Attualità

Asl Bat, il dott. Iovine: «Manca la volontà dei pazienti ad accettare i percorsi proposti»

Sabino Liso
Sabino Liso
«Nessuno è stato alla finestra a guardare, ma sono state profuse tante, tantissime energie, da parte di tutti gli operatori ASL ai vari livelli, anche spesso superando ciò che sarebbe il dovuto»
scrivi un commento 13530

Torniamo a parlare dei due soggetti affetti da disturbi psichici e di pluridipendenza che, nei giorni scorsi, si sono resi protagonisti di diversi episodi al limite della decenza. Ne parliamo nuovamente, perché, a seguito della replica della dott.ssa Ottavia Matera, dirigente del settore Politiche Sociali del Comune di Andria, anche il dott. Filippo Iovine del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl Bat, ha voluto precisare alcune questioni.

Per ragioni di privacy, il dott. Iovine non ci ha fornito nessun dato relativo ai due casi specifici, pertanto eviteremo di raccontarvi la cronistoria di quanto gli uffici del Centro di Salute Mentale hanno fatto fino ad oggi; tale nota è però necessaria al fine di puntualizzare quale sia la passi che normalmente viene adottata dai servizi Asl.

Nell’articolo a replica del nostro servizio giornalistico, Ottavia Matera sottolineava la problematica sanitaria e la necessita della presa in carico dei soggetti da parte della Asl in strutture a valenza prevalentemente sanitaria ed eventualmente compartecipate dal Comune resosi disponibile a coprire le relative rette, ove gli stessi soggetti avessero consentito ad un ricovero terapeutico in strutture adeguate.

Intanto il dott. Iovine tiene a precisare che non bisogna confondere le situazioni di disagio psichico con situazioni di politossicodipendenza, in cui la collaborazione tra i servizi territoriali c’è stata e c’è tuttora (in tali casi con il Ser.D.).

«Qualcuno dice che i servizi Asl debbano prendere in carico il caso. Nessuno dice che non lo abbiano già fatto, però! Molte volte la Asl mette in campo tutte le misure a sua disposizione, compresi i trattamenti Sanitari Obbligatori, ricoveri ospedalieri e inserimenti in strutture residenziali. Ma, come i Servizi del Comune di Andria, anche i servizi Asl non possono obbligare le persone a stare in strutture riabilitative contro il loro consenso».

La legge 180 riconosce il diritto a tutti noi di poter scegliere se accedere o meno a trattamenti sanitari in maniera volontaria. Forse è tutto qui l’inghippo: l’assoluta mancanza di volontà dei due cittadini ad accettare i percorsi proposti dagli uffici, comporta inevitabilmente il coinvolgimento della Magistratura (nella figura del Giudice Tutelare) che, nei casi specifici, sembra esser stata già allertata.

«È chiaro che nel momento in cui i servizi si trovano nell’impasse di aver provato tante volte tentativi di recupero, senza ottenere risultati apprezzabili, per via del rifiuto di accogliere le proposte terapeutiche – continua il dott. Iovine -, l’unica figura che può “superare” la mancanza di adesione dei pazienti a seguire uno specifico percorso (in mancanza di adeguate capacità di valutare cosa sia meglio per la propria salute) è colui che viene autorizzato dal Giudice Tutelare a decidere per loro. Spetta dunque ad una figura di garanzia come il Giudice Tutelare la nomina di una persona che faccia le scelte per conto del paziente (il cosiddetto “amministratore di sostegno” ndr)».

Il dott. Iovine ci spiega che, talvolta, benché allertata, l’autorità competente (come il Giudice Tutelare) deve avere la possibilità di verificare di persona i casi specifici e spesso capita che il soggetto da far sottoporre al giudice tutelare non sia facilmente rintracciabile, tant’è vero che il Giudice Tutelare, in questa eventuale circostanza potrebbe anche emettere un ordine di rintraccio, con chiaro allungamento dei tempi di esecuzione dei relativi provvedimenti se la persona non ha un chiaro riferimento di domicilio. A questo punto è compito del Giudice Tutelare di verificare il caso specifico e decidere se ci siano o meno gli estremi per la nomina dell’amministratore di sostegno. Solo con l’avvallo di quest’ultimo, può essere intrapresa una modalità alternativa che porti ad esempio alla scelta di uno specifico percorso di cura, anche senza la diretta volontà di adesione dell’utente.

«L’unica cosa che i Servizi Asl possono fare (in assenza di volontà di curarsi) – conclude il dott. Iovine – è sottoporre i pazienti a un TSO (trattamento sanitario obbligatorio): ricovero per 7 giorni ed eventualmente prorogabile per altri 7 giorni, dopodiché la persona è libera di fare quello che ritiene. Ma assicuro – conclude il dott. Iovine – che nonostante ciò, nessuno è stato alla finestra a guardare, ma sono state profuse tante, tantissime energie, da parte di tutti gli operatori ASL ai vari livelli, anche spesso superando ciò che sarebbe il dovuto».

Una storia come tante, imprigionata nei grovigli dei compiti eseguiti e nei passaggi di un “telefono senza fili” che evidenzia, ancora una volta, le storture di lungaggini burocratiche e le difficoltà di comunicazione tra uffici, a tutti i livelli. Una storia che, auspichiamo, possa trovare un lieto fine e che faccia prevalere la dignità della persona e la giustizia, non quella pretesa ma quella dovuta.

mercoledì 28 Giugno 2017

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti