Cultura

In ricordo di Ernesta Bittanti Battisti, una silenziosa eroina del nostro Risorgimento

Giuseppe Brescia
una rara foto dei coniugi battisti
Il Preside emerito, prof. Giuseppe Brescia ricorda una delle eroine sconosciute del nostro glorioso Risorgimento, moglie del Martire Cesare Battisti
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Ernesta Bittanti Battisti (Brescia 1871 – Trento 1957), consorte del patriota e martire Cesare Battisti, antifascista per prima e attivamente militante in favore di Israele, (cfr. “Israel-Antisrael. Diario 1938-1943”, Trento, Manfrini Calliano 1986), grande amica del molfettese e docente di Storia medioevale a Firenze Gaetano Salvemini e di Ferruccio Parri, all'impegno etico-politico affiancò sempre con tratto sobrio e delicato il vivo interesse per il mondo delle idee. In modo speciale, durante il soggiorno in Svizzera, là dove riparavano tanti esuli perseguitati per ragioni razziali, (cfr. il mio “Gianfranco Rossi e Giorgio Bassani nel nobile castello”, su “andrialive.it – La Provincia e l'Umanità” di venerdì 29 novembre 2012),  nel 1946 tenne una lezione sul sonetto All'Italia del secentista Vincenzo Filicaia, assieme a Stefano Jacini e Tommaso Gallarati Scotti, che trattarono invece, rispettivamente, le Canzoni all'Italia di Francesco Petrarca e Giacomo Leopardi.

“O servire o morir. Pensa ed eleggi”, insegnava il Filicaia. Croce, nei “Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento” ( Bari 1931 e 1949 ), da parte sua, aveva già ricordato, tra le tante “Donne letterate del Seicento”, oltre la giovane ebrea veneziana Sara Copia, Anna Capponi, moglie di Vincenzo da Filicaia; e con il saggio “Intorno a un giudizio del Macaulay su Vincenzo da Filicaia”, come il nostro fosse – cioè- “the greatest lyric poet of modern times”, il più grande poeta lirico dei tempi moderni, superiore di molto al Boileau.

Sin da ragazza, la Ernesta s'innamorò della “Primavera” del Botticelli. Dopo sessant'anni di culto spirituale, perfezionò in Firenze il saggio – parzialmente noto e sui intendo fermar l'attenzione – , che interpretava l'allegoria del capolavoro e manifesto dell'Umanesimo, come trascrizione del “ciclo delle stagioni”, dei mesi in particolare, da marzo, aprile, maggio e fino a giugno – le ore (Grazie) – in luglio fino ad agosto e settembre. E seguiva – “ingenua” e “colta” a un tempo (come scriveva al critico d'arte Roberto Salvini) – la sua originaria ispirazione carducciana. Ogni vera “interpretazione”, infatti, viene dal cuore, dalla iniziale fede che ancorava il pensiero e l'azione in una particolare angolatura prospettica che ci ha conquistato da giovani. E il Carducci aveva scritto, a proposito delle “Stanze per la giostra” del Poliziano, che tale poesia “testimonia il giovine e puro rinascimento, la dignità restituita alla materia, alla carne, alla forma, contro l'ascetismo macerante e l'idealismo estenuante del Medio Evo” (cfr. “Le Stanze, l'Orfeo e le Rime” di Angelo Ambrosini il Poliziano, illustrate da Giosuè Carducci, Barbera, Firenze 1863); e  “Ernesta Battisti Bittanti ( Brescia 1871 – Treno 1957). In memoria”.Scritti suoi ed a lei dedicati, Arti Grafiche Saturnia in Trento, 1962. Con la epigrafe di Ferruccio Parri: “Custode fiera fedele della memoria dell'eroe/ combattente animosa irriducibile / di tutte le battaglie”, pp. 287-303 ).

Poi la Battisti inseriva, sulla fonte ispiratrice carducciana l'asse ermeneutico Dante (con le figure di Lia e Matelda nel Paradiso terrestre), Poliziano e – quel che maggiormente ora interessa – il ciclo delle stagioni e dei Mesi nel salone ferrarese del Palazzo Schifanoia (oltre ai moderni critici Paolo D'Ancona e Adolfo Venturi). “E, per quanto in particolar modo riguarda le rappresentazioni del Rinascimento, – scriveva ne “L'arte” Adolfo Venturi nel 1917 – dopo aver ricordato come 'nell'interno dei palazzi del secolo XV si svolgono composizioni allusive alle stagioni e ai mesi dell'anno' (e cita la Sala della delizia estense detta di Schifanoia), rilevava in esse gli 'umanistici elementi, relativi al trionfo delle divinità che reggono il corso dei mesi'. Era ben questo il linguaggio umanistico con cui chiaramente il Botticelli ci si presentava e ci parlava nel suo melodioso dipinto”. In altri termini: quello che per altra via, calligrammatica ed estetica, dalla trascrizione ritmica del sonetto di Pico “Tremando, ardendo, el cor preso si trova”, avevo dimostrato a proposito della influenza e mediazione di Pico tra la visione di Schifanoia a Ferrara (dove i mesi “salvati” sono gli stessi) e la complessa orchestrazione neoplatonica di Botticelli (cui afferivano certo molte altre fonti), ebbene tutto ciò era accertato o almeno intuito nella passionata indagine della Ernesta Battisti. Cartina di tornasole era, per così dire, la revisione lirica e reinterpretazione musicale, danzante, delle tre Grazie (ancora classiche, o pompeiane, nel Salone dei Mesi a Schifanoia), volgentisi invece in rispondenze circolari e superne nel dipinto botticelliano (dove è inserito il ritratto di Pico, per “Voluptas”). (Cfr la prima edizione di “Ipotesi su Pico”, Andria 2001; Cesare Medail, “La Grazia del Botticelli ? E' Pico della Mirandola”, “Corriere della Sera – Cultura”, Lunedì 20 agosto 2001;” Sul vero ritratto di Pico”, Centro Studi Pico della Mirandola, 17 novembre 2001;  “Pico Botticelli e Schifanoia” nella nuova edizione ampliata delle “Ipotesi su Pico”, Giuseppe Laterza, Bari 2011, pp. 79-130 con vasta iconografia; la relazione di Grazia di Staso, “Pico Botticelli e Schifanoia” al Corso di Formazione Scuola Polo, presso il Liceo Ginnasio Statale “Carlo Troya” del 19 marzo 2012). 
 

venerdì 4 Gennaio 2013

(modifica il 3 Agosto 2022, 22:42)

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