordinanza sindacale con la quale veniva limitata la libertà di orario prevista dalla normativa nazionale per i pubblici esercizi. Sull’argomento è intervenuto il Presidente Unibat, Savino Montaruli: «stigmatizzo l’atteggiamento di Sindaci e facenti funzione che nel periodo emergenziale del Covid-19 hanno limitato, a volte addirittura illegittimamente, la legge vigente in materia di liberalizzazione di orari. Se si continua ad agire per convenzioni e per sentito dire allora si rischia davvero di esaltare il nulla. A proposito delle ordinanze che hanno limitato la libertà di esercizio delle attività economiche bisogna sapere che ad oggi vigono le disposizioni del cosiddetto “Decreto Salva Italia” con il quale vennero cancellate tutte le restrizioni in materia di libertà di esercizio, stabilendo che “le attività commerciali … e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni… (quali) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio”.

Nel corso degli anni, in seguito anche ad interpretazioni del tutto fuorvianti, nelle Sentenze a tal proposito i giudici hanno sancito ed affermato che, solo eccezionalmente il sindaco può approvare ordinanze contingenti che possono, per particolari esigenze da individuare nel provvedimento stesso, limitare l’autonomia degli imprenditori. Tali esigenze possono essere quelle di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Il potere del sindaco è limitato ai casi contingibili e urgenti.

In sintesi, come già la Corte Costituzionale ha detto che nessuna legge regionale può intervenire in materia di orari degli esercizi commerciali, trattandosi di materia che la nostra Costituzione riserva alla esclusiva competenza dello Stato.

Successivamente il cosiddetto “decreto Minniti” ha rimesso in mano ai sindaci la possibilità di firmare ordinanze – sia contingibili e urgenti che no – per limitare gli orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di alimenti e bevande per negozi, attività artigianali di gastronomia con connesso commercio di bevande, pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande. Non si tratta però di un potere generale; esso è infatti esercitabile solo per tutelare la sicurezza delle città e del decoro e della vivibilità urbana. Insomma, il sindaco si può muovere solo per preservare la tranquillità dei residenti in aree del territorio caratterizzate da notevole afflusso di persone, per esempio i centri storici di maggior richiamo, può disporre limitazioni agli orari di vendita e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche per un periodo massimo di 60 giorni. L’ordinanza del primo cittadino deve essere motivata, deve indicare specificamente le ragioni per cui essa viola la legge e la liberalizzazione avvenuta nel 2011 e deve essere, infine, precisamente determinata nel contenuto e nelle modalità.

In poche parole – ha concluso Montaruli – il Commissario Straordinario della città di Andria e tutti gli altri Sindaci Sceriffi che hanno mantenuto in essere ordinanze non più sostenibili né giustificabili avrebbero dovuto, già da tempo, provvedere alla loro revoca, essendo venuta meno qualunque esigenza che ne potesse giustificare la mancata applicazione della norma nazionale in materia di libertà di orari di esercizio. Quindi nessun ringraziamento ma solo ulteriori perdite di tempo rispetto a quanto avrebbe dovuto essere fatto prima, per legge».

lunedì 29 Giugno 2020

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