Attualità

Il riscatto dal disagio sociale

Vincenzo D’Avanzo
A volte mi perdo con la fantasia a immaginare come si sarebbe sviluppata Andria se a tutti i suoi figli, anche quelli di oggi, fosse stata offerta la opportunità di rimanere in città
scrivi un commento 13530

Con la perdita dell’innocenza da parte di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre nacque il problema più complicato per l’uomo: il potere. Per quanto fossero fratelli l’esercizio del potere si fece subito spietato: Caino non pensò due volte prima di uccidere il fratello. Il potere ha da sempre una doppia faccia: la retorica buonista nell’esercizio della parola, la durezza cinica nella sua applicazione. A volte sono i leader veri a coprirne le brutture con un progetto di civiltà, altrimenti resta lotta spietata per la sua occupazione.

Nel 1962 in Andria gareggiavano per il potere due partiti di grande caratura morale: la solidarietà con le lotte operaie del PCI e la carica cristiana della DC, che aveva la stessa solidarietà come precetto. Eppure i due partiti si combattevano senza esclusione di colpi sia tra di loro che anche al loro interno. Si usciva da due amministrazioni di grande capacità realizzatrice e caratura morale, guidate da personalità di prestigio come Jannuzzi e Marano: eppure la lotta intestina, che eliminò molti di quegli uomini, fece perdere le elezioni alla DC portando al potere il PCI nella sua versione più popolana. Ne risentì lo stesso lessico da entrambe le parti: c’era chi voleva condannare Jannuzzi a girare in mutande intorno a piazza catumae chi rispondeva con epiteti come: faccia di bronzo, ateo senza cervello, avanzo di galera, volgare falsificatore di notizie e di documenti e via elencando. Tutto su manifesti, con gravi ricadute sullo sviluppo della città. Si può immaginare quanto pesante fosse l’atmosfera in città, tanto che per superare lo stallo nel 1964 la sinistra si affidò al sen. De Corato e nel 1966 la DC a un forestiero, l’ottimo Peppino Colasanto. Il disagio sociale produsse incertezza e paura nella popolazione.

Antonio era un giovane studente universitario: proveniente da una famiglia povera, aveva sulle sue spalle il compito di riscattarla dalle disagiate condizioni economiche. Era il maggiore di due fratelli che il padre ebbe appena il tempo di baciare perché fu richiamato alle armi: il compito di educare i due figli rimase sulle spalle gracili della mamma che doveva badare anche a dar loro da mangiare, specie quando arrivò la notizia della morte del marito in guerra. Il vostro narratore volle che anche i morti della seconda guerra mondiale fossero iscritti sulla parete esterna del monumento ai caduti per tributare loro il dovuto onore, ma sarebbe stato giusto anche raccogliere le notizie sulla loro vicenda umana perché entrassero nella memoria collettiva degli andriesi. A Loro dobbiamo la nostra democrazia.

La mamma di Antonio, Maria, cominciò a lavorare facendo le pulizie e altri lavori domestici presso terzi. Per fortuna seppe farsi onore tanto che le sue referenze cominciarono a girare negli ambienti bene che se la contendevano. Per tenersela buona agevolavano i due figli negli studi tanto che il primo, proprio Antonio, si potè consentire l’esperienza universitaria. Ma proprio all’inizio degli anni sessanta fu costretto a interrompere gli studi: Andria non solo non consentiva prospettive occupazionali ma rendeva complicati sempre più i rapporti sociali, come abbiamo accennato. Di qui la decisione di partire per la Germania per mettere da parte un gruzzoletto e dare respiro alla mamma che cominciava a dimostrare gli acciacchi non tanto della età quanto delle fatiche sostenute. Cominciava ad ammalarsi spesso e la discontinuità in certi lavori è deleteria: coloro che se la contendevano prima ora non la chiamavano più. Un giorno sarà possibile scindere l’amicizia dagli interessi e coltivare le persone per quello che sono non per quello che di utile possono offrire?

Antonio affidò la mamma al fratello che intanto cercava di rendersi utile con piccoli lavoretti, soprattutto insegnando a leggere e scrivere a qualche adulto che ne aveva bisogno: gli uomini perc partivano per la Germania, le donne perché potessero leggere le loro lettere.

Antonio fu fortunato: grazie a un sacerdote tedesco, al quale fu indicato dalla comunità braccianti e che lo prese subito in simpatia, fu assunto in una fabbrica meccanica, dove si trovò bene in virtù della sua capacità di apprendimento tanto da vedersi affidato un posto tanto delicato quanto importante ai fini della produzione. Era stimato e guadagnava bene e cominciò a mandare i primi vaglia postali alla mamma. Ma dopo sei mesi il fratello gli scrive: la mamma sta male, vuole vederti. Antonio capisce subito che sta succedendo qualcosa di grave. Chiede al capo del personale il permesso di allontanarsi per qualche giorno. Il capoccia rispose a muso duro: “non se ne parla nemmeno: qui sei indispensabile, se te ne vai devo mettere un altro e quindi scegli: se vai a casa qui non torni”. Allora c’erano ancora in Germania i delusi del nazismo nel petto dei quali la natura aveva dimenticato di mettere il cuore. Il volto arrogante del potere.

Antonio prese tempo per riflettere. La sua era una scelta drammatica: aveva finalmente una sistemazione dignitosa e ben remunerata alla quale veniva chiesto di rinunziare e il bisogno intimo di andare a salutare la mamma, forse per l’ultima volta se faceva in tempo. Inutile pensare a dormire quella notte. Tenne sveglio anche il compagno di camera, anche lui meridionale, anche lui legato alla famiglia. La mamma aveva fatto l’impossibile in condizioni difficili per tirare su i due figli e dar loro anche un minimo di istruzione. L’alba non era ancora arrivata quando Antonio ruppe gli indugi: incaricò l’amico di riferire al capo del personale che per gli italiani l’amore vale ancora più del lavoro, andò alla stazione e salì sul primo treno che partiva per l’Italia.

Il capo del personale fu di parola: appresa la notizia della partenza provvide immediatamente a sostituirlo nel lavoro. A questo punto il compagno di stanza andò dal cappellano tedesco che li seguiva e raccontò l’accaduto. Quando Antonio arrivò in Andria fece in tempo ad abbracciare ancora viva la mamma, non si mosse dal suo capezzale per una intera giornata raccogliendo anche le sue ultime parole e il giorno dopo toccò a lui chiuderle gli occhi. Pianse quel giorno: era andato in Germania per far star bene la mamma nella vecchiaia e ora si trovava senza la mamma e di nuovo senza il lavoro. Tuttavia volle un funerale solenne per la mamma. Non era solo apparenza: era il tributo di riconoscenza verso colei che non solo gli aveva dato la vita ma aveva sacrificato la sua per quella dei figli. La solennità del funerale serviva anche a suscitare l’attenzione di tutto il quartiere: è morta una eroina senza medaglie ma che aveva trasformato la vita in un atto d’amore. Infatti quel giorno tutto il quartiere si riversò sulla strada che dalla casa portava alla chiesa e tutti a chiedere: ciàmurt? E ognuno aveva da raccontare un episodio della vita della signora Maria. Il funerale allora era un atto di civiltà non una banale pratica burocratica come spesso accade oggi. Anche il fatto che in quella circostanza tutti parlano bene del morto è un atto di giustizia nei confronti di una persona che in vita viene giudicata con criteri temporali ma da morto viene riconosciuto il bene compiuto, che è poi quello che resta. Ecco perché nel linguaggio comune il defunto diventa il “caro estinto”, la “buonanima”, il “compianto”. Espressioni che sembrano una “referenza” per Colui che è chiamato a giudicare. Nel caso di Maria questi termini erano oltremodo appropriati.

Anche alla comunità braccianti arrivò l’eco di quel funerale e della condizione amara nella quale ora si trovava Antonio. L’assistente sociale su incarico di don Zingaro si mise in contatto con il cappellano della fabbrica, il quale a sua volta aveva già chiesto un colloquio con il proprietario dello stabilimento. Dopo una settimana il colloquio fu possibile. Il sacerdote fu molto duro nel raccontare l’accaduto: il rispetto dell’uomo è dovere primario per un cristiano. Al narratore non risulta la fine che fece il capo del personale, Antonio non ebbe modo di rivederlo. Infatti qualche giorno dopo gli arrivò un telegramma con il quale gli si annunciava la possibilità di riprendere il lavoro, assicurando anche un contributo dell’azienda per le spese sostenute. Ma Antonio ancora una volta fu costretto a rinunziare: mio fratello è rimasto solo e io preferisco stare con lui nella difficoltà anziché “venire da solo in Germania”. Il proprietario della fabbrica chiama il cappellano e ora è lui a fare il duro: “che altro devo fare per farmi perdonare”?, chiese al sacerdote sconcertato. Assumere anche il fratello, rispose il cappellano sorridente, Antonio non vuole venire da solo. Se è come Antonio lo faccio volentieri. È figlio della stessa mamma, replicò il prete, il lavoro ce l’hanno nel sangue. E finalmente sorrise anche l’imprenditore tedesco. La Germania acquistò due grandi lavoratori, Andria perdette un mattoncino del suo edificio sociale. Antonio e il fratello tornarono qualche volta per le vacanze a salutare i familiari, ma poi si sposarono entrambi in Germania e di essi si sono perse le tracce.
A volte mi perdo con la fantasia a immaginare come si sarebbe sviluppata Andria se a tutti i suoi figli, anche quelli di oggi, fosse stata offerta la opportunità di rimanere in città.

domenica 25 Ottobre 2020

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Michele Galentino
Michele Galentino
3 anni fa

Caro Vincenzo,
ho trovato molto vero e toccante il tuo ultimo racconto su Antonio, emigrante, e famiglia.
L’amara conclusione la condivido ma mi impone di rivolgerti una domanda.
“Per la cultura e profondità di analisi politica che ti riconosco, non ti pare che anziché chiederti come si sarebbe sviluppata Andria se a tutti i suoi figli fosse stata offerta la opportunità di rimanere in città, dovresti domandarti e darci una risposta su come si sarebbe sviluppato il Sud, e con esso Andria, se una certa politica anziché sopperire favorendo e agevolando l’emigrazione, avesse indirizzato gli stessi sforzi nel far arrivare fondi per lo sviluppo del mezzogiorno depredato (dei fondi pubblici e perciò di tutti noi anche del Sud) dai vari Agnelli, De Benedetti e compagnia cantante?”.
Loro utilizzav

Michele Galentino
Michele Galentino
3 anni fa

Loro utilizzavano i fondi pubblici per costruire industrie e cattedrali laiche a proprio uso e consumo e il Sud, non avendo alternative, forniva prontamente loro la mano d’opera necessaria. Perché l’emigrazione non fu soltanto verso la Germania o il Belgio o gli USA ma fu anche dal Sud al Nord.
Il punto è che non è stata mai costruita una alternativa e…. questa situazione dura ancora oggi.
Andria (la sua classe dirigente?), poi, ha messo non poche ciliegine su questa torta avvelenata: basti ricordare quante aziende sono andate [emigrate diremmo] a realizzare i loro opifici nelle vicine Corato, Trani, Canosa ecc..
I nomi? Dai! Li conosci anche tu.
Solo per amor di verità.
Un caro saluto e vive cordialità.
Michele